La comunicazione nei musei ai tempi del covid. Il modello del Museo di Villa Giulia

by Michela Conoscitore

Appena potremo tornare alla normalità, vi consigliamo una visita al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, a Roma: facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici, la splendida struttura cinquecentesca, ideata da geni come Bartolomeo Ammannati, Giorgio Vasari e Michelangelo Buonarroti, oltre ad ospitare una delle piante di glicine più scenografiche della Capitale, accoglie la collezione più importante in Italia di reperti etruschi e di altre civiltà italiche, quindi una fetta consistente del nostro patrimonio culturale e identitario. Inoltre, il museo da poco ha riaccolto il suo direttore Valentino Nizzo, reintegrato dopo un periodo di stop in seguito ad alcune riforme, poi ridimensionate, dall’ex ministrodel MIBACT, Alberto Bonisoli.

bonculture ha intervistato il direttore Nizzo per parlare di strategie comunicative messe in atto in questo periodo critico per la cultura, di progetti per la riapertura, di come cambierà il turismo in Italia e per conoscere anche meglio gli antichi Etruschi:

Direttore Nizzo, la pandemia causata dal Covid-19 ha portato alla momentanea chiusura di musei e altri luoghi culturali in Italia. Tutti gli enti hanno provato a organizzare iniziative per mantenere vivo il legame con i visitatori, ma credo che la ‘strategia’ attuata da lei e dal suo museo si è rivelata come quella più efficace. Pensando anche al ruolo dei social nella promozione museale, perché ha scelto i video come trait d’union col pubblico di Villa Giulia?

La mia carica ha subito uno stop di sei mesi, in seguito alla riforma Bonisoli, e sono rientrato in servizio il 25 febbraio: ho dovuto fronteggiare una quantità di problematiche enormi, e la comunicazione era tra le priorità, ma l’ho dovuta integrare con una situazione davvero difficile, non solo per l’emergenza. La strategia che stiamo mettendo in atto parte da lontano, perché ho sempre usato molto i video come strumento di avvicinamento. Li ritengo il canale che consente maggiormente di trasmettere contenuti un po’ più complessi, rispetto ad una semplice foto, un post o un tweet. Il risultato è quello che ho scoperto in questi giorni: siamo al terzo posto assoluto tra i musei statali autonomi più seguiti, prima di noi ci sono le Gallerie degli Uffizi e la Pinacoteca di Brera.

Come sono strutturate le sue dirette interattive su Facebook?

Ho attuato una comunicazione più ‘aggressiva’ e coinvolgente, con le dirette interattive su Facebook, che sono un rischio grosso se uno non è padrone della materia e del museo che rappresenta. Finora le ho condotte su argomenti specifici, come quella sul Sarcofago degli sposi, oppure altre dove erano gli utenti a ‘dirigermi’, dalla nostra pagina Facebook, ponendo domande ed esplorando determinati argomenti. Dopo la diretta su Facebook, questo materiale può essere fruito sul nostro canale YouTube (Etruschannel, ndr.), quindi è sempre disponibile. Ad aiutarmi in queste dirette c’è la responsabile di comunicazione del museo, la dottoressa Anna Tanzarella, che fa da moderatrice e mi segnala le domande che arrivano dai nostri follower. Utilissima la telecamera GoPro, che non tutti i musei possiedono, che mi supporta nel dare vita a video immersivi e a coinvolgere.

Dicevamo che la chiusura del museo, causata dalla pandemia, arriva dopo un periodo non propriamente semplice per Villa Giulia: l’ex ministro Bonisoli aveva tolto l’autonomia al museo e riorganizzato il target museale dell’istituzione da lei diretta, facendo terminare anche il suo incarico. Poi un ulteriore cambiamento l’ha reintegrata, dal 25 febbraio…

L’ex ministro Bonisoli aveva tolto Villa Giulia dall’elenco dei musei autonomi, poi però il 13 agosto scorso, anche per effetto di alcune relazioni che ho volontariamente inviato al ministro, ha ricostituito con un DM l’autonomia a Villa Giulia, e l’ha resa capofila di una rete dei musei etruschi italiani. Ciò non è mai divenuto effettivo a causa della caduta del governo, e l’attuale ministro Franceschini ha congelato la proposta. La mia revoca, partita il 22 agosto, ha portato alla permanenza del museo sotto la Soprintendenza di Roma. Questi sei mesi, fino al mio ritorno, hanno fatto venire meno progetti importanti come alcune mostre internazionali, che col Covid-19 sarebbero saltati ugualmente. Far ripartire la macchina non è semplice, non solo per il Covid, ma per tutto quello che è accaduto prima. Forse questo stop ha aiutato Villa Giulia a far leva sulla comunicazione che è un nostro punto forte, e destando grande attenzione.

Qual è il futuro che attende il museo, al momento della riapertura post pandemia?

Quando riapriremo avremo i problemi di tutti. Voglio essere ottimista: in questa situazione, i musei minori hanno più chance di quelli maggiori perché per definizione creano meno assembramenti, e quindi possono essere considerati mete più sicure. Questa pausa produrrà, ovviamente, un decremento degli introiti, sui quali i musei autonomi contano per investire sulla valorizzazione dei musei, che vuol dire mostre e comunicazione. Forse non sarà possibile, dovremo ridimensionare. Però c’erano delle attività importanti già finanziate, che appena usciremo dall’emergenza, dovrebbero ripartire. Tra queste, alcune riguardano il Sarcofago degli sposi e il progetto la Macchina del Tempio legato ad un finanziamento di Lazio Innova per il nostro tempio etrusco italico. La partita del futuro si giocherà soprattutto anche a Villa Poniatowski, altra sede del nostro polo museale: per problemi legati al personale che non è sufficiente, non siamo mai riusciti a riaprirla a pieno regime. Qui contiamo di organizzare mostre degne di questo nome, e con una terrazza da mille metri quadri potremmo pensare a tante attività. Fin quando, però, non ci sarà un vaccino, il grande pubblico purtroppo dovrà essere scongiurato. Certo lo slancio di cui i musei autonomi stanno godendo dal 2014 con l’autonomia, si interromperà. Spero che Franceschini riprenda la proposta di Bonisoli, sulla rete dei musei etruschi, perché per noi sarebbe una risorsa.

Nel caso questa rete fosse costituita, e il ruolo di coordinamento spettasse a Villa Giulia, a quali obiettivi bisognerebbe puntare secondo lei?

Da un lato avrebbe un obiettivo immateriale, ovvero dare maggiore risonanza a quella fase storica del nostro paese che precede la romanizzazione. Mi piace ricordare che Villa Giulia non è solamente il museo degli etruschi, ma anche di altre popolazioni italiche. Gran parte di quelle identità ci rendono tali oggi, i nostri accenti, le nostre tradizioni culinarie e folcloristiche hanno radici che precedono la romanizzazione, che è stata un’azione di livellamento incompiuta. Utilizzare la rete per trasmettere questo tipo di valori immateriale sarebbe importantissimo. Poi, si potrebbe puntare sul turismo lento, sulla scoperta del patrimonio diffuso, sulla redistribuzione del pubblico verso il territorio, e soprattutto andare a correggere uno degli aspetti forse un po’ più critici della riforma Franceschini, quello di aver separato il museo dal territorio di appartenenza: Villa Giulia era sede di una soprintendenza territoriale, quindi ripristinando quel legame tra musei significherebbe riavviare il dialogo con il territorio, che non coinvolgerebbe solo il Lazio settentrionale, ma tutte le antiche terre etrusche. Purché si diano strumenti e risorse umane per gestirla.

Cosa rappresenta l’autonomia per un museo come Villa Giulia?

L’autonomia ha rappresentato tantissimo, il suo aspetto più importante è la premialità che non discende dal ministero ma proviene dal riscontro che si percepisce, in termini di crescita del pubblico, di fidelizzazione e coinvolgimento del territorio, anche attraverso le associazioni del terzo settore. L’ho potuto sperimentare io stesso quando mi sono visto revocare l’incarico, e mai avrei immaginato di vedere 2500 firme raccolte in una petizione diretta al ministro che chiedeva il mio reintegro. La crescita di pubblico, che qualcuno interpreta come monetizzazione dei musei, è lo strumento che li fa vivere: una villa del Cinquecento ha bisogno di manutenzione, così come il verde del nostro giardino. Inoltre, l’autonomia ha contribuito a migliorare la comunicazione dei musei, ha reso carismatici i direttori, un aspetto che alcuni considerano con biasimo ma in realtà è importante che i cittadini identifichino una faccia come responsabile o meritevole di chi sta gestendo un bene d’interesse nazionale. E ha facilitato il contatto col pubblico, in questi giorni sto ricevendo tante lettere di visitatori in quarantena, anche stranieri, che stanno continuando a seguirci.

La cultura, e quindi i musei, aiuteranno l’Italia a rinascere?

Innanzitutto, dovremo puntare esclusivamente su un turismo nazionale. Con la fine della quarantena, non potremo tornare agli standard precedenti, però spero che la cultura possa svolgere un ruolo importante nel far ripartire il paese. Le domeniche gratuite sono state una risposta intelligente alla crisi economica del 2008, e forse un domani una strategia potrebbe essere quella di prevedere una gratuità più estesa per riavviare il consumo culturale. La bigliettazione è uno strumento che premia, perché la maggior parte degli introiti rimangono al museo, e può essere sensato consentire una fruizione più democratica della cultura. Chiaramente a questo dovrà corrispondere un investimento dello Stato. Le faccio un esempio: tolti i principali musei che fanno milioni di visitatori, e introducono il grosso degli introiti del nostro ministero, tutti gli altri producono una misura economica minima di per sé stessi, ma è l’indotto ad essere significativo. Cominciare a dare la gratuità a quella fetta di introito è molto più forte economicamente di quanto può essere invece mantenerlo. Quindi, sul piano economico c’è materia su cui lavorare per il ministro della Cultura.

Rispetto alle grandi realtà museali, come le Gallerie degli Uffizi di Firenze, quali sono le dinamiche che animano una realtà più piccola, e forse meno conosciuta, come Villa Giulia?

Sicuramente è più facile essere vicini alle persone, e quindi le realtà museali più piccole favoriscono il contatto umano, anche se ragioniamo sempre in termini di migliaia di persone. È chiaro che se i media riservassero a noi la stessa attenzione che riservano a questi importantissimi e fondamentali ‘blockbuster’, le cose potrebbero cambiare e consentire una fruizione più ampia e consapevole del patrimonio. Mentre i grandi musei generano comunque attenzioni non sempre positive, perché la visita può non avere i requisiti di qualità, quella reale, perché si è costretti a farla con tante altre persone, musei come il nostro consentono una fruizione del patrimonio più umana, con quei tempi e con quei modi che veicolano meglio un messaggio culturale quale quello dei musei. Dato che sono un sostenitore del ‘diletto’ nei musei, a Villa Giulia si può entrare anche solo per sedersi su una panchina e contemplare i nostri splendidi giardini. Questo con l’abbonamento, che ho introdotto nel 2017 per primo in Italia, è stato reso possibile.

Gli etruschi, al pari forse degli Egizi, sono una delle civiltà dell’Occidente antico che affascinano di più per la loro storia. Direttore, ma erano davvero così misteriosi?

Semplicemente, gli Etruschi sono poco noti e approfonditi. Come le dicevo prima, la civiltà etrusca e quelle italiche sono profondamente radicate nella percezione di chi siamo, anche se non ne abbiamo consapevolezza. L’attuale divisione in regioni e province corrisponde ad una logica che precede quella dei romani. Questo è uno dei motivi per cui è importante conoscere gli etruschi, cercando di sfatare i falsi misteri che ruotano intorno ad essi. Ho dedicato un ciclo di conferenze, Gli Etruschi senza mistero, che si dedica allo smontare i dubbi sulle loro origini che è solo una domanda sbagliata, alla quale non è difficile rispondere, e anche alle problematiche legate alla loro lingua, che sono sì complesse ma non come di solito le si pongono. Ad affascinare, del mondo etrusco, è anche la loro arte che continua ad essere apprezzata: l’arte classica ha avuto dei grandi momenti di riscoperta nel Rinascimento e col Neoclassicismo, invece quella etrusca, dal momento della sua riscoperta nel Rinascimento, non ha mai cessato di attrarre. La loro arte reinterpreta quella della Grecia antica con una estemporaneità e vivacità rarissime, da molti è stata considerata una risposta anticlassica, ma l’arte etrusca è anche paesaggio, che fortunatamente si è conservato fino ad oggi nelle fisionomie dell’Italia contemporanea, e ha attirato letterati come D.H. Lawrence che ha dedicato ai paesi etruschi il suo ultimo romanzo. In questi anni, a Villa Giulia, ho invitato artisti contemporanei a rivitalizzare le nostre opere, oppure offrendo bellissime opportunità di approfondimento come la mostra EtruSchifano con le opere ispirate al mondo etrusco del maestro italiano della Pop Art, Mario Schifano, che ha un passato ‘etrusco’ poiché ha lavorato per dieci anni a Villa Giulia.

Altorilievo_Pyrgi
Lamine di Pyrgi
Loggiato_Ammannati
Sarcofago degli Sposi Particolare delle figure
Piatto di Capena
facciata_internaVillaGiulia

Photo-credits: Mauro Benedetti. ETRU, Archivio fotografico

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