Si chiama “ Il Cardinale in piedi” la prestigiosa ed imponente opera di Giacomo Manzu’ a Gioia del Colle presso il chiostro della Residenza Municipale.
L’operazione artistica, frutto di una preziosa collaborazione intervenuta tra l’Assessorato alla Cultura del Comune di Gioia del Colle e l’ingegner Stefano Zorzi, proprietario della scultura, si è concretizzata nella mattinata del giorno 4 novembre tramite la collocazione della grande opera all’interno chiostro del Comune di Gioia del Colle.
“Il
cardinale in piedi”, realizzato nel 1965 dal grande scultore
Giacomo Manzu’, affascinato dalla frequentazione con gli alti
prelati vicini al Papa nel corso delle sue visite a Roma negli anni
‘50/60, è stata concessa in comodato d’uso gratuito per alcuni
mesi in favore del Comune gioiese, grazie alla elargizione da parte
del suo proprietario, un noto imprenditore milanese nel settore
vitivinicolo.
La stessa potrà essere ammirata gratuitamente in
tutto il suo splendore nelle ore di apertura del municipio della
città.
“Sono grato alle Cantine Zorzi per il gesto di grande generosità posto in essere nei confronti della città, e nel contempo invito i miei concittadini a recarsi presso il chiostro del nostro municipio, sempre nel rigoroso rispetto delle norme di sicurezza di cui la pandemia in corso ci impone l’osservanza. Il piacere sarà quello di ammirare la monumentale scultura che il nostro paese ha l’onore di ospitare, come segno bene augurante di una rinascita artistica e culturale”, ha rilevato l’assessore alla Cultura Lucio Romano, consapevole insieme al sindaco Giovanni Mastrangelo e all’intera Amministrazione di accogliere in città un’opera di grande rilievo artistico, che impreziosisce la Casa Comunale.
Sul
monumento di raffinata fattura ed enorme pregio culturale, così
scrive l’ingegner Zorzi.
“La scultura “Cardinale in
piedi” attualmente in mostra nel Municipio di Gioia del Colle
rappresenta la sintesi ieratica del ciclo dei grandi Cardinali di
Giacomo Manzù. Oramai totalmente iconica nei lineamenti del viso,
essa non è piu rappresentativa di alcun personaggio, come invece era
in molte delle raffigurazioni precedenti di questo ciclo. Questa
scultura ha sempre destato in me l’immagine di una chiesa che trae
dall’altezza imponente della figura la sua solennità, ma è una
solennità che si rivela puramente iconica e sostanzialmente
distante, quasi l’espressione di una vetta alta ed inaccessibile ai
più, come la punta della mitra dove lo sguardo punta dal basso della
reale condizione umana. Espressivamente dunque pressochè assente,
essa risolve la sua sintesi in un atto di chiusura totale con quella
bellissima mano centrale, che da sola rivela più di qualsiasi altro
dettaglio un richiudersi in sé stessa, a protezione del dogma della
fede ma anche a sugello di un potere temporale forte come la tensione
del pugno che formano le sue dita. È proprio quel gesto a
trasformare tutta la veste in una liscia corazza, resa ancor più
inattaccabile proprio dall’atto del sigillo a chiusura del
drappeggio. Quanto alla mia vicinanza con l’opera di Manzù ed al suo
collezionarla, essa deriva anche da una famigliarità consolidata con
la sua opera e dal suo aver ritratto, in bronzo, il viso di mia
madre. Manzù ritrasse mia madre a Salisburgo, dov’era, come oggi
diremmo, “Visitor Professor” alla Cattedra di Scultura su
chiamata di Oskar Kokoschka, testimone di nozze dei miei genitori e
già lì docente di pittura. Mio padre, appassionato di scultura,
desiderava anche per la mamma un ritratto e colse l’occasione di
quell’intercessione per chiederlo a Manzù, all’epoca ritrattista
nientemeno che di Papa Giovanni XXIII Ovvio che questi, pur essendo
già mio padre suo entusiasta collezionista, non ne fosse
particolarmente interessato, e le cronache raccontano che
tergiversasse alquanto.. Ma un giorno arrivò a casa una lettera più
o meno di questo tenore: “Caro Poldi, qui piove sempre, ma in
che razza di posto mi hai mandato? Venite a Salisburgo a trovarmi,
che visto il tempo di certo non mancherà l’occasione per fare il
ritratto a tua moglie”. E così fu”.