Le mystére Picasso, in mostra a Palazzo Merulana

by Michela Conoscitore

A Palazzo Merulana si snoda un percorso fotografico dedicato ad uno dei più grandi artisti del Novecento: Pablo Picasso. La mostra è una collezione di ritratti i cui autori sono anch’essi grandi artisti del loro campo, i fotografi André Villers ed Edward Quinn. Il primo, francese della Borgogna, più che un fotografo è un pittore prestato alla tecnologia dei fotogrammi. Mentre, Quinn, irlandese di Dublino, dopo un passato da radionavigatore durante la Seconda guerra mondiale, si reinventa fotografo, trasferendosi in Costa Azzurra, paparazzando tutte le personalità glamour che capitavano a tiro della sua macchina fotografica.

L’esposizione Picasso e la fotografia. Gli anni della maturità, visitabile fino al 26 agosto, fornisce un ritratto inedito dell’artista: seppure il pittore spagnolo sia stato tra i protagonisti più fotografati di tutti i tempi, questa mostra, grazie a Villers e Quinn esplora la parte più intima della personalità del fondatore del cubismo. Quindi, si può curiosare nella quotidianità dell’artista, godere dei suoi momenti ironici, osservarlo nella concentrazione della creazione. Questi scatti privilegiati che si possono definire davvero dei documenti preziosi, sono il frutto dell’amicizia e del rapporto di confidenza che legava Picasso ai due fotografi.

La vita di Picasso, per suo stesso volere, è stata tutto tranne che tranquilla o equilibrata. Il pittore lasciò Malaga, dove era nato il 25 ottobre del 1881, molto presto per trasferirsi a Parigi, allora il fulcro della vita artistica europea. Erano gli anni della Belle Epoque, e lì Picasso si diede alla vita da bohemienne, cercando di imporsi come artista ma, soprattutto, provando a distinguersi, ad uscire fuori dal coro trovando un suo stile, una sua ‘firma’ personale. Ci riuscì anni dopo, con il quadro Les demoiselles d’Avignon ma, la strada che l’avrebbe portato alla consacrazione sarebbe stata ancora lunga.

Picasso non è un uomo, è una malattia”, affermò la fotografa Dora Maar, per anni compagna del pittore spagnolo. Quando la loro storia terminò, la Maar dovette fronteggiare un gravissimo esaurimento nervoso, dovuto proprio all’allontanamento da Picasso. Doveva essere questo l’effetto che esercitava su tutti quelli che incrociavano il suo cammino: carismatico, pungente, difficile da dimenticare, la sua personalità pesò anche sui figli che lo venerarono, a volte soffrendo.

Quel che emerge dalle foto di Villers e Quinn è proprio la peculiare individualità dell’artista, i due fotografi riescono a metterlo a nudo, come solo i grandi sanno fare, rendendolo più comprensibile per il volgo. O meglio, più umano. Perché, effettivamente, Picasso diede di sé l’idea di un inarrivabile genio solitario, per quanto fosse pieno di amici e ammiratori. Quando un uomo si rende protagonista di uno sconvolgimento, di regole e canoni, e lui lo fece con l’arte del Novecento, inevitabilmente è ritenuto un fuoriclasse, quasi una divinità.

L’irlandese Quinn fotografa l’artista nei momenti di relax, come la fotografia a Vallauris del 1954 che ritrae l’artista in abiti da casa, piacevolmente spiegazzati in cui Picasso si sente completamente a suo agio. Oppure in occasioni conviviali, in famiglia, o durante le sue amate corride: tenero lo scatto del 1955, che vede l’artista ad una corrida organizzata in suo onore, circondato dai figli Paloma, Maya e Claude che appoggiano le mani sul capo dell’artista, ipnotizzati da quel che sta avvenendo nell’arena.

Invece, le foto del francese Andrè Villers si possono definire più concettuali, studiate: ci sono vari accorgimenti su luci e pose del soggetto ritratto, ma non per questo risultano meno immediate o spontanee. Dalle foto di Villers, infatti, emerge soprattutto l’artista, mentre da quelle di Quinn, l’uomo nella sua semplicità. Per quanto ‘semplice’ possa essere definito Picasso.

La foto di Villers, simbolo della mostra, ritrae Picasso durante le riprese de Le mystére Picasso, documentario di Henri-Georges Clouzot del 1956, a cui partecipò lo stesso artista. La bravura del fotografo francese, nel tirare fuori il segreto creativo dell’artista di Malaga, sta nel focalizzare l’attenzione, in un bilanciamento perfetto di chiaroscuri, sugli occhi penetranti di Picasso. “Dipingere non è un’operazione estetica: è una forma di magia intesa a compiere un’opera di mediazione fra questo mondo estraneo ed ostile e noi”, questa sua affermazione spiega tutto di lui, almeno, tutto quel che serve sapere, e potrebbe funzionare benissimo come didascalia alla foto di Villers sopracitata.

Quando morì nel 1973, a novant’anni, le sue ultime parole furono, “Bevete alla mia salute”: la vita per lui è stata, in fondo, una grande festa mobile, volendo derubare Ernest Hemingway dei suoi trascorsi parigini, ma appunto questa definizione si addice anche alla vita di Pablo Picasso, genio inquieto, scisso tra normalità (Quinn) ed estro (Villers).

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