“Monte Verità. Back to Nature”, una mostra sui primi hippies tra veganesimo ed ecologismo ante litteram

by Michela Conoscitore

Quella che inauguriamo è una mostra utile per i giovani, per le loro fondamenta culturali e le loro lotte”: parola di Sergio Risaliti, direttore del museo Novecento di Firenze alla conferenza stampa di presentazione del nuovo percorso espositivo Monte Verità. Back to Nature, visitabile fino al 10 aprile 2022. Curato dalla giornalista e storica dell’arte Chiara Gatti, dallo stesso Risaliti e da Nicoletta Mongini, presidente della fondazione Monte Verità, l’esposizione racconta, per la prima volta in Italia, l’avventura di un gruppo di giovani nei primi anni del Novecento, che scelsero di tornare alla natura e rigettare il mondo a loro contemporaneo.

In quegli anni era in atto una de-spiritualizzazione della società”, ha spiegato Risaliti alla stampa, “gli uomini e le donne che si rifugiarono ad Ascona avevano percepito che qualcosa di irreversibile stava per succedere, qualcosa che avrebbe sconvolto la storia. Così decisero di sottrarsi ad una società sempre più consumistica e materialista, scegliendo una vita diversa”.

Il percorso espositivo che, come descritto da Chiara Gatti è composto da suggestioni visive associate a piccole narrazioni della vita a Monte Verità, racconta quel che fu la comunità che precorse il movimento hippie negli anni Settanta, ovviamente in una declinazione differente e più vicina al tempo in cui si svolse. Infatti, l’esperienza di Monte Verità si incastona in un lasso di tempo in cui il Positivismo, ormai esasperato, condannava le persone a ritmi inautentici e ad allontanarsi sempre più dallo stato di natura, quella natura che iniziò ad essere sempre più sfruttata e maltrattata dalla società industrializzata. Sulla scia della Lebensreform tedesca (riforma della vita), in una stretta connessione tra spiritualismo, veganesimo ed ecologismo ante litteram i boschi incontaminati che circondano Ascona, nel canton Ticino, divennero luogo eletto dapprima da idealisti e anarchici, in seguito artisti ed intellettuali.

La comunità si formò grazie a sei giovani, provenienti dal nord Europa, tra cui la pianista Ida Hofmann che col marito Henri Oedenkoven fondarono sul monte Monescia, ribattezzato Verità, questa comunità vegetabiliana dal forte spirito cooperativistico, in cui vigeva la parità dei sessi. Chi si univa al gruppo, era perché decideva di curarsi dagli smodati tempi moderni attraverso la medicina naturale, i bagni di sole, e un’alimentazione severamente vegana: carne vietata, non era permesso il consumo di bevande eccitanti come il caffè o il tè, nemmeno alcol e tabacco. Gli ospiti di Monte Verità si alimentavano solo con vegetali, frutta e semi, addirittura la fondatrice Ida Hofmann aveva pensato di vietare anche l’acqua, secondo lei ricettacolo di batteri e quindi elemento impuro da introdurre in un corpo che mirava, invece, alla purificazione. Il tutto condito dalla danza, arte che assunse colorazioni liberatorie poiché gli abitanti di Monte Verità la elessero come tramite per esprimere il proprio vero Io, liberato dalla modernità. Danze collettive, in cui si era rigorosamente da nudi poiché questa era un’altra pratica in vigore nella comunità. Gli abitanti della comunità furono ribattezzati dalla gente dei paesi vicini ballabiot, poiché li si vedeva spesso in giro in costumi adamitici e danzanti.

Come riportato da Risaliti, la comunità nei primi del Novecento aveva seminato ideali che poi sarebbero fioriti compiutamente nella nostra epoca, inclusa la parità dei sessi. Ne abbiamo parlato con la presidente Mongini: “Ida Hofmann, insieme al marito, è la regista che disegna i primi anni della vita a Monte Verità. Lei era una femminista molto moderna, nel senso che a Monte Verità non ha caldeggiato la parità tra sessi ma l’uguaglianza dei diritti. Entrambe provenivano da due famiglie abbienti, e da cui si allontanarono per via della loro unione, definita vegetariana, che era sostanzialmente una convivenza. Tale legame, allora, soprattutto per una donna, era impensabile. Quindi, rifiutarono le convenzioni ritenute da loro dei prodotti artificiali creati dall’uomo. Così facendo il ‘problema’ della parità dei sessi non si poneva”.

Per quanto praticassero uno stile di vita che rifiutava il denaro, i problemi di sopravvivenza di Monte Verità furono per lo più legati ad esso: i primi scontri tra i fondatori riguardarono la possibilità di far pagare gli ospiti soggiornanti, così da permettere alla colonia di vivere con quei guadagni. Infatti la comunità di Ida Hofmann e del marito ricevette, fin da subito, una risonanza abbastanza vasta e importante nel mondo. Da ciò la decisione di aprire un sanatorio, dove accogliere gli ospiti paganti, molti di loro anche eccellenti come Carl Gustav Jung, gli scrittori James Joyce ed Herman Hesse, il sociologo Max Weber, le danzatrici Isadora Duncan e Mary Wigman, gli artisti Hans Arp e Paul Klee, e l’architetto Walter Gropius.

Tutto sommato, non avevo mangiato per sette giorni. Durante questo periodo, la mia pelle si era rigenerata, mi sono abituato alla nudità, al letto duro, al calore del sole e al vento freddo della notte. A volte avevo la sensazione di rafforzarmi, stavo per mettere radici e ritornare ad uno stadio vitale minerale o vegetale.

Hermann Hesse, Tra le rocce (1907)

Colui che trasformò la colonia vegetariana in una comune di artisti fu il coreografo Rudolf von Laban. Tale cambiamento contribuì a valorizzare tutto il territorio circostante che divenne meta del turismo d’élite e cambiò il tessuto socio-economico di Ascona. Quando Ida Hofmann e il marito lasciarono Monte Verità nel 1920, ad acquistare il posto che aveva accumulato ormai notevole valore, fu il barone von der Heydt, banchiere del kaiser Guglielmo II, che vi fece costruire il celebre albergo in stile bauhaus: “L’arrivo del barone a Monte Verità rappresenta l’arrivo del capitale”, racconta la presidente Mongini, “ma il fil rouge con l’originaria filosofia di Monte Verità non si interruppe, poiché von der Heydt continuò a promuovere la cultura”. Gli echi mitici di quella primigenia colonia di visionari risuonano forti ancora oggi, tali da fungere da guida per riscoprire quell’accordo primitivo tra l’uomo e la natura alimentato da rispetto e armonia.

“Perciò la storia di ogni uomo è importante, eterna, divina, perciò ogni uomo fintanto che vive in qualche modo e adempie il volere della natura è meraviglioso e degno di ogni attenzione.”

Herman Hesse, Demian (1919)

Michela Conoscitore

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