Pablo Picasso, l’altra metà del cielo

by Michela Conoscitore

Darsi appuntamento con Pablo Picasso a casa di Lorenzo il Magnifico: una combinazione che, ovviamente, può avvenire solo a Firenze. Il museo Mediceo di Palazzo Medici Riccardi, dal 30 novembre e visitabile fino al 1° marzo 2020, ospita Picasso. L’altra metà del cielo. Foto di Edward Quinn, una retrospettiva fotografica dedicata al grande artista di Malaga e alle sue donne, ma che celebra soprattutto l’amicizia che lo legava al fotografo irlandese Edward Quinn, il solo a cui concesse così tanto spazio nel suo privato.

Ottanta fotografie che ripercorrono l’ultima parte della vita di Picasso, colto però principalmente nella sua quotidianità; far finta di non esserci, cogliere la sua spontaneità, documentare l’uomo più che l’artista: era questo il segreto di Quinn, per farsi accogliere benevolmente da Picasso, mentre creava. Anche se poi, in Picasso, le due anime erano indissolubilmente legate.

La mostra a Roma di Palazzo Merulana aveva già provato a raccontare l’innovatore spagnolo oltre che con altri scatti di Quinn, anche quelli del francese André Villers. Eppure la mostra di Palazzo Medici Riccardi va più a fondo, sonda non soltanto l’indole d’artista e le debolezze dell’uomo, analizza anche attraverso l’obiettivo chirurgico di Quinn il rapporto di Picasso con le donne della sua vita: mogli, compagne, amanti, figlie, amiche, muse. Indubbiamente, dopo la pittura, le donne sono state la sua più grande passione. Fernande, Olga, Marie-Thérese, Dora, Françoise e Jacqueline, quelle ufficiali, se così vogliamo definirle, da aggiungere alle altre di straforo, quelle che lo hanno accompagnato per qualche mese, che gli sono state di ispirazione per un quadro, fin quando non decideva di tornare a casa dai figli, e la moglie del momento.

Le fotografie, selezionate da Wolfgang Frei, nipote del fotografo Edward Quinn, raccontano il pittore attraverso sezioni tematiche: le donne ovviamente, a seguire la quotidianità, il Picasso giocoso e quello concentrato al lavoro, e poi la fine, gli ultimi anni della sua esistenza, in cui Quinn ha provato a scovare quel fuoco che gli è sempre arso negli occhi, ma che col passare degli anni, man mano sembrò affievolirsi.

Scattate principalmente in Francia, tra Antibes e Vallauris, le sue oasi creative, quel che il visitatore può scoprire da questi scatti, oltre a leggere la forte, e persino a volte tirannica personalità del pittore, sono le dinamiche famigliari, e quanto i legami nella famiglia allargata di Picasso fossero forti: i figli Claude, Paloma, Maya e Paulo che hanno dovuto gestire un padre così ingombrante, ma allo stesso tempo non potevano fare a meno di venerare questo capo tribù che aveva saputo sconvolgere i canoni dell’arte del XX secolo, inevitabile che si imponesse nel suo microcosmo intimo.

Le sue compagne, invece, portavano i segni di lui non soltanto nella loro anima, ma anche addosso; Picasso oltre che trasformarle in muse (all’ultima moglie, Jacqueline Roque, ha dedicato oltre quattrocento dipinti ndr.), le ricopriva, a volte anche vestiva, con le sue creazioni: come documentato dalla foto in mostra, da collane a capi di vestiario che riproducevano la sua creatività, indossati dalle sue donne, come un marchio di appartenenza. Perché questo significava condividere la vita con Picasso, per le sue compagne non era soltanto un innamorato, voleva essere un padre, un fratello, possedere il timone della loro vita ed essere l’unico. Solo una di loro, la più giovane e la più indipendente, non si fece piegare e, soprattutto, non venne lasciata ma abbandonò lei l’artista: Françoise Gilot, anche lei pittrice, fu tra quelle che forse Picasso amò di più. Dopo due figli, Claude e Paloma, e ripetuti tradimenti, la donna decise di ricominciare senza di lui, nonostante fosse stato il rapporto più importante della sua vita fino ad allora.

L’ultima, Jacqueline, lo accompagnò fino alla fine giunta nel 1973, quando il pittore aveva 91 anni. Come vivere senza Picasso, una personalità così totalizzante e avvolgente? Difficile sfuggire al magnetismo della sua orbita, e infatti tranne Françoise, le altre soccombettero alla sua assenza. Jacqueline si suicidò, con un colpo di pistola, nel 1986, mentre la fotografa Dora Maar, spesso denigrata nel suo lavoro da Picasso, dovette fronteggiare un grave esaurimento nervoso alla fine della loro relazione, ma fu anche quella che con una frase lapidaria descrisse l’amante Picasso, con cruda acutezza: “Non sono stata l’amante di Picasso. Lui era solo il mio padrone”.

Sembra un ritratto a tinte cupe quello che ne viene fuori dal percorso fotografico, però Quinn ha immortalato anche un uomo allegro, divertente la foto col cappello peruviano del 1956: possedeva una grande collezione di cappelli, copricapi e berretti ed era sua abitudine indossarne uno quando incontrava qualcuno per la prima volta. Come a voler chiedere: vediamo se riesci a distinguere l’uomo dall’artista, se riesci a vedermi davvero. Perché, in fondo, era questo che voleva Pablo Picasso ed è quello che raccontano le fotografie di Quinn, essere visto senza sovrastrutture e incensamenti pubblici. Nonostante la sua rutilante vita, era rimasto l’uomo sanguigno di Malaga, dedito alla convivialità e alla passione, tutto corrida e buon vino.

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