Patrimonio artistico: per fare Manfredonia bisogna fare i manfredoniani

by Maria Teresa Valente

Il territorio dauno, di cui Siponto è il punto di riferimento più importante, possiede un immenso patrimonio archeologico, ma nonostante ciò è poco quanto è stato finora valorizzato e conosciuto. Per colpa di chi? La tematica è stata sviscerata ed approfondita nel corso di un interessante incontro dal titolo ‘Il Patrimonio storico-artistico del territorio sipontino’ che ha avuto luogo domenica 22 settembre presso il castello di Manfredonia, in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio.

Durante il convegno, di cui sono stati relatori Saverio Russo (presidente Fai Puglia), Gloria Fazia (capodelegazione Fai Foggia), Nunzio Tomaiuoli (già soprintendente) e Saverio Mazzone (Agenzia del turismo di Manfredonia), moderato dal direttore del Museo Alfredo de Biase, i temi dominanti sono stati ‘fare rete’ tra enti ed associazioni in nome dell’enorme patrimonio storico e rendere la comunità culturalmente attiva.

Difatti, ciò che è emerso chiaramente, è che il problema che frena la crescita culturale di Manfredonia sono i manfredoniani stessi. “Il cittadino è il primo comunicatore di termini di valorizzazione”, ha affermato Saverio Mazzone. Ergo, se il manfredoniano comunica all’esterno in maniera negativa o, ignorando il proprio patrimonio non lo comunica affatto, di riflesso ciò che di bello possiede la città a livello artistico e storico non sarà conosciuto.

“La città non può essere passiva”, ha rincarato la dose Saverio Russo, prendendo ad esempio la chiusura durata ben cinque anni del Museo Nazionale Archeologico di Manfredonia, l’unico dell’intera Capitanata, e di cui ben pochi si sono lamentati, lasciando passare come fosse qualcosa di normale ciò che invece è stato di una gravità sbalorditiva. “I cittadini”, ha continuato Russo: “avrebbero dovuto sollecitare il Ministero”. Invece, salvo un’iniziativa dello scorso anno capitanata dal Rotary che, chiedendo la sollecita riapertura del museo ha proposto la candidatura delle stele daune a patrimonio UNESCO, il silenzio più assoluto.

Sintomo di questa ‘mancanza’ culturale a Manfredonia è il fatto stesso che, come evidenziato da Mazzone, qui non esistono imprese culturali e creative. Insomma, praticamente non c’è nessuno che ha voluto investire a livello culturale in città.

Eppure, ha sottolineato il direttore de Biase con malinconica enfasi: “Manfredonia è un motore culturale per tutta la provincia”.

Certo, è anche vero, che: “c’è un eccesso di burocrazia”, come ha affermato Mazzone, che rende tutto più complicato, ma contare soltanto su enti pubblici per tirare fuori Manfredonia dal pantano culturale deve essere una scelta che per avere effetto non può essere di pochi, ma deve diventare una presa di posizione dell’intera città.

Insomma, non bastano la Soprintendenza o il Comune (quando c’è, dal momento che attualmente è commissariato con ulteriore stallo delle iniziative) o la Diocesi: a puntare sulla valorizzazione delle proprie risorse devono essere in primis i manfredoniani.

Una soluzione? Fare rete tra cittadini, associazioni ed enti. Ma non solo. Far scoprire ai manfredoniani stessi qual è l’inestimabile ed immenso patrimonio di cui godono per poter permettere loro di comunicarlo all’esterno.

In fondo, cultura è turismo, ma non basta avere reperti per mettere in moto un meccanismo virtuoso.

Eppur si muove, diceva Galilei. E sento di poter affermare che probabilmente anche a Manfredonia qualcosa si sta muovendo e potrebbe iniziare a crearsi l’humus adatto per far attecchire iniziative culturali. Di buon auspicio può essere sicuramente la notizia data al termine dell’incontro da Alfredo de Biase sul dono di un anonimo che ha inviato al castello in un pacco la meravigliosa testa di una stele dauna mai vista prima d’ora.

Probabilmente era stata tramandata di generazione in generazione, finché qualcuno osservando quella strana scultura di pietra tra i cimeli di famiglia, ha compreso di trovarsi dinanzi un prezioso reperto archeologico e ha deciso di donarlo al museo di Manfredonia. Ad accompagnare il dono, una lettera in cui l’anonimo ha dichiarato che preferisce che il reperto possa trovare posto nel museo anziché continuare a stare rinchiuso in un cassetto a prendere polvere.

Restituire un reperto al museo vuol dire restituirlo all’intera collettività, permettendo agli archeologi di studiarlo e catalogarlo e di aggiungere un ulteriore tassello alla storia sipontina. Un dono, dunque, importantissimo ed encomiabile.

Ecco, forse ci siamo.

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