Pietro Aretino, una mostra agli Uffizi celebra il più grande “influencer” del Cinquecento

by Michela Conoscitore

Per chi l’ha incontrato sui banchi di scuola, Pietro Aretino è lo scrittore dei proibiti Sonetti Lussuriosi. Però, la maggior parte dei docenti salta a piè pari questo intellettuale del Cinquecento, considerato da sempre uno degli esponenti minori della letteratura italiana.

Quale occasione migliore, quindi, per visitare la mostra da poco inaugurata al Museo degli Uffizi, Pietro Aretino e l’Arte del Rinascimento, per scoprire finalmente questo grande esponente dell’arte italiana, non solo letteraria? L’esposizione, ospitata nell’Aula Magliabechiana e visitabile fino al prossimo 1 marzo 2020, è stata presentata in anteprima lo scorso 26 novembre, con una conferenza stampa a cui hanno presenziato oltre ai curatori della mostra, Anna Bisceglia, Matteo Ceriana e Paolo Procaccioli, anche il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, e il professor Giulio Ferroni, docente dell’Università La Sapienza di Roma, massimo conoscitore dell’Aretino.

In conferenza stampa, usando il linguaggio dei social media contemporaneo, il direttore Schmidt ha paragonato l’Aretino ad un influencer del Cinquecento, “o meglio, uno YouTuber” ha aggiunto divertito, perché ha usato la sua immensa comunicatività, attraverso i suoi celebri epistolari, e i libri, per tenere le fila di quel che succedeva in Italia, non soltanto in ambito letterario, ma soprattutto artistico e politico: amico di artisti e potenti, come Giovanni dalle Bande Nere e Cosimo I de Medici, Aretino fu amato, ma anche molto odiato.

Alcuni lo definirono solo un abile cortigiano, e questo percorso espositivo a lui esclusivamente dedicato, attraverso dipinti, stampe, preziosissimi volumi e altri manufatti, prova a raccontare questa figura formidabile, un self made man che disse di sé: “Mi dicono ch’io sia figlio di cortigiana; ciò non mi torna male; ma tuttavia ho l’anima di un re.

Sempre durante la conferenza stampa, il professor Ferroni ha aggiunto: “Questo mettere sé stesso davanti ad ogni cosa, in quell’orizzonte culturale, ossia quello del Rinascimento, è legato ad una radicale novità: saper entrare nella vastità dell’esperienza, sapersi confrontare con tutte le arti e le discipline, di essere sempre presente a sé stesso nei confronti del mondo che lo mette in dialogo con le personalità più in vista dell’epoca. Aretino è un caso unico, non esiste nessun altro scrittore o intellettuale come lui: è riuscito a diventare voce del mondo, pur partendo da una posizione marginalissima. Questo perché aveva una passione fortissima per tutte le forme dell’esperienza, e visitando la mostra, si comprende soprattutto per l’arte”.

bonculture ha intervistato i curatori della mostra, i quali hanno svelato ulteriormente altri aspetti della personalità di Pietro Aretino.

Dottoressa Bisceglia, perché una mostra su Pietro Aretino?

Ci sono molti motivi che ci hanno spinto ad organizzare una mostra su Pietro Aretino. Innanzitutto perché le Gallerie degli Uffizi posseggono il ritratto più famoso dell’intellettuale, quello firmato da Tiziano, e regalato da Aretino a Cosimo I de Medici. Quest’opera ci spiega il quadro di relazioni, la strategia promozionale che Aretino adottava di sé stesso attraverso la sua immagine e il lavorio costante e incessante di relazioni che intratteneva con i maggiori signori del tempo. Nel caso di Cosimo, Aretino aveva un rapporto privilegiato, essendo stato amico fraterno del padre, Giovanni dalle Bande Nere. E una delle lettere più belle scritte dall’Aretino, e indirizzata a Giovanni degli Albizzi, racconta le ultime ore del condottiero, dove coglie l’aspetto eroico dell’amico in fin di vita.

Pietro Aretino è conosciuto prevalentemente dal punto di vista letterario. La mostra, invece, mette in luce anche i suoi collegamenti con il mondo dell’arte:

Assolutamente vero che lo conosciamo per le sue prove letterarie, anche se limitatamente anche in questo ambito. Quando si pensa ad Aretino lo si collega immediatamente ai Sonetti Lussuriosi, oppure alle pasquinate, le satire politiche che i poeti del Cinquecento declamavano davanti la statua di Pasquino a Palazzo Orsini a Roma. In realtà, Aretino si prova in molti altri generi letterari come il poema cavalleresco e i testi sacri, volgarizzando contenuti della Bibbia, che allora era in latino. Quindi, Aretino la rese accessibile per tutti, utilizzando una lingua visiva. Tra le altre cose, sempre in ambito letterario, inventa un genere, quello epistolare. Diede alle stampe le lettere che, nel corso del tempo, ha scritto fino alla morte. Missive indirizzate ai grandi della Terra, offrendo uno spaccato straordinario della società, dalle quali si estraggono numerosissime informazioni sugli artisti. Attraverso questa sua biografia, che sono le lettere, Aretino racconta di essersi interessato fin dalla giovinezza di pittura, cimentandosi egli stesso in gioventù in quest’arte, quando era a Perugia nella bottega del suo amico, Giovan Battista Caporali, allievo di Perugino e Raffaello, di cui è in esposizione in mostra una delle sue opere a cui si dice abbia partecipato lo stesso Aretino. Di questa prossimità, tra letteratura e pittura, Aretino testimonia sempre e ci racconta che addirittura i grandi artisti della sua epoca, come Raffaello, Michelangelo e Tiziano avevano tenuto sempre in gran conto il suo giudizio e si erano sempre rifatti ai suoi consigli. Naturalmente è un’affermazione esagerata, perché mira ad accreditarsi come suggeritore. In realtà, quello che Aretino intrattenne fu un dialogo stretto, continuo, di confronto e di reciproco sostegno soprattutto con Tiziano e Sansovino, a Venezia negli anni Trenta del Cinquecento. Quando la Maniera Moderna si era già impostata a Roma, si diffonde poi nel resto d’Italia e in particolare a Venezia. Questo interessa ad Aretino, la diffusione dell’arte con un’asse secca e diretta tra Roma e Venezia, che rende la città dei Dogi un punto di continuazione ideale di quelle premesse che erano maturate a Roma.

Matteo Ceriana e Paolo Procaccioli concludono: “Potremmo definire l’Aretino, per quanto riguarda la sua presenza nel mondo dell’arte, come un mediatore o un gallerista. Ma la professione che descrive meglio la sua attività in questo campo è sicuramente quella del critico militante. Mentre, per le sue connessioni con la politica, lui sapeva gestire l’immagine dei potenti, e i potenti lo ripagavano, come l’imperatore di Francia Francesco I che non soltanto gli fece dono di una catena d’oro (probabilmente è quella che indossa nel ritratto firmato da Tiziano, ndr.), ma anche di una pensione. Perché in quel momento, il 1536, Francesco I non era ben visto in Italia, e quindi chiese aiuto all’Aretino per riabilitare la sua immagine.

Come riportato dal professor Ferroni, Pietro Aretino si autodefinì segretario del mondo, e i contemporanei, con questa mostra, gli riconoscono un posto d’eccezione tra gli intellettuali che resero inimitabile il Rinascimento italiano.

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