“Solo l’amore mi interessa”, Chagall riempie di sogno la Napoli dei Decumani

by Daniela Scopece

Immersa nel centro storico di Napoli, la mostra raccoglie più di 150 opere che permettono al visitatore di attraversare la vita di Chagall e vivere con lui il suo sogno d’amore. Dopo aver percorso la caleidoscopica Via dei Tribunali, l’ingresso alla Pietrasanta segna una sorta di discesa agli inferi di classica memoria: un’immersione in una dimensione onirica e mistica che si attacca alla pelle, conducendo chi guarda in un mondo fantastico, eppure vero.

Il Novecento

Si tratta di un passaggio attraverso il Novecento e le sue atrocità, che segnano profondamente la vita dell’artista per trasformarsi in variopinte distese di colore, tra cui muoversi e lasciarsi rapire. Un’atmosfera trasognata e fiabesca, popolata da esseri magici e reali, animali, fiori, violini, clown e acrobati, che trascende il fruitore.

Curata da Dolores Duràn Ucar, la mostra è organizzata in diverse sezioni che si snodano come un continuum nell’animo del maestro bielorusso, quasi paia di fluttuare nei suoi occhi blu.

Le opere esposte coprono un lasso di tempo di cinquant’anni, dal 1925 al 1985. La prima sezione è dedicata ad una copiosa raccolta di illustrazioni, stampate nel 1952, commissionate a Chagall dall’editore e gallerista Ambroise Vollard per le Favole di La Fontaine: si tratta di incisioni in bianco e nero realizzate con la tecnica dell’acquaforte che fissano nell’immagine il comportamento umano, facendo eco alla tradizione russa dei lubki, stampe popolari accompagnate da piccole descrizioni. L’humanitas, nelle sue variegate forme, è indagata all’unisono con l’autore francese – seppur a distanza di qualche secolo – attraverso una galleria di animali allegorici, che catturano l’attenzione dei visitatori tra storie di asini, vitelli, mucche, maiali, rane, volpi, formiche, riscritte in gran parte su apposite targhe che accompagnano i quadretti.

La moglie Bella

Dopo l’incipit in bianco e nero, la semiluna dell’abside sembra avvolgere lo spettatore in un arcobaleno, in un improvviso fiume di colori che diventano creazioni e soggetti sacri ispirati alla Bibbia e che ritornano, nella parte finale, nelle scene dell’Esodo. Il cuore della esposizione è dedicato all’amore per la moglie Bella, da cui avrà una figlia, e i ricordi dell’infanzia che ritornano nel paesaggio innevato del Villaggio russo (1929), fotografia della cittadina natale, nel cui cielo si staglia una slitta trainata da un cavallo, oltre che nei ricorrenti richiami al circo.

I colori sovrastano le forme e la realtà per veicolare emozioni autentiche che non si lasciano ingabbiare. Coloratissimi fiori, clown, acrobati, animali ed amanti convivono in composizioni di una vibrante e straordinaria bellezza, in cui il confine tra umano e divino si sfuma per diventare panteismo, esplosione della natura: “Mi basta aprire la finestra della mia stanza e l’aria blu, l’amore e i fiori entrano con lei”. E pare, come lui stesso la definisce, la sua arte fosse proprio una continua e vana competizione con la bellezza dei fiori, eternamente inarrivabile. Nelle sue tele, ancora gli amanti, non curanti del mondo come i ragazzi di Prévert, fluttuano nel cielo ed il volo diventa metafora dell’amore.

Le Coq Violet

In tarda età dipinge Mariage sous le baldaquin (1981) in cui, Bella è ormai morta da anni, ricorda il giorno del suo matrimonio, raffigurando gli sposi sotto un baldacchino come nella tradizione ebraica. Il ricordo della moglie lo accompagnerà tutta la vita, musa ispiratrice di molti dei suoi quadri. Manifesto della mostra è Le Coq Violet (1966-72), tela che ripropone una commistione armonica di elementi che caratterizzano la produzione dell’artista e che vedono il bouquet di fiori al centro dell’opera, trait d’union tra il clown e la donna vestita da sposa in groppa al cavallo verde (sulla stessa diagonale del viso dell’uomo dello stesso colore), mentre sullo sfondo ancora lo squarcio di un circo festante ed in alto a sinistra il gallo capovolto, simbolo del sole e del fuoco. L’ultima parte della mostra è dedicata al ciclo dell’Esodo, vissuto nella sua condizione di ebreo sulla sua stessa pelle: “Mia soltanto è la patria della mia anima”. Un mondo lirico, quello che ci consegna nelle immagini bibliche, che parlano del suo Io più profondo.

La poesia che attraversa le sue opere si ammanta di colori e suoni vibranti che accompagnano il visitatore in un’esperienza sinestetica e mistica, un itinerarium ad deum che dall’infanzia conduce alla maturazione di un amore onnisciente e trascendente.

“Solo l’amore mi interessa, sono in contatto solo con cose che hanno a che fare con l’amore”.

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