“Sono innamorato di Pippa Bacca”: il matrimonio dell’artista con l’umanità. Manetti: “Non volevo permettere alla memoria di dissolversi”

by Luana Martino

Celebrare un ‘matrimonio con l’umanità’: questo era l’intento della complessa performance ideata da Pippa Bacca e Silvia Moro. Loro che, l’8 marzo del 2008, diedero il via al percorso artistico BRIDES ON TOUR – SPOSE IN VIAGGIO con l’idea di attraversare, da Milano a Gerusalemme, undici nazioni che avevano sofferto la guerra, viaggiando in autostop indossando un abito da sposa. Tutto il concept era finalizzato al voler diffondere un messaggio di pace capace di tendere la mano a quelle popolazioni che avevano sofferto lutti e atrocità durante i tragici conflitti bellici.

Un viaggio che, però, viene brutalmente interrotto il 31 marzo 2008 quando Pippa Bacca, dopo essersi separata per qualche giorno dalla compagna di viaggio, viene violentata e uccisa a Gebze, da un uomo che le aveva dato un passaggio.

Un fatto di cronaca atroce che ha dilaniato tutte e tutti noi, una drammatica storia di violenza su una donna che, come all’ora, anche oggi ci annienta e ci lascia sconvolti.

A distanza di più di dieci anni dall’evento Simone Manetti, regista livornese classe 1978 (Ciao amore, vado a combattere), ci riporta nel cuore di quella vicenda con un nuovo e incredibile sguardo. Il fatto di cronaca in ‘Sono innamorato di Pippa Bacca’ è solo l’incipit che il regista utilizza per raccontarci l’umanità e il genio artistico di Pippa. Riesce a realizzare ciò grazie all’utilizzo del materiale d’archivio girato durante la performance magistralmente arricchito dalle interviste ai familiari (la madre e le sorelle) e alla superstite di quella avventura, Silvia Moro.

Grazie ad un montaggio impeccabile Manetti riesce, infatti, a fondere le riprese amatoriali delle due performer con la staticità delle immagini delle interviste, le foto di repertorio sono dei tasselli di unione nel racconto che supportano l’equilibrio geometrico dell’intero film. Anche la scelta della fotografia, curata dallo stesso regista con Simone Mogliè, rispecchia questa continuità estetica e regala al documentario una valenza cinematograficamente elevata.

‘Sono innamorato di Pippa Bacca’ risulta, così, essere un racconto declinato interamente al femminile, che restituisce il profondo significato di quell’atto artistico e di una scelta attuata da due donne che consapevolmente e coscienziosamente hanno deciso di intraprendere un viaggio del genere. Manetti ci regala la possibilità di compiere un viaggio intimo a stretto contatto con le protagoniste e a vivere la performance con loro giorno dopo giorno. Una performance davvero complessa, un connubio di idee, di desideri, di arte, di maternità e di femminilità. Una femminilità che, quindi, si respira in tutto il documentario che risulta scevro da ogni giudizio di sorta.

Il film prodotto da NacneA+E Networks Italia, in collaborazione con Filmoption InternationalFiumi FilmEsplorare la Metropoli e distribuito da Wanted sarebbe dovuto uscire in sala in questi giorni ma, vista la delicata situazione in cui versa il Paese, si è posticipata l’uscita a data da definire.
Nell’attesa di poter vedere il lavoro di Simone Manetti sul grande schermo, abbiamo intervistato il regista.

Come ha deciso di raccontare questa storia, come nasce l’idea?

Tutto nasce dal desiderio di non permettere alla memoria di dissolversi. Le persone e le storie esistono se vengono raccontate e la sua storia non era solo un diritto raccontarla ma anche un dovere per far in modo che potesse continuare ad esistere. Me ne ha parlato qualche anno fa Gianluca Perilli, uno dei coautori del film, che dopo aver visto ‘Ciao amore vado a combattere’ nel quale si parla di una donna fuori dall’ordinario -come lo è stata Pippa-, dedusse che potessi parlare di Pippa Bacca. Leggendo i soggetti di Gianluca mi tornò in mente il fatto di cronaca accaduto nel 2008 che al tempo registrai in maniera quasi passiva. Una tragedia che venne trattata come una notizia quasi ‘sensazionale’ e che aveva una potenza mediatica visto che si trattava della morte di una donna italiana vestita da sposa in Turchia. Purtroppo, però, non avevo approfondito le motivazioni reali del suo essere lì vestita con un abito da sposa. Questa volta ho deciso di approfondire il tutto e ho intrapreso uno studio sulla sua figura che mi ha portato alla consapevolezza di voler partire dal fatto di cronaca per parlare, però, della sua vita.

Silvia Moro e Pippa Bacca

Come hai rintracciato il materiale di repertorio?

In realtà ci sono poche fonti. La maggior parte del materiale era in possesso della famiglia e si tratta soprattutto delle riprese amatoriali realizzate dalla stessa Pippa durante il viaggio. Un’altra parte delle riprese ci è stata fornita da Silvia Moro: entrambe, infatti, avevano una piccola video-camera personale utilizzata nelle varie tappe del percorso. In più, siamo riusciti a recuperare altro materiale da alcune persone che hanno incontrato le due performer durante il viaggio. Abbiamo cercato di ricostruire un mosaico di frammenti di quei momenti per cercare di far immergere lo spettatore in quella storia, anche perché essendoci due linee temporali assestanti -quella biografica pura e quella della performance- dovevamo cercare di intrecciarle e di portare il fruitore verso il racconto.

Per realizzare al meglio il documentario hai ripercorso fisicamente l’itinerario di Pippa e Silvia?

Si, abbiamo percorso quasi interamente le tappe del loro viaggio. Siamo partiti da Milano per poi passare per Gorizia continuando sino ad Istanbul.  Volevamo ritrovarci nei luoghi dove le due protagoniste attendevano i passaggi, nei posti che loro hanno ‘vissuto’, negli incroci di strade che qualche volta abbiamo ritrovato identici a quelli visibili nelle riprese amatoriali e altre volte completamente modificati nelle geografia. 

Da uomo, cosa ha rappresentato aver la possibilità di dare voce a delle donne. Un film che pur essendo incentrato sulla figura di Pippa è in un certo senso corale, un coro tutto al femminile.

Guardandomi indietro mi rendo conto che i miei lavori precedenti sono tutti legati al mondo femminile. Dal primo cortometraggio documentario che parlava di due prostitute cambogiane, passando da ‘Ciao amore vado a combattere’ dove raccontavo la vita di Chantal Ughi, ex modella, attrice, cantante e campionessa di Thai Boxe, per poi arrivare a Pippa Bacca. Mi piace raccontare le donne perché provo un forte senso di ammirazione e fascinazione per il modo che hanno di rapportarsi con il mondo e mi piace narrare, soprattutto, di donne che affrontano temi forti o grandi problematiche. Sono quindi ammaliato dalla maniera potente e struggente, al tempo stesso, che hanno di relazionarsi con la loro vita.

In un momento così delicato, dove emergono percentuali negative e dove le percentuali del Global Gender Gap Report non sono positive, cosa pensi delle Gender Gap? E come agisci nel quotidiano per evitare che questa differenza di genere venga così esplicita?

E’ una domanda davvero molto complessa che avrebbe bisogno di un’argomentazione ampia e tra l’altro non sono davvero in grado di poter affermare perché esista in maniera così presente questo ‘gap’. Purtroppo la differenza c’è sempre anche se, chiaramente ci sono molti fattori che contribuiscono alla cosa: dipende, ad esempio, da dove ci si trova, da che parte del mondo si proviene e che tipo di cultura si è soliti conoscere; sta di fatto, comunque, che c’è ancora molto lavoro da fare. E’ chiaro che quando una cosa è nel tessuto culturale il cambiamento è più complesso e quindi non serve un solo atteggiamento ma sono tante piccole azioni che, partendo dall’aspetto quotidiano e più intimo, posso ripercuotersi all’esterno. Non mi sorprenderebbe, dunque, trovarmi in una situazione in cui le cose sono cambiate senza che ci si renda conto delle reali azioni svolte perché frutto di tanti piccoli gesti e di piccole cose attuate nel quotidiano. Io nel mio piccolo ho deciso di raccontare le donne nei miei lavori e spero sia un modo per attuare una piccola azione per il cambiamento e per raggiungere quell’equilibrio naturale che dovrebbe esserci già.

Simone Manetti

La figura di Silvia Moro, l’altra performer, quanto è stata fondamentale per raccontare Pippa?

Probabilmente, se lei non ci fosse stata non avrei raccontato questa storia. Silvia essendo una delle due artiste ha vissuto in prima persona il tutto ed era fondamentale che la sua visione fosse presente nel film. La testimone oculare di quello che è successo in questa performance e secondo me era fondamentale e giusto che lei fosse presente nel mio lavoro.

 ‘Sono innamorato di Pippa Bacca’: come mai hai scelto questo titolo?

Il titolo nasce perché, analizzando la vita artistica di Pippa, ho scoperto che per una delle sue opere aveva deciso di realizzare era una spilletta con la scritta ‘sono innamorato di Pippa Bacca, chiedimi il perché’. Il titolo è, quindi, sia una citazione che una sorta di dichiarazione oltre che un auspicio. Ci sembrava che chiamare così questo film fosse il modo migliore per sottolineare che volevamo raccontare la vita di Pippa e volevamo farlo anche con un piccolo sorriso che, se pur strappato nelle ultime parti del film, possa restare pensando all’intensa vita della giovane artista della quale noi ci siamo innamorati.

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