Tabù-Classico contemporaneo: Cecilia Cosci ritaglia il passato e crea una nuova teogonia dell’arte col montage

by Michela Conoscitore

Ritagliare il passato e incollarlo nel presente, passando attraverso una mente d’artista: alla Tobian Art Gallery di via Maggio a Firenze è di scena Tabù – Classico contemporaneo, la personale della creativa fiorentina Cecilia Cosci. Inaugurata lo scorso venerdì, la mostra era in standby da novembre, ovvero quando quel presente non si dimostra contestualizzante ma sfidante.

Ora, nell’intima cornice della Tobian Art Gallery, le opere di Cosci possono farsi ammirare, disvelare significati sorprendenti di capolavori famigliari, forse troppo, e raccontare l’artista che ha fatto di questa tecnica innovativa, il montage, la propria cifra stilistica caratterizzante. Montage è un neologismo che associa collage e montaggio, pensando al cinema, quella magia che sta dietro ogni film e che la pittrice ha voluto così omaggiare. Carta, cartone, forbici e colla, lavorando sull’ispirazione del momento o nata in notturna, Cosci rivitalizza opere del Rinascimento e oltre dei più grandi maestri italiani, collocandole nella contemporaneità, stravolgendo quella che era la narrazione originaria, giocando e ironizzando con chi l’ha preceduta, suggerendo quindi di non prendersi troppo sul serio.

Firenze, patria del Rinascimento, sembra il luogo meno adatto per questa personale, un palcoscenico che intimorisce e sembra non accettare la contaminazione col moderno. Non solo la città, anche i cultori dell’arte potrebbero accusare l’artista di una vera e propria profanazione, ma in questa immaginaria singolar tenzone, lei si difende così: “In realtà è un modo per amarli di più, l’arte la concepiamo solo nei musei, chiusa, a prendere polvere. Adoro i musei, ma spesso andarci lo viviamo quasi come un obbligo come quando studiamo perché lo dobbiamo fare, senza una reale motivazione. Credo che prendere queste opere e dargli nuova vita è, in realtà, un grande atto d’amore”.

Cecilia Cosci è laureata in Storia dell’Arte, con un passato nella comunicazione e un presente tra i banchi di scuola, ma non ha mai abbandonato la creazione, religione imprescindibile ed inevitabile per un’artista. Così queste figurine ritagliate con dovizia, estrapolate dalla loro tela, Cosci le getta nella mischia, ideando nuovi assiomi, anche di pressante attualità. Il curioso, non visitatore perché in questo ruolo si presuppone una partecipazione troppo passiva, e invece con queste opere bisogna interagirci e lasciarsi coinvolgere, vedrà la Monnalisa leonardesca calpestata da un braccio caravaggesco ne Il principio di Archimede, a significare che il femminino, per quanto pressato in basso, riceverà sempre una spinta per riemergere, rifiorire e realizzarsi. Oppure in Prova d’amore la scena è goliardica, la figura perde letteralmente la testa e ne fa dono all’amata. Maliziosa e congruamente attuale Paternità, mentre Bang! fa da controcanto alla Monnalisa, una pistola, puntata verso una madonna rinascimentale, pronta a sparare. Quel che Cecilia Cosci ha voluto maggiormente capovolgere rispetto al passato è proprio il peso della figura femminile nelle varie epoche, come ha dichiarato a bonculture: “Ritraggo una femminilità molteplice, si alternano le vittime e le carnefici, l’universo femminile nella sua totalità.

L’opera che da’ il nome alla mostra, Tabù, ritrae un bimbo e una mano di mamma che gli copre la visuale, come se volesse proteggerlo dalla vista di opere figurative che hanno osato modificare l’eterno. Eppure la fantasmagoria dell’arte di Cecilia Cosci risiede proprio in quell’affronto, altro non è che un confronto arguto atto a dimostrare proprio l’eternità di quei capolavori.

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