Voglio vederti danzare, l’idea di movimento di Riccardo Fusiello ai tempi del covid

by Agnese Lieggi

Io abito il mio corpo e danzo. In momento così surreale, abbiamo l’opportunità attraverso il movimento, l’espressione corporea e laconsapevolezza, di godere di aspetti profondi di energia….tutto questo può farci sentire molto meglio e lo possiamo anche condividere,infatti possiamo danzare da casa nelle nuove modalità di rete. 

Questo risulta concretamente un modo di esprimersi, espressione di sé! 

Oggi è possibile con il progetto originale della compagnia Sonenalè dei coreografi e ballerini Riccardo Fusiello e Agostino Riola, come? 


Bonculture ha intervistato Riccardo Fusiello, coreografo e danzatore autore del progetto.

Come nasce l’idea Voglio Vederti Danzare?

In un momento di isolamento forzato e spazio imposto, ci siamo chiesti se un momento di ballo potesse servire a farci sentire più liberi per qualche minuto e parte di una comunità danzante a distanza.

Abbiamo chiesto a tutte le persone che ci seguono di regalarci la propria danza appartati nella loro casa, nel loro mondo, proprio ora che la nostra casa corrisponde al nostro mondo.

Quanto è importante in questo momento la riscoperta del proprio corpo in termini di relazione con se stessi?

In questo momento viviamo in uno spazio imposto, abbiamo una mobilità limitata a quelle che sono le mura domestiche…il nostro corpo e la nostra psiche – usiamo due termini ma che sono strettamente collegati tra loro e influenzabili – sicuramente registrano uno stato delle cose “differente”, una alterazione.

Ci siamo ritrovati in pochi giorni a riprogrammare le nostre attività e la nostra vita.

Sapendo quanto sia importante muoversi e quanto appunto il legame psiche-corpo sia intrecciato e insolubile,  abbiamo pensato a questa iniziativa per dare il nostro contributo da artisti alla situazione di malessere generale. Le persone che hanno scelto di partecipare hanno ballato e si sono divertite almeno per il tempo di preparazione del video, questo già è un piccolo contributo…se poi dedicarsi una parte della giornata ballando diventasse per queste persone un’abitudine da ripetere, noi saremmo ancora più soddisfatti, saremmo riusciti anche in questo periodo a trovare un dialogo fertile con le persone che ci seguono.

Potrebbe nascere da questa brutta avventura un movimento da portare avanti e come?

Molto probabilmente si. Per esempio si sta sviluppando la consuetudine di programmi legati all’arte creati appositamente per il mondo on line  e, per quanto riguarda la formazione,si sta consolidando la possibilità di pensare una lezione di danza attraverso le piattaforme web di condivisione.

Chiaramente il mezzo e le condizioni vincolano certi contenuti e certe modalità, si deve scegliere cosa di può insegnare con questi canali e cosa invece ha bisogno assolutamente della vicinanza fisica e dello scambio reale tra l’insegnante e gli allievi e tra gli allievi stessi.

La possibilità di fare lezioni con maestri che si trovano in una qualsiasi parte d’Italia o del mondo intero apre sicuramente degli scenari interessanti che per ora possiamo vivere e sperimentare poi, col tempo, andranno studiati e valutati con attenzione.

Come si partecipa a voglio vederti danzare a casa?

Abbiamo chiesto a tutte le persone che ci seguono di regalarci la propria danza appartati nella loro casa, nel loro mondo, proprio ora che la nostra casa corrisponde al nostro mondo.

La richiesta è stata molto semplice,  diretta e aperta a tutti: scegli una musica, una zona della tua casa e balla liberamente.

Al nostro invito hanno risposto da tutta Italia ( Milano, Roma, Firenze, Caserta e naturalmente dalla Puglia ): non solo danzatori ma anche insegnanti, pensionati, farmacisti, studenti,  mamme con bambini e cani danzanti.

Ognuno ha scelto di mostrarci uno spazio della propria casa e inevitabilmente uno spazio del proprio mondo: la cucina, il giardino, un corridoio, un salotto, una camera da letto.

C’è chi ha ballato James Brown mentre stirava, chi si è mostrato solo di spalle sulle note dei Queen, chi si è accompagnato con musica classica, chi si è scatenato sulle note di Enola Gay e chi ha scelto la partitura sonora dei suoi movimenti tra le pieghe di un divano nel silenzio di un soggiorno.

Grazie Sonenalè! A presto

Sonenalé nasce dall’incontro tra Riccardo Fusiello, coreografo e danzatore, Agostino Riola, regista e performer.

Formazioni ed esperienze che provengono da linguaggi differenti, che attraversano la danza, il teatro e si aprono alle suggestioni dell’arte contemporanea, si integrano in un approccio alla creazione che non predilige un genere specifico, ma che parte dal corpo e dalle sue molteplici possibilità di espressione.

Fondata a Milano nel 2012, in pochi anni la compagnia ottiene prestigiosi riconoscimenti e collaborazioni in Italia e in Europa: Aarhus Performing Arts Centre – Danimarca, Centro Danza Canal – Madrid, Anticorpi XL – network giovane danza d’autore, E45 Napoli Fringe Festival, Movin’Up – GAI e MIBAC.

Le sue performance vengono presentate in importanti festival e teatri italiani come, ad esempio, Festival Teatri di Vetro (Roma),  Festival Internazionale della Creazione Contemporanea (Terni), Festival Exister (Milano), Teatri di Vita (Bologna), Teatro Kismet (Bari), Zona K (Milano), Festival Internazionale Castel dei Mondi di Andria, I Teatri del Sacro (Ascoli Piceno), Festival Ammutinamenti – Vetrina della Giovane Danza d’Autore (Ravenna), Sardegna Teatro (Cagliari). Nel 2015 Sonenalé si trasferisce a Bisceglie, in Puglia, per dare vita ad una nuova fase del suo percorso.

“SONENALE’” è la rielaborazione di due parole Sonnen Allee che in tedesco significano viale del sole. E’ la strada di Berlino dove ho abitato nel periodo di formazione in Germania. Originario della Puglia, sono rimasto colpito dal fatto che in una città del Nord Europa – notoriamente carente di luce – dessero così importanza al sole da dedicargli una grande strada e mi è sembrato un bel modo di celebrare l’astro più importante per la vita dell’uomo. Poi abbiamo pensato a come modificare questo nome perché non avesse un vero significato, perché fosse un non sense che conservasse in sé una sua musicalità; una formula magica con un valore quasi arcaico.’

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