Il percorso onirico con Rossella Di Maria e Alessio Tortorella: “È necessario partire dai propri sogni notturni per poter realizzare quelli ad occhi aperti”

by Antonella Soccio

“L’inconscio è quel capitolo della mia storia che è marcato da un bianco o occupato da una menzogna: è il capitolo censurato. Ma la verità può essere ritrovata; il più spesso è già scritta altrove”

Jacques Lacan

8 incontri, ogni venerdì, dalle 18.00 alle 20.30 circa, dal 30 Ottobre al 18 Dicembre 2020. 8 incontri “dalla parte dei sogni” per indagare il regno delle immagini notturne che affollano la mente nell’ultima fase del sonno e per comprendere cosa si nasconde in quelle analogie e associazioni premonitrici, mnemoniche, angoscianti, bizzarre o semplicemente prosaiche della vita dentro la vita. Del sogno dentro al sogno dell’esistenza.

L’iniziativa è targata “Parole Contrarie”, un’Associazione di Promozione Sociale che nasce a Foggia, dall’incontro di persone accomunate dalla volontà di sostenere il mondo degli adolescenti, dei giovani e delle loro figure di riferimento.

L’idea di condividere i sogni e di interpretarli è della prof Rossella Di Maria, che nel ciclo di incontri è accompagnata dal terapeuta Alessio Tortorella.

Noi di bonculture l’abbiamo intervistata.

Rossella, il vostro è un percorso anche terapeutico convenzionato con la Asl o solo culturale? Nel secondo caso come nasce questa necessità di indagare l’aspetto onirico della vita?

Questo corso non ha un valore terapeutico, non è stato creato come supporto terapeutico per persone seguite dentro un percorso di analisi. Il nostro è un percorso culturale, che si propone di presentare l’inconscio e tutto il mondo legato all’inconscio, facendo anche un excursus storico, toccando le due principali figure della psicanalisi, Freud e Jung, e illustrando le varie stanze della psiche e quanto la nostra vita quotidiana è condizionata, influenzata dall’inconscio. La proposta è nata dal mio desiderio di mettere a disposizione degli altri delle conoscenze che avevo accumulato nel tempo perché ho iniziato ad appassionarmi al mondo dei sogni al liceo, perché avevo capito che era la maniera migliore per indagare aspetti della mia personalità e scelte emotive. Era una maniera per me a conoscermi. Da lì ho cominciato a leggere moltissimo, accumulando una bibliografia di riferimento che mi è servita per poter creare questo percorso. Ho accumulato quaderni dei sogni, dei miei sogni, con simboli onirici: è diventata una passione a tal punto da essere diventata un riferimento per amici, familiari e studenti di cui analizzo spesso sogni. Più che interpretare aiuto gli altri a tradurre quel linguaggio onirico in un linguaggio più comprensibile. Parlo di studenti, perché io faccio tutt’altro nella vita: insegno da 15 anni Lingua e Cultura Francese al Liceo di Lucera. Non sono una psicologa, pertanto questi incontri non sono un percorso terapeutico, per quanto sicuramente si va a toccare corde molto intime. Per questo ho voluto la presenza di Alessio Tortorella, come una figura paterna, spesso silenziosa, ma che è un punto di riferimento per chi tirasse fuori una emotività, che io, non essendo psicanalista, potevo trovarmi a non capire. La sua presenza è stata fondamentale.

Alessio Tortorella

Cosa scatena in genere la condivisione di sogni dentro dinamiche di gruppo? Avete notato slatentizzazioni di vissuto da parte dell’uditorio? Ci sono remore? Avete notato non so delle censure nel raccontare i sogni?

La premessa fondamentale da fare è che questo percorso non esigeva da parte dei partecipanti la condivisione dei loro sogni. È doveroso sottolinearlo, nessuno doveva sentirsi in un gruppo terapeutico. Era per me una maniera per proporre un’attività diversa e avvicinare chi ne avesse curiosità o ne fosse affascinato a questo mondo notturno. Ci sono stati dei partecipanti che si sono liberati, raccontando sogni ricorrenti, ma era importante sottolineare che non era necessario condividere i sogni, si poteva partecipare semplicemente seguendo questo viaggio. Alcuni lo hanno fatto: c’è stato chi si è sciolto piano piano lungo gli incontri e chi non è riuscito mai a produrre un sogno. Questo è sintomatico ovviamente di una piccola chiusura personale, ma per me va benissimo, ognuno ha i suoi tempi con l’intimità dell’inconscio. Non è facile aprirsi e svelare il proprio mondo interiore. L’importante è qualche porticina si sia aperta su questo paesaggio onirico. Questo per me era fondamentale.

Leggere nell’animo inconscio degli altri quali legami crea nel gruppo? Quanto sono abituate le persone a raccontare sogni?

Le persone secondo me sono molto abituate a raccontare i sogni, lo facciamo spesso, è la prima cosa che facciamo quando ci svegliamo è raccontare al nostro partner, o ai nostri familiari o ai colleghi i sogni assurdi, a volte strani che facciamo la notte. C’è questo desiderio di condivisione. Quello che ho notato nel tempo è che spesso questo desiderio di far partecipare gli altri ai nostri sogni si ferma alla semplice narrazione, come se fosse un racconto. Andare ad indagare e andare oltre quell’apparenza di stramberia del proprio sogno diventa molto più difficile. La frase che ci accomuna un po’ tutti è infatti “ho fatto un sogno strano, assurdo, che non aveva alcun senso”. Questo percorso si proponeva di dire che non esiste un sogno senza senso, tutti i nostri sogni ci dicono qualcosa e l’aspetto fondamentale è imparare a capirne il linguaggio, per guardarci allo specchio con franchezza e coraggio alcune volte per andare a svelare ciò che si nasconde al di sotto del contenuto apparente. A volte le persone mancano anche i mezzi, ecco perché ho voluto cominciare questo percorso per aiutare i partecipanti a dare dei piccoli strumenti per capire ed interpretare il proprio mondo onirico. Per la mia esperienza personale, siamo tutti molto affascinati dal mondo dei sogni e ci piace raccontarli. Bisogna saperli tradurli, ci sono alcune persone che se ne sentono spaventate e alzano un muro di censura, altre che invece dopo il primo sogno si sentono pronti per lanciarsi nella scoperta, che è l’aspetto più bello e più difficile.

Cosa si aspetta da questo lungo periodo pandemico? Crede che siano cambiati anche i sogni? L’impressione è che rispetto ai mesi di lockdown in cui c’era stata una forte riflessione anche inconscia da parte delle persone si sia entrati oggi in una fase post traumatica, quasi abulica. Leggermente depressiva. È d’accordo?

Certamente i nostri sogni sono stati influenzati dalla pandemia, un evento storico che nessuno aveva mai vissuto prima. Sempre, il nostro inconscio, la nostra emotività più profonda, vengono influenzati da input esterni. Figuriamoci in questo momento in cui ci siamo trovati di fronte ad un nemico sconosciuto, nuovo, che ha investito tutta la collettività. Decisamente i nostri sogni sono cambiati, non per tutti ovviamente, ma per chi ha risentito della pandemia che ha toccato corde della sicurezza personale o del nostro senso del pulito, del sentirsi bene e protetti nel contesto di vita. Nelle settimane del lockdown ho sentito diversi sogni angosciosi, di inseguitori spaventosi che arrivavano fin sotto il portone di casa, soprattutto nei più giovani o in chi ha vissuto quel momento come un attacco alla propria persona e alle proprie sicurezze. Spesso ho ascoltato sogni ambientati fuori al balcone di casa, anche a me è capitato di ambientare i miei sogni sul terrazzo o alla finestra, tra le nuvole e tra i palazzi. Perché quella era diventata la nostra realtà quotidiana. Tutto il nostro mondo si era ristretto in pochi mesi quadri, è ovvio che l’inconscio ha tirato fuori questo paesaggio e ha adattato a quel paesaggio le sue visioni e le sue immagini. Tutti abbiamo vissuto questa pandemia oltre che consciamente anche inconsciamente. Sul periodo post lockdown posso solo riferire la mia impressione, perché non sono un terapeuta e non ho dei dati, però credo che durante quel periodo molti di noi abbiano ascoltato molto la loro profondità. È stato un momento in cui tutta la nostra vita si era fermata e ciò che ci rimaneva erano i nostri pensieri, i nostri sogni, le nostre aspettative sul futuro. C’è stato un ritorno a se stessi: oggi col post non credo si possa parlare di un atteggiamento abulico, quando di un atteggiamento tipico dell’essere umano. Noi siamo degli animali sociali, abbiamo bisogno di toccare, di abbracciarci, di stare in mezzo agli altri, questo ci è mancato. Parlo da insegnante, non è stato facile applicare la Dad, non poter guardare negli occhi gli alunni, non poter passare tra i banchi, non poter dare una pacca sulla spalla: si perde l’aspetto umano del proprio lavoro. Non c’è stata una scorpacciata di vita, ma ci mancava il contatto moltissimo. Ma credo che quel lavorio interiore iniziato in quelle settimane credo che non sia andato perso, ho sentito di piccoli cambiamenti intimi, non uguali per tutti.

Spesso si tende a drammatizzare i propri sogni, quanto aiuta un percorso comunitario a risolvere alcuni nodi? Può rappresentare un inizio di percorso di analisi?

Ripeto l’intento di questo percorso era avvicinare le persone al proprio mondo onirico e dare piccoli strumenti di conoscersi e non vedere il sogno come una parte ininfluente della nostra giornata. Per molti la giornata finisce con l’andare a letto e si pensa che le 24 ore siano finite. Non è vero, noi continuiamo a vivere nei nostri sogni e molte ricerche dicono che il nostro cervello di notte continua a lavorare, producendo immagini, rielaborando i contenuti della nostra giornata, trasformandoli in memoria e riorganizzando l’apparato delle nostre conoscenze. Il mio intento era avvicinare le persone al mondo notturno. Se poi questo possa essere l’inizio di una terapia di analisi, ben venga, qualora lo si ritenesse opportuno ci sono figure giuste. Tutto può stimolare la curiosità a volersi conoscere meglio, di sicuro in quella stanza sono venute fuori delle emozioni. Ritrovarsi in una stanza e raccontarsi sogni o riprendere il filo interrotto la settimana precedente ha creato dei legami. Piano piano anche le persone più timide si sono lasciate andare, qualcuno sicuramente ha sciolto dei nodi. Il percorso ha questo valore: riappropriamoci della nostra parte onirica, anche affrontando alcuni nostri nodi. Non sono una psicologa, ma se ho aiutato qualcuno a fare questo ne sono felice.

Che tipo di persone hanno chiesto di partecipare? Hanno già dimestichezza con l’analisi o con servizi di “cura” o ne sono sprovviste?

Le persone che hanno partecipato alla prima edizione erano per lo più adulte, il target era dai 30 ai 55 anni. Persone che per quello che mi hanno detto avevano la curiosità e il desiderio di conoscersi meglio o perché erano affascinati dai sogni. L’arma vincente del percorso è stata la novità, non si era mai creato- o almeno io non ne ero a conoscenza- un percorso che portasse i partecipanti in maniera culturale a conoscere i simboli onirici. Molti sono stati spinti dalla curiosità, qualcuno voleva capire alcuni sogni ricorrenti, ognuno ha le sue motivazioni. Io non sono stata lì ad indagare, perché il nostro non è un gruppo terapeutico. Anche il sentirmi parlare poteva aiutare qualcuno ad entrare in contatto con l’inconscio. È necessario partire dai propri sogni notturni per poter realizzare quelli ad occhi aperti, è necessario capire chi siamo, cosa desideriamo, cosa abbiamo dentro. È una bellissima maniera per capire qualcosa in più di noi stessi. I partecipanti sono mossi dalla curiosità e dalla voglia di approcciare il mondo onirico, che ci appartiene tutti.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.