“Aiutiamoli a fare da soli. Maria Montessori si racconta”, Teresa Porcella traccia la «figura perfetta per un romanzo di formazione»

by Anna Maria Giannone

Medico, pedagogista, filosofa e neuropsichiatra infantile. Conosciuta in tutto il mondo per il metodo educativo che porta il suo nome Maria Montessori ha lasciato un’eredità talmente forte da essere diventata una figura quasi iconica. Ma chi era davvero questa straordinaria scienziata che ha rivoluzionato l’educazione infantile?

Moltissime sono le biografie scritte su Maria Montessori, quella appena uscita per Editoriale Scienza ha la peculiarità di rivolgersi ai ragazzi e alle ragazze di oggi, ma anche agli adulti, per raccontare gli aspetti più importanti del suo pensiero, ma anche i percorsi di vita che ne hanno segnato la formazione. Il libro “Aiutiamoli a fare da soli. Maria Montessori si racconta” è una nuova tappa della collana Donna nella Scienza , dedicata alle figure femminili che hanno fatto della ricerca la propria ragione di vita.

L’autrice Teresa Porcella, filosofa, traduttrice, editor, nelle pagine del volume tesse un ritratto documentato della Montessori, partendo dalla sua infanzia, a cavallo tra ‘800 e ‘900, analizzando il legame con i genitori − Renilde e Alessandro − la passione per il teatro, il suo percorso di studi, le prime scioccanti lezioni di anatomia, la tesi sperimentale in psichiatria. Una parabola che il libro segue fino al 1907, con la fondazione a Roma − nel quartiere operaio di San Lorenzo ­− della prima Casa dei Bambini, in cui Maria Montessori sperimenta per la prima volta concretamente tutti gli strumenti alla base del suo pensiero pedagogico. Una narrazione che procede per episodi emblematici, per raccontare ai più giovani di una donna che, fra le prime in Italia, sfidò il pregiudizio maschile laureandosi in medicina, sacrificò dolorosamente la vita privata per non essere esclusa dalla comunità scientifica del suo tempo, affrontò i preconcetti e l’isolamento, prima di ottenere la definitiva e meritata consacrazione, dando con il suo impegnò un grosso contributo al percorso dell’emancipazione femminile nel mondo. Ne abbiamo parlato con l’autrice del libro Teresa Porcella.

Come ha deciso di accostarsi alla figura di Maria Montessori per raccontarla più giovani?

Mi sono approcciata a questa figura diversi anni fa, scrivendo per Raffaello il libro “I ragazzi Montessori”, in quell’occasione l’editore mi aveva chiesto di far conoscere ai ragazzi Maria Montessori attraverso un giallo che tirasse fuori i principi fondanti del suo pensiero. Già all’epoca avevo iniziato ad accostarmi a questa figura chiedendomi innanzitutto cosa potesse interessare a un ragazzino, di sicuro poco attratto dal suo pensiero pedagogico. Nel leggere le varie biografie specialistiche, in particolare quelle di Grazia Honneger Fresco, ho scoperto un personaggio straordinario, innanzitutto per la sua capacità innovativa: Maria Montessori era una donna energica e allo stesso tempo molto consapevole dei meccanismi della comunicazione, aveva un raro equilibrio fra una molla interna − volitiva, quasi anarchica − e la capacità di gestire la sua relazione con il pubblico. Questo aspetto mi sembrava interessante da far conoscere ai più giovani, anche come percorso di iniziazione per dei ragazzi in crescita. La Montessori si è rivelata una figura perfetta per un romanzo di formazione. Molto importante nella stesura di questo volume è stato lo studio dello scambio epistolare fra Maria Montessori a Giuliana Sorge, una delle sue allieve più vicine, e dei suoi diari. Ho cercato di omologare tutta la scrittura in prima persona del libro alla sua voce, proprio partendo dallo stile narrativo dei suoi diari e provando a farla parlare come avrebbe fatto lei. Nei suoi diari la Montessori racconta i fatti, così come sono avvenuti, ma non tralascia mai il racconto dei suoi progetti interiorii, con una sintassi sempre molto scorrevole ma elegante.

Quali episodi di questa biografia così densa e complessa ha ritenuto più rilevanti da riportare?

Mi interessava tirare fuori una Montessori meno conosciuta, che faceva teatro, che aveva grandi doti di comunicazione pubblica e una profonda consapevolezza di cosa significasse la teatralità del gesto oratorio. Nel libro mi soffermo su alcuni episodi emblematici di questo suo modo di essere. Mi piace ricordare quanto avvenne durante l’inaugurazione dell’Opera Montessori, al cospetto dell’allora ministro all’istruzione Gentile: Maria Montessori salì sul pulpito impugnando dei fogli da cui lesse tutto il suo discorso. A fine giornata il ministro Gentile le chiese quei fogli da inserire negli atti della giornata, ma la Montessori consegnò dei fogli bianchi e confessò: “Avete letto tutti, non volevo sfigurare!”. Ho trovato molto interessante questa parte teatrale della Montessori, così come tutti gli aspetti legati all’esperienza in India e all’approfondimento del pensiero religioso, il suo legame con Ghandi e Tagore e tutta la deriva mistica. Quella esperienza della sua vita è strettamente legata al suo pensiero sull’educazione cosmica, alla sua idea dimettere al centro l’essere umano nella sua infanzia, nel momento in cui si costituisce nella sua natura più forte. C’è un passo bellissimo di una delle sue lettere alla Sorge in cui dice che bisogna lavorare sulla creazione dell’uomo quando è piccolo perché ha un potenziale più alto, non solo di assorbimento del bene e del male, ma anche di capacità di autodeterminazione. “Avrebbe dovuto capirlo Gandi – dice Montessori – che si sta leccando le ferite e continua a parlare a musulmani barbuti e ispidi, troppo tardi e per creare davvero una pace duratura.”

In cosa crede che questa figura abbia avuto un portato davvero rivoluzionario?

Rivoluzionaria non era solo la sua idea della centralità del bambino, è stata rivoluzionaria anche la strada attraverso cui è arrivata all’elaborazione del suo pensiero, il fatto che da donna si sia permessa di avere un atteggiamento ritenuto appannaggio maschile: quello di mettere davanti il suo ruolo pubblico, piegando la vita privata al suo percorso scientifico. Per molti anni la Montessori negò di aver avuto un figlio, perché capì che essere una ragazza madre le avrebbe impedito di essere una scienziata accolta dalla comunità. Rivoluzionario è anche stato il suo rivendicare la possibilità di cambiare idea, non considerandolo come una debolezza ma come un naturale passaggio da un’esperienza ad un’altra: ha sperimentato cose diverse e ha addrizzato il tiro quando ne ha sentito la necessità, è questo quello che fa uno scienziato in laboratorio, abbandona l’esperimento quando riesce, per intraprenderne un altro. Ho trovato molto bello questo suo atteggiamento, culturalmente permesso agli uomini e un po’ meno alle donne, anche in questo la Montessori è stata molto libera e originale. Credo che sia importante raccontare questo aspetto a ragazze e ragazzi che si stanno formando e che a volte si sentono in colpa a cambiare strada o, al contrario, cambiano troppo spesso strada senza aver portato fino in fondo le cose. È importante far capire come cambiare sia legittimo, purché non si sia lasciato nulla intentato.

La figura della Montessori è diventata nel tempo quasi mitica. Il rischio che si corre in questi casi è di svuotarne la complessità del pensiero o addirittura di darne interpretazioni sbagliate. Esistono secondo lei usi impropri del pensiero Montessoriano?

L’immagine della Montessori , in effetti, è stata spesso utilizzata in maniera non corretta. Ci sono scuole che si dicono Montessoriane ma che adottano un sistema valutativo, con calassi formate per età omogenea, fuori da qualunque idea montessoriana, o addirittura scuole private di stampo elitario, quando in realtà l’idea di istruzione della Montessori andava in tutt’altra direzione. Anche nell’editoria c’è stato il boom dei libri e attività Montessori che hanno utilizzato in maniera non pertinente questo marchio.

Uno dei concetti chiave del pensiero Montessoriano è quello dell’educazione cosmica. Quanto di questo pensiero è riuscito a permeare il sistema educativo del nostro paese?

C’è un problema generale del sistema educativo italiano, quello di continuare a pensare che la realizzazione dell’individuo debba per forza essere in opposizione al gruppo. La logica montessoriana, il suo principio dell’educazione cosmica, ci dice che potenziare le facoltà individuali equivale a potenziare l’intero gruppo, come la barriera corallina che filtrando le impurità del mare si potenzia e nello stesso tempo fa un’operazione di ecologia generale. Per molto tempo abbiamo pensato che lo sviluppo del singolo dovesse per forza portare all’anarchia quando invece, portato avanti correttamente, il percorso del singolo consente a tutto l’organismo sociale di crescere bene. Esiste uno sviluppo giusto dell’ego che è anche sviluppo sociale. Questo è un concetto chiave del pensiero montessoriano che credo non sia passato fino in fondo. È importante ribadire ai più giovani che esiste un legame fra individuo e collettività, far capire loro come ci sia una responsabilità non soltanto degli altri ma nostra, che bisogna giudicare la difficoltà e le disfunzioni del singolo dentro il sistema, per cercare di risolverle: questo è prezioso in un momento in cu si tende ad un individualismo spinto e a una facilità di giudizio sommario. L’invito è quello di permanere nell’analisi delle cose prima di arrivare a una valutazione.

Maria Montessori ha dato anche un forte contributo alla causa dell’emancipazione femminile. Che femminista è stata?

Non è stata una femminista accanita, è stata una femminista solida, che ha portato avanti questo discorso pur essendo una donna borghesemente elegante e gentile. Si è trovata ad agire in contesti prevalentemente maschili, a subire anche ingiustizie per il suo essere donna . Nel raccontare la Montessori ho sempre cercato di mantenere un bilanciamento, come lei stessa fa nei suoi diari, fra il riconoscimento delle responsabilità interne e quelle esterne. Cerco di spiegarmi meglio con un esempio che riporto anche nel libro: quando racconta della sua prima autopsia, la Montessori si rende conto di aver percepito come sfrontato l’unico professore che l’aveva trattata alla pari dei suoi colleghi uomini. Nei suoi diari si ferma e riflette su questo episodio e si rende conto di come, probabilmente, lei stessa non fosse ancora pronta ad essere trattata alla pari dei suoi colleghi maschi. Questi aspetti rendono meno eroica la figura del personaggio, più umana, vicina. Raccontare le fragilità di questi grandi personaggi significa semplicemente raccontare di come l’uomo sia complesso e di come anche il più coraggioso abbia sempre paura, invitando i ragazzi ad accattare le fragilità, le paure ma anche a sentirsi non solo vittime o solo responsabili, per aiutarli a scegliere come comportarsi.

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