Blue tango di Eoin McNamee solo nei mercatini dell’usato e certi mediocri raccomandati di lusso letterati di consumo

by Francesco Berlingieri

Wikipedia definisce Eoin McNamee, irlandese di Kilkeel, “autore prolifico”. In effetti ha scritto un botto. A gennaio, dopo salutare imbeccata di un “collega” libraio milanese, ho letto il suo “Resurrection man”. L’altro giorno ho finito “Blue tango”. Stupefatto e, direi, rapito dal suo stile – o dall’eccellente lavoro di traduzione, vai a saperlo – adesso vorrei leggere gli altri due romanzi della serie “Blue”, i tre di quella di Jack Valentine e, tralasciando le sue opere per ragazzi, gli altri tre libri che ha scritto tra il 1995 e il 2007. Ragion per cui domattina faccio un salto alla Cambridge e chiedo di iscrivermi. Perché in italiano non c’è più niente.

Non che sia un male – per carità! – imparare una lingua nuova. E per bene. In questi tempi di globalizzazione, soprattutto. The cat. The window. Ben mi sta.

Che a scuola, invece di ascoltare il professor Gualano, facevo i tornei con le porte di carta.
Ma il focus della questione è altrove. A mio avviso. È nel confusionario e imperscrutabile meccanismo celeste che sovrintende e guida le scelte dell’editoria di casa nostra. Che in questo rende, va detto, l’editoria italiana simile al Dio dei cattolici, che sottopone i suoi fedeli – e l’umanità tutta – ad una serie di spiacevolezze, quando non di autentiche sofferenze, per testarne la fede e rivelare, solo alla fine, i propri disegni. E questo ben oltre quella schiera di impalpabili giallisti italiani pubblicati e riproposti in mille salse di cui ormai non voglio manco più parlare. Ma il perché uno come Eoin McNamee – che scrive di un bene che non si ragiona – non debba essere conosciuto in Italia e debba costringere me, o quelli come me, ad acquistarne le copie superstiti nei mercatini dell’usato, rimane un mistero doloroso.

E il bello è che non è il primo. E non è l’unico.

Ne abbiamo già parlato. Ne parlo spesso. È un chiodo fisso che tende ad appesantirsi di sempre nuovi esempi. Perché una penna come quella di Sorj Chalandon – del quale la meritoria Keller ha pubblicato gran parte della produzione – debba arrivarci monca, è un mistero doloroso. Perché uno come Seamus Deane debba essere ricercato tra i tascabili Feltrinelli sulle bancarelle del corso, è un mistero doloroso.

Del primo – mi ripeto – c’è quest’opera bifronte, atroce e sublime, dedicata a un ragazzo francese e alla sua personalissima causa indipendentista tradita. Un romanzo in due libri. Due libri distinti e separati, ma propedeutici l’uno all’altro. Dei quali, ahimé, uno solo – come nelle saghe medievali – è giunto fino a noi. Perché il primo ha avuto la sventura di essere pubblicato da Mondadori. Che, insondabile come il Dio dei cattolici, a un certo punto ha deciso di ritirarlo dal mercato. Al di là – dettaglio strano e non trascurabile dal punto di vista commerciale – dei dati di vendita, che erano tutt’altro che trascurabili. Specie, poi, per un autore che non godeva e non gode del trambusto pubblicitario del quale godono, invece, certi mediocri raccomandati di lusso. Per questo un romanzo in due puntate, costruito sulla contrapposizione e sulla convergenza di due tesi antitetiche, può essere compreso solo spendendo 40 euro su Ebay. Perché “Il mio traditore” non è più in libreria.
Stesso discorso – più o meno – vale per la prosa saggia e saputa di Deane.

“Le parole della notte” resta l’unico esemplare – in via d’estinzione o già estinto – della sua vasta produzione letteraria. Perché qualcuno ha deciso che – boh – non valesse la pena darsi la pena di tradurlo ancora.

E che dire di Michael Gregorio? Una saga prussiana in quattro volumi che aveva avvinto decine di migliaia di lettori rimasta troncata al terzo, perché l’Einaudi – bontà sua – ha stabilito che il libro conclusivo dovesse rimanere ignoto. Come un noir nel noir. Bloccandone, tra l’altro, i diritti. Roba che se l’autore volesse trasferirsi armi e bagagli altrove, beh, non può farlo.
La situazione è questa. C’è un’idea di mercato, di letteratura di consumo, che travalica e ignora tanto le rese quanto i dati di vendita dei letterati di consumo. Paradosso dei tempi nostri.
Di McNamee, per chiudere il cerchio, posso dire che raramente mi è capitato di avere a che fare con una tale cura delle parole usate per disegnare una frase. Che rarissimamente mi è capitato di partecipare così gioiosamente alla costruzione di un impianto narrativo tanto originale da risultare, alla fine, quasi ovvio. Come quando un amico ti racconta dei suoi percorsi interiori. E tu, senza sapere perché, lo capisci prima ancora che finisca il racconto.

Niente. Non l’avete letto? Peccato. Pazienza. Non potete farlo. Leggetevi De Silva. Che ha scritto l’ennesimo raccontino d’amore. Ed è primo nella classifica delle vendite nazionale, ‘sta settimana.

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