Gabriella Genisi e il Salento in chiaroscuro di Chicca Lopez (mentre Lolita Lobosco affronta il caporalato di Capitanata)

by Enrico Ciccarelli

Gabriella Genisi, un certo numero di anni ottimamente portati, è una delle principali figure del thriller italiano. Un nero di Puglia incarnato dalla vicequestore Lolita Lobosco, cui la giunonica Luisa Ranieri ha prestato viso e corpo nella trasposizione televisiva che le ha dato più vasta fama e successo. Da un po’ c’è in famiglia una nuova nata, la maresciallo dei Carabinieri Chicca Lopez, che fa il suo lavoro di investigatrice in Salento. Donne forti, appassionate, intense, per nulla accomodanti con il costume di casa e le cattive abitudini del Sud, entrambe con un vissuto problematico (Lolita per il padre contabbandiere assassinato, Chicca per un orientamento sessuale non del tutto definitivo, che al momento la vede in relazione con un’altra donna).

Di Lopez è appena uscito, sempre per i tipi di Rizzoli (mentre le inchieste di Lolita sono pubblicate da Sonzogno), il secondo romanzo, La regola di Santa Croce. È fra le trine di marmo, i fregi e le statue dell’opulenta facciata della Basilica leccese che durante i restauri (veri) emergono un nome di donna e un numero che non direbbero niente ai più, ma portano la giovane militare sulle tracce di un cold case, una scomparsa irrisolta di tre decenni prima (le indagini fredde sono ineguagliabile sfida per tutti gli investigatori della letteratura, perché rappresentano enigmi puri, liberati dalle passioni della contemporaneità e riscattano destini condannati all’oblio, che è poi il lavoro di ogni scrittore).

A bordo della sua Triumph Bonneville la giovane investigatrice con la coda di cavallo percorrerà i sentieri del suo Salento in chiaroscuro, sospeso tra la luce abbagliante del sole meridiano, l’infinita dolcezza dei versi di grandi cantori di quella terra come Girolamo Comi e il buio della specie, le oscurità ancestrali dei riti orfici come la taranta, gli inferni privati che ha sfiorato chiunque abbia sentito parlare di Sarah Scazzi. Mistery dall’oliato e accurato ingranaggio, come è proprio della scrittrice, il romanzo ci restituisce un Salento lontano dagli stereotipi dell’oleografia turistica, una terra con i suoi novantanove paesini che sono in realtà uno soltanto, appariscente e segreta come la facciata della sua Basilica.

Di fronte allo scelto pubblico della Cremeria Letteraria di Lucera, ospite di Giuseppe Grasso, intervistata con delicatezza e abilità da Michele Colucci, Genisi è palesemente a suo agio, e non fa mistero anche delle sue irrequietudini rispetto ai dazi della seriaità. L’autrice non è nata come giallista, e pare che il suo La teoria di Camila, uscito nel 2018, sia un piccolo gioiello. Così, scherza lei, “Ogni tanto dico che smetto, che rompo i contratti e restituisco gli anticipi. Poi però mio marito mi ricorda che li ho già spesi.” La croce e la delizia del successo, come ha spiegato Camilleri parlando di Montalbano, sta nella necessaria ripetitività: impensabile un romanzo di Lolita, ad esempio, privo di saporite ricette della cucina barese e di qualche intrigo d’alcova. In compenso possono cambiare –e cambiano- le coordinate geografiche: la prossima indagine della vicequestore Lobosco, con il romanzo Terra rossa, in via di consegna, avrà come argomento il caporalato e come teatro le campagne e i ghetti del Tavoliere, fra Cerignola e Borgo Mezzanone. Si annuncia poi uno spin off della serie, con uno degli agenti della squadra di Lolita che si troverà a lavorare a Manfredonia. Il nero di Puglia ha ancora molto inchiostro da versare.

(Nel video l’intervista a Gabriella Genisi).

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