I consigli di Velasquez: la lamentazione contadina

by Francesco Berlingieri

Alessandro Marchi
Tu non ci credere mai
(Libro/mania, 432 pagine, 9,90 euro)

Aldo Simeone
Per chi è la notte
(Fazi editore, 284 pagine, 16 euro)

Casualità o predestinazione. Fatto sta che sono arrivati assieme. In tandem. Assieme sono planati sul cumulo fossile dei libri da leggere. Ed assieme, come spesso capita, hanno avuto la precedenza su quelli che, offesi e amareggiati, aspettano già da un po’.

Tu non ci credere mai, di Alessandro Marchi e Per chi è la notte di Aldo Simeone, adesso, sono per me due libri che tendono a convergere, rami che si sfiorano.

Che affondano le proprie ostinate radici ai due lati dell’Appennino. La Garfagnana e i colli bolognesi. Con una linea – gotica – a meridione.
C’è da dire che Marchi lo conoscevo già prima. Gli avevo scritto ai tempi di Fegato e cuore, gli avevo raccontato un’avventura che aveva a che fare con le peregrinazioni transalpine di un suo volume, l’ho introdotto nella Foggia bene, diversi anni orsono. Simeone, invece, no.   

Mai, nella simultaneità della lettura, avrei scommesso sulla similitudine.
È l’Italia contadina, la grande protagonista di entrambe le fatiche. Quella della terra generosa e spietata, strappata e contesa agli elementi. Quella scomparsa dalle mappe. Sommersa dall’acqua di un lago artificiale negli anni del Boom economico, come la Bosconero di Simeone; o chiusa per lutto, con le finestre sprangate e le cucine disabitate, come la Montesole di Marchi. L’Italia delle famiglie numerose, delle mani spaccate nei campi, dei lunghi inverni freddi. E dei figli sradicati per partire militare. I mari lontani delle avventure coloniali di cui favoleggiano le lettere di Primo, in Simeone; l’Africa reale, che strappa l’innocenza ad Aldo, in Marchi. E la guerra. La guerra che non rispetta il bosco e i suoi misteri, che brucia le case, che taglia la testa agli uomini e ai conigli, che costringe a diventare adulti, a tappe forzate. La prospettiva, il punto di vista, è asimmetrico e diagonale: dal basso in alto.

Il basso della statura dei bambini che osservano gli adulti, delle vittime che guardano i carnefici, dei poveri che fissano il mondo nell’attimo in cui questi gli si rovescia addosso. Marchi è secco, spietato. Non esistono parole in più, suoni superflui. Ogni termine è quel che deve essere. Simeone, invece, s’innalza sulla lingua dei sogni popolari per restituire letterariamente all’infanzia ciò che l’orrore le ha strappato, per sempre. Ma in entrambi i casi, ne vien fuori un canto contadino, che s’oppone al cantico retorico della guerra di regime. La storia dei sommersi e i soprusi dei salvati. Le vite devastate di chi era felice della propria semplicità. E, fino all’arrivo del mostro, non se n’era mai accorto. Non ci aveva mai fatto caso. La quotidianità stravolta, il fiume del tempo che esonda e deraglia irrimediabilmente.

In Per chi è la notte, Pacifico/Francesco è un ragazzino introverso, figlio di un disertore, che s’affaccia alla vita dei grandi col proprio bagaglio di paure e di certezze: la paura dell’immenso bosco impenetrabile, la certezza degli “streghi” che lo abitano come una maledizione. Fuori, nel piccolo mondo, ci sono camice nere e tedeschi. E, forse, partigiani. Tra cui, forse, il papà. E un prete che nasconde bambini ebrei o figli di comunisti alla macchia. E una comunità che, attonita, con la sua dote di scarso coraggio e plurime miserie, si vede attraversare dal secondo conflitto mondiale come da un rogo. Francesco/Pacifico scopre l’amicizia e la solidarietà, sperimenta la perdita e il dolore, plasma sé stesso sul paese che crolla.

In Tu non ci credere mai, Aldo (disegnato sul nonno dell’autore) è un giovane uomo, un contadino che vive di fatica e di raccolto, spedito a giocarsi la sorte in Etiopia, dove si trova faccia a faccia con l’abominio dell’impresa coloniale e con la propria epilessia; Aldo è un riformato, quando le truppe nazifasciste circondano Montesole e fanno strage dei suoi abitanti; è un padre di tre figli, un vedovo, un “matto”, il “matto” del paese. E la sua storia è quella di un uomo, grande nella sua piccolezza prospettica, che combatte l’impari lotta contro una vita imposta da generali, gerarchi e dottori. Tra i colli bolognesi di Aldo e la Garfagnana di Francesco/Pacifico ci sono gli Appennini. Più o meno a quell’altezza i rami delle due storie finiscono per congiungersi ed aggrovigliarsi in un’unica, sofferente, lamentazione contadina.

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