La buona politica cura il (comune) destino

by Felice Sblendorio
Solinas politica

“Che cosa manca dunque oggi? Riconoscersi come una comunità di destini”. Coinvolge sin dall’inizio Max Weber il prof. Paolo Pombeni, professore emerito presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Bologna, nel suo interessante pamphlet uscito da poco in libreria e intitolato “La buona politica” (il Mulino, pp. 139, € 12,00). Il libello del politologo e storico bolognese, cattolico democratico e uno dei più lucidi studiosi italiani di scienza politica, è un manifesto interessante per ritrovare alcuni tratti dimenticati dell’amministrazione giusta del bene comune.

In un momento così fluido per le democrazie contemporanee, ammantate da un diffuso pessimismo e dall’incapacità di fronteggiare tecnicamente e concettualmente fenomeni come il populismo, la demagogia e l’implosione dell’opinione pubblica mediata, Pombeni riprende alcuni punti cardini per creare una nuova scienza politica capace di coniugare cultura, linguaggio ed esperienze di vita comune per attraversare con successo la difficile transizione in cui ci è toccato vivere. 

Sorvolando sulla cronaca politica, il libro è una mappa utile per orientarsi nella complicata avventura dell’arte del governo. Con lo sguardo ottimista e razionale dello storico, andando oltre alcuni atteggiamenti intellettuali criticati nel libro che organizzano il pessimismo cullandosi in una sorta isolamento autoassolutorio, Pombeni crede in un possibile cambio di passo perché, come scrive nella conclusione del libro, non è utopia dell’impossibile auspicare un cambiamento. Presentare ricette dettagliate per raggiungere questo risultato sarebbe folle. Non ne esistono, né è possibile costruirle a priori. Nascono dal sommarsi continuo di elementi, dalle dialettiche che si instaurano fra gli uomini e le donne di buona volontà, dalle disponibilità operose a costruire un destino per sé e per la propria comunità anziché farselo imporre da altri o dal caso. Utopistico? Basterebbe conoscere un po’ di storia per sapere che se gli uomini ce l’hanno fatta tante volte nel passato, non si vede perché non dovrebbe continuare ad essere possibile oggi. Che la storia sia finita non lo crede più quasi nessuno. Per fortuna”.  

La storia finita e la democrazia conquistata per sempre, si sa, sono temi friabili: come uscirne allora? L’influenza di Weber porta Pombeni a ragionare sull’importanza di riconoscersi come una “comunità di destini” dentro un “un patto che ci lega”, che dovrebbe sprigionare la funzione alta della politica, la capacità di esercitare l’arte del possibile, la costruzione di una cultura politica in grado di unire i singoli e gruppi sociali nella costruzione del senso di mondo presente nell’arena della società civile.

Un passo culturale che unisce realtà in evoluzione, interpretazioni storiche dei fenomeni che ci circondano, capacità di amministrare l’oggi pensando al domani. La ragione politica occidentale, sorretta dall’impianto delle solide costituzioni, come necessità per capire o per illudersi di capire, prima di tentare quel mondo di mezzo, popolato da venditori di oppio e demagoghi, dove “ci si accontenta anche di un oppio poco raffinato e di qualità scadente”. 

Così il recupero dell’importanza delle agenzie culturali e politiche, il carburante essenziale del bene comune (oramai corrotto e decaduto), la necessità di sviluppare una cultura della responsabilità sociale che gravi sulle decisioni di ogni individuo pubblico. 

Nell’atto del possibile, della responsabilità morale e della simbiosi pratica dell’individuo-società può diventare reale quell’idea “utopistica” di cambiamento. Un cambiamento possibile con una base comune per una concezione da riscoprire della democrazia: non un metodo ci ricorda Pombeni a cui affidare il libero dibattito, le decisioni, la risoluzione delle divergenze con una pronuncia elettorale, bensì un sistema. E un sistema è una connessione unitaria di elementi: civili, morali, ideali e reali per ridare alla politica quella forza possibile di cambiare e migliorare il destino: che è condiviso (fra di noi), vincolante. 

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