«La vita ci arricchisce e ci consuma, ci rende forti e ci logora». Elvira Lindo racconta “A cuore aperto”

by Agnese Lieggi

Ognuno di noi è sorretto dalle proprie radici e le proprie storie familiari, queste storie scorrono nelle nostre vene e spesso inevitabilmente caratterizzano le nostre vite. Ogni famiglia vive la sua epopea, le sue  tragedie, la sua strada percorsa.

A cuore aperto, della scrittrice spagnola Elvira Lindo, è un romanzo che tocca la fibra del lettore; un libro che parla di famiglia attraverso una narrazione profonda che scava nella porosità della memoria, raggiungendo valori universali, in cui ogni personaggio del suo ambiente familiare prende vita e spessore letterario. All’interno del incisivo omaggio alla sua famiglia, la scrittrice racconta la sua storia attraverso un doppio filo di narrazione, da un lato la figura del padre Manuel, con una vita segnata dalla sua infanzia non facile, vissuta nel dopoguerra spagnolo, e dall’altra la malattia di sua madre descritta con particolare emotività. Il racconto, disteso attraverso gli occhi e la tenerezza dapprima di Elvira bambina poi adolescente e infine donna, scava dettagliatamente in tutte le sfumature dei suoi personaggi, e A cuore aperto è proprio il titolo del capitolo chiave della narrazione. Il romanzo è arricchito da versi della poetessa portoghese Sophia De Mello, immagini e testi di canzoni che rappresentano una vera e propria colonna sonora del libro che si distende per l’intera vicenda. A cuore aperto, può essere paragonato a romanzi come Pedro Páramo di Juan Rulfo, Lessico familiare di Natalia Ginzburg, la lunga vita di Marianna Ucrìa di Dacia Maraini, per una certa l’affinità con le saghe familiari e la certa ricerca nel passato di quelle tracce così determinanti sia per il nostro presente che per il nostro futuro.

Elvira Lindo Garrido, scrive da quando aveva nove anni. Ha iniziato a lavorare per Radio Nacional de España, dove ha lavorato come sceneggiatrice, presentatrice, opinionista e presentatrice. È una scrittrice e giornalista spagnola. Ha ideato Manolito Gafotas/Manolito Quattrocchi, il ragazzo madrileno che ormai è un classico della letteratura spagnola per bambini (ha già compiuto 25 anni!), fu il suo primo romanzo per bambini costruito attorno a uno dei suoi personaggi radiofonici, che lei stessa interpretava alla radio. Nel 2000 ha iniziato a collaborare con il quotidiano El País con la sua rubrica intitolata Tinto de Verano, una rubrica centrata sulla cronaca familiare arricchita da una buona dose di umorismo. Elvira Lindo approda anche a teatro scrivendo “El niño y la Bestia”, una performance di fusione tra letteratura e musica, dedicata all’infanzia di suo padre trascorsa a Madrid.

Abbiamo l’opportunità di dialogare con la scrittrice, ringraziandola in anticipo per la sua disponibilità.

Elvira, com’è nato il coraggio di fare questo esperimento così profondo sulla storia della tua famiglia?

Ho sempre voluto scrivere un libro su mio padre, un uomo di grande carattere, straordinario, molto estroverso, che ha avuto una vita ricca di esperienze fin da bambino e che ha determinato la mia vita e il mio modo di essere. All’inizio volevo scrivere un libro umoristico su di lui, ma poi ho capito che senza raccontare la parte drammatica della sua vita, il personaggio non sarebbe stato capito. Ecco perché sono risalita agli anni della sua infanzia, a mio padre bambino, figlio della guerra e del dopoguerra, ed è per questo che mi sono concentrata anche sulla storia d’amore dei miei genitori, piena di chiaroscuri, passione all’inizio e distacco alla fine della vita di mia madre. In realtà il libro racconta come la vita ci arricchisce e ci consuma, come ci rende forti e allo stesso tempo ci logora.

“Lo stato d’animo della mia casa dipendeva dalle liti e dalle riconciliazioni dei miei genitori”. Qual è stata la parte più difficile da scrivere nel romanzo?

L’intero romanzo è stato difficile, perché la struttura, il modo in cui è raccontata la storia è stata pensata e ripensata mille volte. Ho voluto narrare la vita dei miei genitori nel presente delle loro vite, per non avere la tentazione di giudicarli; al punto tale che ci sono momenti in cui entro nei loro pensieri nei loro anni fanciulleschi o giovanili, successivamente racconto la storia con la mia voce da bambina o da adolescente. Volevo che il libro fosse ricco di voci e di sguardi, e credo di esserci riuscita sfruttando le diverse voci che ho avuto nel corso della mia vita. È stato difficile raccontare la malattia di mia madre, lo shock che ha causato ad una bambina di 10 anni assistere alla sua decadenza fisica. la morte è un argomento sempre difficile da raccontare. Per fortuna, il libro possiede dei tratti di umorismo e di tanto in tanto il dramma cede il passo alla comicità. Per me questo è fondamentale. Come nella vita.

In che modo i tuoi fratelli hanno accolto A cuore aperto?

Gliel’ho dato da leggere immediatamente dopo la pubblicazione, ma non prima, perché non volevo correzioni, non volevo che intervenissero sul mio punto di vista. L’hanno letto in una notte e sono rimasti stupiti da come è costruita la storia e dalla lealtà con cui ho ritratto i miei genitori. Ho dovuto raccontare circostanze e situazioni in cui non ero presente, ma l’ho sempre fatto pensando ai personaggi, al loro modo di agire. Penso che sia stato come un processo di possessione. Durante la stesura del libro le voci dei miei genitori non hanno smesso di parlarmi.

Quando in casa trovi il film in Super 8 dici: “mia madre torna improvvisamente nel mondo dei vivi.” Che valore hanno gli oggetti che appartengono alla memoria dei tuoi genitori?

Hanno moltissimo valore perché il fatto che abbiamo effettuato così tanti traslochi, ci ha fatto perdere molte delle loro cose. Inoltre, nemmeno le apprezzavamo  come in questo momento. Rimpiango tutto ciò che ho buttato via o considerato inutile. Adesso conservo qualsiasi oggetto, lettera, fotocopia, documento in scatole e di tanto in tanto li guardo. Ogni volta scopro qualcosa di nuovo. In realtà, il libro avrebbe potuto essere molto più lungo. È stato un trauma consegnarlo all’editore. Ho una scatola con gli oggetti di mia madre: il suo orologio, un braccialetto, una medaglia, un portapillole. Tutto semplice e bellissimo.

Chi sono i tuoi genitori intellettuali in letteratura?

Molti. Non potevo fare a meno di nominare Cechov, Munro, Ginzburg, Cervantes… Le mie influenze sono tanto eterogenee quanto lo è la letteratura stessa.

Che libro sta leggendo Elvira Lindo?

Ho appena terminato un meraviglioso libro di memorie, Trilogia di Copenhagen, del danese Tove Ditlevsen di cui ho scritto una recensione all’interno del supplemento letterario di El País. Un mese fa ero a Roma e la poetessa Maria Grazia Calandrone mi ha regalato Splendi Come Vita, un libro di una bellezza travolgente. Spero che si traduca in Spagna.

A cuore aperto è pubblicato da Seix Barral (in lingua spagnola) mentre in Italia pubblicato da Guanda nella traduzione di Roberta Bovaia.

*Traduzione a cura di Agnese Lieggi

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