«Le persone al centro, con la loro umanità, i loro bisogni e i loro sogni». La “Post economia” di Francesco Maggio

by Anna Maria Giannone

Che già da tempo vivessimo un’epoca di “post” è cosa nota. Post democrazia, post verità, post società, post modernità e molti altri post ancora sono da tempo oggetto di ampia discussione.

L’esplosione del Covid non ha fatto altro che acuire un bisogno diffuso di traghettamento da un prima a un dopo in una moltitudine di ambiti. Inspiegabile, invece, l’assenza nel dibattito pubblico della post economia se a colmare una simile lacuna non ci avesse pensato Francesco Maggio, con il suo nuovo libro intitolato appunto “Post economia” (Armando editore). Scritto a ridosso dello scoppio della pandemia la tesi principale sostenuta nel volume di Maggio, economista e giornalista da molti anni attento, con i suoi libri, ai rapporti tra etica, economia e società civile, ruota attorno a una considerazione di fondo: riposizionare al centro del discorso economico la persona.

Lo abbiamo intervistato:

Cosa intende esattamente per centralità della persona?

Finora l’economia è stata appannaggio pressoché esclusivo di teorie economiche astruse e irrealistiche elaborate da economisti boriosi e inconcludenti, spesso al servizio di questo o quel centro di potere di turno dietro lauto compenso. La finanza poi ci ha messo del suo dematerializzando l’economia e rendendola oggetto di speculazione. La politica, a sua volta, si è rivelata incapace di comprendere le dinamiche e l’impatto sociale di scelte che essa stessa compiva, magari proprio dietro suggerimento a pagamento di certi economisti. La società civile organizzata, infine, non di rado ha abusato della sua apparente “presentabilità” come fautrice di solidarietà per scopi non sempre cristallini. Era inevitabile si creasse un corto circuito in cui a rimetterci sarebbero state la maggioranza delle persone in carne ed ossa. E infatti mai le diseguaglianze sono state così ampie.

Francesco Maggio

Cosa allora bisognerebbe fare?

Una sorta di grande reset. Il che non vuol dire che tutto sia da buttare. Però c’è bisogno di un nuovo pensiero economico, di nuovi attori in campo, di nuove parole d’ordine che non siano le usurate, per ricordarne alcune, transizione ecologica, innovazione, sostenibilità, resilienza, meritocrazia, eccellenze, competenze, Pil. Tutte parole apparentemente evocative di chissà quali “magnifiche sorti e progressive“ di leopardiana memoria ma, in realtà, quasi sempre vuote e piene di contraddizioni. E nel mio libro svelo, tra le altre cose, proprio il grande inganno che si cela dietro alcune di queste parole, come per esempio meritocrazia ed eccellenze.

E’ vero. E lei ne parla peraltro proprio in un capitolo dedicato al Sud cui attribuisce addirittura l’ambizioso obiettivo di “reincantare il mondo”. Cosa vuol dire?

L’espressione è del poeta meridionale Franco Arminio che una volta ha scritto che «se il Nord è efficiente e disincantato, quello che può fare il Sud per il mondo è tornare a reincantarlo». La pandemia ha dimostrato, soprattutto in regioni come la Lombardia, che il Nord non è affatto così efficiente come si pensava. E il suo disincanto a volte coincide con un cinismo che non aiuta affatto a creare fiducia per ripartire. Il Sud, al contrario, pur con tutti suoi annosi problemi dalla cui soluzione, ovviamente, non si può prescindere, è depositario di un pensiero mediterraneo, o meridiano come avrebbe detto il compianto sociologo Franco Cassano, non centrato sulla velocità e la competizione esistenziale a tutti i costi come unico terreno sui cui misurarsi. La convivialità, il rapporto armonico con l’ambiente, una certa lentezza, l’ospitalità, la gentilezza sono fattori anch’essi economici, di cui il Sud abbonda, altrettanto competitivi per una buona economia. In un mondo da decenni frastornato dalla regola liberista per cui l’uomo è lupo per l’altro uomo, bisogna far spazio a una post economia in cui tornino protagoniste le persone con la loro umanità, i loro bisogni e i loro sogni.

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