Nasce “Metaphorica- Semestrale di Poesia”: L’intervista a Saverio Bafaro tra poesia e psicoterapia come conoscenza e prassi dell’Anima

by Giammarco Di Biase

Nasce “Metaphorica- Semestrale di poesia”. E quando nasce una rivista del genere (di cui ho avuto in anteprima i primi due preziosi numeri da Saverio Bafaro, poeta e psicoterapeuta nato a Cosenza nel 1982) mi sento chiamato alle armi. Metaphorica, come pochissime altre realtà letterarie in Italia, è sopravvissuta con i denti ad un mondo di carta sempre più desueto: un universo scomposto nei pixel che fingiamo di schermare, di padroneggiare ma che, in realtà, ci rema contro: sfrigola negli occhi come un’alchimia fasulla il gioco di un prestigiatore sulle macerie del mondo.
Finirà mai questo spettacolo nefasto? Forse mai. Ma perlomeno, possiamo lucidamente, corromperlo.

Ho la necessità (per chi mi conosce, lo sa) di fare luce sulla mia “scoperta”. Predispormi a questa salvifica “chiamata”, nel migliore dei modi, imbellettato di occhi e testa lontani da qualsiasi schermo “per toccare, annusare e gioire” della poesia stampata. Anzi, ho l’estremo privilegio (sentimentale ancor più che romantico) di portare i volumi ovunque vada: un impaginato che ci sorprende nella resa finale. Soprattutto, ho il compito autoimpostomi di far conoscere le prime due monografie in equilibrio tra le mie mani (ferite dalle battute asettiche e monocromatiche dei tasti) sul vuoto precipizio di quest’era. Metaphorica è (cito testualmente l’Ouverture di Saverio Bafaro) “la mia ritrovata pace con la comunità poetica, ancor più lontano dagli invischiamenti settari e dalle logiche di appartenenza a fazioni: è uno spazio libero dove poter selezionare e accogliere riflessioni di valore, un contributo collettivo per chi intravede, nei versi, una possibilità di scoperta e cambiamento: ne sono i destinatari tutte le generazioni, i tecnici come i neofiti, per poter richiederci, insieme, dove e come incontrare i poeti italiani e stranieri contemporanei, i grandi versificatori del passato.

Il primo numero è ben collaudato: diviso per “Inediti”, “Traduzioni”, “La poesia si racconta”, “Interventi” (con alcuni esordi poetici) e “Saggi”, tra cui spiccano la monografia sulla poesia di Leonardo Sinisgalli (“La poetica della dicotomia esistenziale di Gisella Blanco) e il testo su Antonia Pozzi di Matteo M. Vecchio “ Antonia Pozzi, non per vie traverse”, cucite tra una pagina e l’altra dalle opere d’arte di Gianfranco Basso. Nel secondo volume sono contenuti i componimenti di Piero Crida, bellissimi inframmezzi che riposano intelletto e cuore, una “dimensione” che suscita emozioni in linea con i testi acquerellati.

Chi è Saverio Bafaro?

Saverio Bafaro è principalmente uno psicoterapeuta: il mio ruolo professionale si sovrappone, sempre più, all’uomo che lo contiene. Il mio lavoro, in questo senso, è una vocazione assoluta, qualcosa che è “chiamata fuori” e necessita di esprimersi, facendomi percepire al posto giusto nel momento giusto, con una intenzione e una missione nel mondo. Stessa percezione di quando l’attività poetica iniziò in me. Ma con la poesia, come si sa, non si ottiene guadagno (materiale) e occorre “sacrificare” quella passione primigenia, affiancandola con un “mestiere” più canonico e riconosciuto. Il poeta dentro lo psicologo aveva preso, tuttavia, a dischiudersi pian piano dal suo guscio, sin da molto tempo prima della “professione adulta”, osservando e ascoltando in maniera più attenta, escogitando una modalità per entrare più a fondo nella vita, facilitato dai sensi più nitidi della fanciullezza. Solo col tempo, però, è uscito fuori dalla sua camera, sul finire dell’adolescenza, comprendendo che bisognava andare “là fuori” per comunicare e condividere quel fuoco, nobilitandolo attraverso una messa a disposizione.

Quale relazione lega poesia e psicologia nella tua personale esperienza?

Sia la poesia che la psicologia sono conoscenza e prassi dell’Anima. Tra i mezzi letterari la poesia è quello più economico e sintetico, ma, in fondo, anche quello più difficile e complesso, così come è difficile e complesso partecipare a pieno al vissuto di un altro essere. Di recente – e trovo ciò straordinario e “sacro” (ritorna la parola con un senso positivo, di dono e ricompensa) – mi sento poeta nella stanza di terapia, lì dove creo in tempo reale e irripetibilmente metafore “a quattro mani” con e per i pazienti. Sono espressioni, gesti, parole, immagini che spesso rimangono nell’aria – come sospese e in un’implicita attesa – altre volte, più fortunatamente penetrano dritte nella carne, producendo un sorprendente cambiamento. Una delle grandi lezioni tratte dalla mia professione è stata distinguere il parlato, l’azione irripetibile e spontanea – nello scambio emotivo e sostanziale con l’altro – dallo scritto, in cui predomina l’Io isolato, individualista e troppe volte narcisista, nella pretesa di imporre di sé una traccia. Questa “filosofia” mi ha fatto temporeggiare e riflettere maggiormente nel produrre “miei” testi, facendomi votare maggiormente alla critica letteraria e alla curatela di testi altrui. Dopo un lavoro di integrazioni delle parti “poetiche” e “psicologiche” sento che la mia figura umana è più consistente e coerente, che il privato e il pubblico si sono riusciti ad abbracciare, vincendo sulle separazioni.

Quali sono i tuoi nuovi progetti in campo letterario?

Da oltre un anno a questa parte sono impegnato nella direzione e cura di pubblicazioni monografiche tutte dedicate alla poesia. Questi libri si chiamano Metaphorica. Semestrale di Poesia coraggiosamente pubblicati – sull’onda del mio entusiasmo e ottimismo – dall’editore Alfredo Catalfo, titolare delle Edizioni Efesto. La lettura in genere, e poetica nella fattispecie, necessita di un supporto cartaceo, “estetico”, in maniera tale che possa farci tornare bambini, produttori di immaginazione. Non è un caso che il titolo è stato coniato proprio a partire della figura retorica centrale della creatività umana: la metafora, presente non solo tra le sillabe di un versificatore, ma anche nelle conversazioni di tutti i giorni, investendo ogni arte, scienza e contesto del vivere, sin da quando l’uomo si è formato nella storia del pianeta. La risposta degli amanti della poesia è stata notevole, l’investimento e l’unione delle passioni ha creato una comunità vibrante che, insieme, sostiene questo progetto di divulgazione, con un’ottica plurale e interdisciplinare. Nelle uscite, non a caso, figura fissa nell’indice ‘Intersezioni’ in cui la Poesia si interfaccia, di volta in volta, con altri saperi (‘Poesia e Scuola’, ‘Poesia e Poetry Slam’, ‘Poesia e Pittura’, etc.), facendone emergere i punti di contatto. Altre sezioni e rubriche fisse sono, ad esempio: ‘La poesia si racconta’, in cui un poeta affermato disvela la storia dietro la scelta di un suo componimento significativo; ‘Profili della Memoria’, un’operazione di salvaguardia del ricordo di importanti poeti scomparsi; ‘Rhetorĭca’, in cui si vuole mostrare come la poesia, al pari delle altre arti, non è solo espressività sentimentale, ma studio e tecnica. Sdoganare la poesia da un mondo chiuso e solitario, troppo ritirato o appartato, fare in modo che essa possa scendere in piazza tra le persone, scritta sui muri metropolitani, avvicinarla alla gente, col sogno di fare in modo che Metaphorica non sia soltanto ad appannaggio degli specialisti, ma che possa essere scoperta, ad esempio, dagli studenti, diffusa tra i loro insegnanti, adottata come strumento di approfondimento didattico. Si può lanciare la sfida di dare una nuova idea a chi ha abbandonato il mondo della poesia molti anni fa disamorandosene? Spero di sì, scalfendo pazientemente il preconcetto rigido o stantio che la circonda, per finire potenzialmente tra le mani di tutti, senza distinzioni.

Ci sarà modo di poter partecipare a una iniziativa nel nome di Metaphorica?

Certamente. Grazie all’accoglienza di una mia iniziale proposta “WeSpace” – Associazione culturale e Galleria d’arte in Napoli, realizzerà, a breve, un mio desiderio: far convivere la presentazione della rivista con l’esposizione delle opere d’arte contenute nei primi due volumi, quelle, ovvero, di Gianfranco Basso – di cui ho scelto dei lavori in cui viene adoperato, su vari supporti, il cucito (il filo è anche la parola) – e di Piero Crida – un’antologia della sua vasta produzione di maestro indiscusso dell’acquerello e della grafica –, i loro lavori figurano sia in copertina che all’interno della stessa rivista, tra una sezione e l’altra, compendiando un vero e proprio dialogo e convergenza tra parola e immagine, nonché un vero e proprio catalogo d’arte, conferendo, così, doppia funzione al libro stesso: “leggerlo” ma anche “vederlo”; quel giorno li si potrà ammirare dal vero. Mano, dunque, alle agende per segnarvi l’appuntamento: sabato 25 febbraio, dalle ore 18,30, presso Vico del Vasto a Chiaja, a Napoli, ci sarà la presentazione e il vernissage di Metaphorica N. 1 e N. 2. Ne parleranno con me Vincenzo Crosio, Rita Pacilio ed Enzo Rega. Sarà una occasione in cui toccare con mano il produrre un libro colmo di storie, per farne intrecciare chissà quante altre, con l’arte dell’incontro, nel nome, per cui ci battiamo quotidianamente, di una cultura sempre meno “astratta” e “digitale” e, invece, sempre più “concreta”, “ancorata” e “reale”.

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