Niente di vero di Veronica Raimo e i concetti ambigui di tutte le storie

by La Magna Capitana

“Oca, non ci credo, ancora non hai imparato?”

Si può raccontare il proprio senso di inadeguatezza con tanta grazia?

Una figlia e un padre che muore: una figlia adulta che non sa leggere l’orologio con le lancette e un padre ancora giovane in ospedale, che fino a poco prima tirava su muri per dividere e grida al cielo per bestemmiare?

Veronica Raimo, con Niente di vero, Einaudi 2022, vincitore del Premio Strega Giovani e finalista della 76esima edizione dello Strega, vinta da Mario Desiati ricorre al “concetto ambiguo” della storia, al potere che ogni racconto ha in sé di velare e di svelare, di dire tutta la verità oppure nulla che le somigli.

Su questo equivoco, che è il tranello stesso di ogni vita, l’autrice racconta di sé e della sua famiglia, attinge all’ironia, senza per questo rinunciare alla riflessione, alle domande ci riguardano tutti.

É un gioco di specchi, la Veronica raccontata da Veronica, una crocetta alternata al gioco del vero-falso.

Da bambina ha spacciato per suoi due dipinti rubati, iniziando così una lunga carriera di non-sé.

Non guida, Veronica, non si è mai sposata e mai ha voluto figli, cerca gli “omissis” nelle traiettorie transgenerazionali della sua famiglia, quelle linee da madre a figlia, da nonna a nipote, che si interrompono per un non detto, che poi rispunta (chissà?) quando nessuno si ricorda di te, quando non ti ri-conoscono, quando il segno non lo lasci mai, come se camminassi senza peso e senza tracce d’orma.

Mentre leggi ridi forte quando “C’è Francesca al telefono“, il tormentone fra amiche affibbiato alla mamma di lei, che si nutre di ansia, ma anche di una depressione da camicia da notte, stanza chiusa e radio accesa.

Guardi un po’ in alto, nel tentativo di cacciare indietro le lacrime, invece, quando rivedi i due fratelli, adulti e sopravvissuti.

Il bottone della camicia saltato, a lui; l’indeterminatezza perenne, in lei: raccontano pezzi di una storia della stessa famiglia, che però non coincideranno mai, perché non è mai un gioco a somma zero quello del ricordo.

Ognuno rivive la storia a modo proprio, ognuno tira su i suoi tramezzi per proteggersi, ognuno trova un modo che è suo soltanto.

Vale per tutti, nessuno escluso.

O forse succede perché non c’è niente di vero e tutte le storie sono un concetto ambiguo e le spighe crescono… Ma questo scopritelo da soli all’ultima pagina di questo puzzle a tessere mancanti.

Il libro, che fa parte delle collezioni della Sala Narrativa, è disponibile al prestito nella vetrina dedicata ai libri finalisti del Premio Strega.

Tra i finalisti anche Mario Desiati, con Spatriati, Einaudi 2021.

Mara Mundi

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