«Rubi un libro? Io ti maledico!»: la Chiesa medievale e gli anatemi contro i ladri di libri

by Fabrizio Simone

Produrre libri, durante il Medioevo, era tutt’altro che semplice, soprattutto prima dello sviluppo delle botteghe laiche, che si occupavano perlopiù di testi universitari. Per copiare un libro occorrevano svariate settimane (di solito venivano copiate non più di quattro pagine al giorno) e i processi di correzione e rilegatura potevano durare anche interi mesi, coinvolgendo più monaci, specializzati in queste attività. Gli amanuensi europei svolgevano il lavoro di copiatura in una stanza priva di riscaldamento mentre quelli inglesi sedevano allo scrittoio sotto i portici del chiostro, ma entrambi non potevano né scegliere quale testo copiare né ribellarsi agli ordini dell’abate: chiunque osasse mettere in discussione l’opera assegnata rischiava di restare senza cena o senza vino e il monaco che provava a rifiutarsi di copiare un libro sarebbe stato incatenato al suo banco fino al termine del lavoro.

Poiché i libri rappresentavano una merce preziosa, già verso la fine del Medioevo chi rubava un libro rischiava di essere condannato a morte: è la sorte, ad esempio, di due coniugi di Stafford, John Leycestre e sua moglie Cecilia, che furono impiccati nel 1413 per aver trafugato un volume dalla cattedrale locale. La Chiesa, dal canto suo, provò ad impedire i furti di libri facendo leva sul timore e la credulità degli uomini medievali, perciò ricorse agli anatemi, inseriti dagli amanuensi sulle prime carte di un codice, nei pressi dell’incipit, o alla fine del libro copiato, nell’explicit. Una raccolta esaustiva di queste maledizioni è contenuta in un pregevole volume fresco di stampa, Anatema! I copisti medievali e la storia delle maledizioni nei libri (150 pagine, 19 euro), scritto da un grande esperto di manoscritti medievali, Marc Drogin (scomparso nel 2017), e curato da Simona Inserra per i tipi de Ledizioni. Si tratta di una pubblicazione fondamentale: per la prima volta il lettore italiano può entrare in contatto con questa realtà poco conosciuta ma estremamente affascinante, scoprendo un lato originale dell’attività monastica.

Corredare il libro di una maledizione significava metterlo sotto la protezione divina ma questo espediente non è stato inventato dai monaci medievali poiché ha origini antiche: gli antichi Egizi, ad esempio, proteggevano le tombe dei faraoni incidendo complesse maledizioni che avrebbero dovuto allontanare qualunque profanatore, ma la prima maledizione posta in difesa di una biblioteca risale al 3800 a.C., durante il regno del sovrano accade Sargon I. Lo stesso Assurbanipal volle che le tavolette di argilla della Biblioteca Reale di Ninive (inclusa L’epopea di Gilgameš) fossero poste sotto la protezione delle terribili divinità assire, invocando pene esemplari per i trasgressori: “Chiunque porterà via queste tavolette o vi inciderà il suo nome, fianco a fianco con il mio, possano Ashur e Belit colpirlo con ira e furia, e possano distruggere il suo nome e i suoi discendenti sulla terra”.

I monaci medievali si spinsero oltre: gli anatemi potevano prevedere tanto la scomunica del ladro di libri quanto la sua maledizione da parte di Dio, della Vergine, di tutti i santi o persino di tutti i 318 Padri che presero parte al Primo concilio di Nicea (il monaco Bernard di Montfaucon era sicuro che al criminale sarebbe toccata anche la stessa sorte di Sodoma e Gomorra e di Giuda Iscariota, che si impiccò per il rimorso dopo aver tradito Cristo), escludendo il ladro dal regno dei beati perché spesso l’amanuense augurava al malfattore non solo la semplice sofferenza provocata da una malattia terrena, da un bella frustata, dall’impiccagione o dalla morte sul rogo. I monaci medievali speravano, infatti, che i ladri di libri finissero tra le fiamme eterne dell’inferno (magari insieme ai loro discendenti) o, quantomeno, perdessero la vista, come recita il succinto anatema trovato in un manoscritto conservato alla Biblioteca Apostolica Vaticana: “Chi ruba è maledetto, sia ucciso, a chi ruba siano strappati gli occhi”.

Ma è errato considerare gli anatemi come un’esclusiva dei monaci. Nel 1502 il tipografo parigino Simon Vostre auspicava una morte terribile per chiunque avesse osato rubare un Libro d’Ore uscito dalla sua bottega: “A chi rubi questo libro d’Ore, il suo corpo sia strappato dalle scrofe e dai maiali, sia trascinato nell’acqua del Reno, il cuore maciullato e fatto a pezzi”. Gli anatemi caddero in disuso nel XVIII secolo (ma non scomparvero del tutto) per due ragioni: i libri non avevano più un costo proibitivo e gli uomini non avevano più paura della dannazione. Dio poteva finalmente riposarsi: vigilare sui libri per tutti quei secoli stancherebbe chiunque.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.