Telenorba Shqiptare nella ricerca fra Italia e Albania di Vito Saracino

by redazione

Ciao Shquipëria! Il secolo dei media nei rapporti culturali italo-albanesi”, pubblicato da besa muci editore, è il titolo del nuovo libro del manfredoniano Vito Saracino, Doctor Europeaus di Ricerca in Cultura, Educazione e Comunicazione presso le Università di Roma Tre e Foggia e ricercatore della Fondazione Gramsci di Puglia.

Il lavoro, una ricerca storica, analitica e critica, è una lunga cronistoria che incrocia aspetti culturali ed educativi che riguardano i rapporti fra l’Italia e l’Albania nel campo dei media. bonculture pubblica in esclusiva un capitolo del libro dedicato al caso di Telenorba Shqiptare, la neotelevisione privata della Puglia che ha raggiunto l’Albania consolidando il legame fra i due Paesi attraverso l’emittente della famiglia Montrone.

Gli anni Novanta sono gli anni della diffusione della neotelevisione che raggiunge l’Albania con la nascita delle televisioni private rudimentali e senza alcuna licenza. Da quel momento comincia una trasformazione più radicale del sistema televisivo albanese, con un’esplosione di canali televisivi privati che spesso trasmettono in aree locali, a volte piccoli quartieri; ciò comporta una regionalizzazione del sistema dei media da un lato e la nascita del fenomeno della “televisione fatta in casa” dall’altro. La costruzione di un sistema televisivo pluralista segue il modello italiano, il più noto alle latitudini albanesi. In effetti, l’emergere di centina- ia di piccole emittenti private trasforma i media albanesi in modo simile a quello che ha avuto luogo in Italia negli anni Ottanta. Le prime emittenti private a vocazione nazionale sono state Tv Klan e Tv Arbëria e un grande risalto lo ottiene l’emittente italo-albanese Telenorba Shqiptare che, insieme a Shijak TV, viene considerata la prima televisione privata presente in Albania nel 1995, anche se solo l’anno successivo l’emittente pugliese riceverà l’autorizzazione ufficiale a trasmettere nella Repubblica delle Aquile dando vita anche al canale in lingua albanese.

Telenorba Shqiptare rappresenta insieme alla Rai, specificatamente Rai 3, il maggior esempio di “italianizzazione condivisa”. La terza rete, infatti, inizia la coproduzione di contenuti e programmi trasmessi per gli albanesi che vivono in Italia. Si ricorda fra questi esperimenti il notiziario bollettino in lingua albanese con sottotitoli in italiano in onda nel 1997 all’ora di pranzo dagli studi Rai di Bari, condotto da Alba Malltezi, giovane giornalista albanese, e visto grazie al satellite anche in Albania. Rai 3 dà vita, dai primi anni Duemila, grazie alla co-produzione delle redazioni regionali di Puglia e Friuli Venezia Giulia, all’interessante programma settimanale intitolato EstOvest, con lo scopo nobile di “esplorare l’Est per capire l’Ovest” dell’Europa, un’iniziativa lodevole di approfondimento giornalistico sull’Europa orientale ancora oggi presente nei palinsesti della terza rete. Ricorda il rapporto con la Rai anche l’ex direttore di RTSH Eduard Mazi:

La Rai è stata la prima a voler approfondire la questione albanese. Sono numerosi i ricordi personali che mi legano al capo redattore di Rai Friuli Venezia Giulia Fulvio Molinari. Come RTSH abbiamo ricevuto tanto supporto dalla televisione italiana e come emittente siamo entrati nel Comitato europeo delle televisioni proprio grazie agli italiani e ai tedeschi che ci hanno pagato persino l’affiliazione iniziale. Inoltre i nostri tecnici hanno fatto formazione nella radio italiana, entrando in contatto con le novità tecniche che noi non potevamo permetterci. La Rai ci ha aiutato a cambiare il nostro trasmettitore che era un vecchio arnese della Germania dell’Est.

Con la Rai si cerca, ma non si raggiunge, un accordo per la trasmissione dei programmi italiani nelle frequenze albanesi che avrebbe potuto cambiare la storia della televisione italiana in Albania, come ricorda Natale Parisi:

Si è cercato più volte di raggiungere un accordo con la Rai per la trasmissione dei canali in chiaro in Albania, ma la televisione di Stato italiana non ha tenuto conto che, con la vendita delle frequenze albanesi alle neonate televisioni private avrebbe potuto rischiare di sparire dagli schermi albanesi, come poi è avvenuto fino all’arrivo del digitale terrestre. Durante il governo D’Alema, la televisione albanese ha proposto all’allora direttore generale della Rai Pier Luigi Celli il seguente accordo: il pagamento di una quota alla televisione albanese per ritrasmettere i programmi Rai in Albania. Per la televisione di Stato italiana il pagamento di questi diritti era conveniente visto che, per il costo della ritrasmissione annuale oltre Adriatico, avrebbe pagato l’equivalente di una puntata della trasmissione La Zingara. Ma il direttore Celli non voleva sostenere quella spesa esigua, nonostante sarebbe stata un’interessante operazione culturale. E infatti la Rai, con il tempo, è stata rimpiazzata da altre realtà.

L’esperienza maggiormente significativa fra i tentativi di “italianizzazione condivisa” delle emittenti televisive è quella di Telenorba, un broadcast la cui struttura multimediale comprende televisione satellitare, Internet e tv via cavo, con un bacino d’utenza che, dagli studi di Conversano (Bari), copre gran parte dell’Italia meridionale. All’inizio giunge in Albania casualmente, a causa della vicinanza fra la Puglia e la terra schipetara, ma poi l’interesse reciproco si è consolidato nel tempo.

Infatti l’arrivo del Gruppo Norba in terra schipetara non appare casuale ma è la conseguenza di una chiara e lungimirante scommessa aziendale unica nel suo genere in Italia. L’emittente regionale pugliese risulta nota ai telespettatori albanesi per diversi motivi, oltre alla vicinanza, come la potenza del segnale e, come ricorda Aldo Grasso, per aver portato sugli schermi d’oltre Adriatico lo spettacolo per adulti Colpo Grosso.

A parte questa semplificazione della percezione di Tele Norba, bisogna sottolineare come l’emittente di Conversano riesca a raggiungere e fidelizzare i telespettatori albanesi fin dalla metà degli anni Ottanta. I dirigenti si rendono conto che l’audience risulta in netta crescita e che l’orizzonte balcanico può diventare uno spazio mediatico interessante per un tentativo di espansione dell’emittente. Tele Norba anticipa le altre concorrenti scegliendo di rivolgersi direttamente al pubblico albanese tramite diversi canali linguistici e contenutistici, ad esempio con l’uso dell’ironia.

Nella primavera del 1993 va in onda il varietà Teledurazzo, ritenuto uno degli esperimenti comici più riusciti del sodalizio artistico “Toti e Tata”, alias Emilio Solfrizzi e Antonio Stornaiolo, con la regia di Gennaro Nunziante, divenuto poi celebre come regista dei film campioni di incassi di Checco Zalone.

Con un mix ironico – fra il serio e il faceto – Teledurazzo viene dedicata agli “amici albanesi”; nell’incipit si esplica l’obiettivo della trasmissione, cioè quello di insegnare la lingua e la cultura italiana agli albanesi in chiave satirica, introducendo punti di vista più che azzardati su avvenimenti di cronaca o personaggi famosi. Nel corso del quiz, vari personaggi irrompono in studio per disturbarne lo svolgi- mento. Teledurazzo si rivolge davvero al pubblico schipetaro che viene salutato con l’esclamazione “Mirupafshim!”. Come jingle musicale viene usata la sigla di Radio Tirana, mentre gli argomenti delle domande a cui rispondere sono scritti in ita- liano e in albanese con una grafica volutamente retrò: “Arte Varia-Sanati”, “Musica-Musika”, “Politica-Platshkoj”. La struggente sigla finale mostra, sulle note di Meraviglioso di Domenico Modugno, le immagini impressionanti dello sbarco della nave Vlora nel porto di Bari. Con ironia pungente, Teledurazzo intende descrivere un’Italia scevra di ottimismo “televisivo” dove nulla è “meraviglioso”, una nazione precaria, povera, corrotta e mediocre.

Lo studio è la rappresentazione dei resti del Teatro Petruzzelli di Bari, incendiato due anni prima, e quindi composto da lamiere e assi di legno fuori posto, un arredamento poverissimo composto da pezzi raccattati per strada. Si riprendono i canoni del varietà e dello spettacolo all’italiana ma i concorrenti sono sempre gli stessi, riciclati via via con nomi diversi. Il pubblico in studio è composto da sedie vuote, le telefonate da casa sono finte come anche i premi in palio, l’orchestra è malridotta e sporca di fuliggine. In sintesi, ci sono tutti gli elementi chiave dell’epopea televisiva italiana tanto seguita in Albania, ma alla idealizzazione del “mondo Rai” si contrappone la cinica realtà italiana.

La sit-com è trasmessa per la prima volta dal 5 aprile all’8 maggio 1993 e per un certo periodo non viene rimandata in onda a causa delle proteste ufficiali da parte del governo albanese che avvisa gli omologhi italiani di sentirsi offeso da questo provocatorio esperimento televisivo.

Pur non essendo gradita all’establishment schipetaro, la corrosiva trasmissione satirica rappresenta il ponte definitivo fra i telespettatori albanesi e l’emittente pugliese, che da quel momento in poi si prospetta come il maggior esempio di “italianizzazione condivisa” con il partner d’oltre Adriatico. Nella seconda metà degli anni Novanta, Tele Norba prosegue la propria ascesa in Albania grazie ad alcuni semplici ma lungimiranti ed efficaci accorgimenti come l’inserimento dei sottotitoli in lingua albanese e la ritrasmissione di interessanti spettacoli italiani. Grande interesse suscitano le soap opera, incluse alcune importate dall’America Latina e doppiate in italiano, lingua ritenuta più comprensibile dai telespettatori schipetari.

Nonostante la concorrenza, la posizione dell’emittente pugliese ne esce rafforzata, grazie soprattutto all’impegno in una sfida tecnologica per il miglioramento continuo del broadcasting, utilizzando collegamenti satellitari verso altre reti estere e impiegando questi nuovi canali di trasmissione anche per l’interconnessione con altre emittenti locali in Italia. Il Gruppo Norba continua ad investire fra Italia e Albania importanti risorse nel campo della innovazione tecnologica, riuscendo fino ai primi anni Duemila a compete- re nei Balcani con emittenti importanti come Rai ed Euro News e risultando nel 1999 uno dei maggiori competitor privati per tecnologia sul suolo albanese, insieme a TV Klan e Alba TV.

La trasformazione dell’emittente regionale pugliese nel gruppo nazionale albanese Telenorba Shqiptare appare quindi come un mix di intenzioni: la prima è quella di consolidare la propria posizione acquisita nel mercato albanese con la creazione di studios a Tirana, la formazione e l’assunzione di personale locale, mentre la seconda è quella di uniformarsi alla nuova normativa televisiva in vigore in Albania che prevede la predilezione verso le imprese nazionali. Con la nuova legge del 1998 vi è la liberalizzazione del sistema mediatico: oltre all’emittente statale RTSH, nel 1999, si censiscono già 31 stazioni televisive. Il provvedimento legislativo segna l’inizio della fine dell’appeal delle televisioni ita- liane in Albania, sia perché Rai e Mediaset non concludono accordi con il governo albanese per la ritrasmissione delle emittenti sia perché il mercato albanese si riempie di nuovi concorrenti, visto il proliferare di emittenti commerciali con forti investimenti di imprenditori intenzionati a condiziona- re l’opinione pubblica per fini politici, con l’obbligo, a volte non rispettato, dell’uso della lingua albanese.

Telenorba Shqiptare, grazie alla creazione di un palinsesto originale in lingua albanese con trasmissioni che coprono l’intera giornata e non sono solo copie dei format italiani, riesce a sopravvivere fra alti e bassi fino al 2007, quando l’emittente viene ceduta al gruppo ABC News. Uno dei punti di forza di Telenorba Shqiptare è sicuramente l’informazione, con i notiziari condotti dalla giornalista Ilva Tare, eccellente giornalista della televisione di Stato assunta dall’emittente italo-albanese, e i numerosi approfondimenti politici oltre all’esordio della programmazione mattutina.

Il telegiornale di Telenorba, nato dal modello occidentale di informazione, diventa un modello che viene poi replicato anche dalle emittenti rivali. Per diversi anni la televisione italo-albanese è stata una fucina di talenti per giornalisti e maestranze tecniche, riuscendo a formare una generazione di professionisti della televisione che poi si è espressa ai mas- simi livelli in altre emittenti non solo in Albania ma anche in altri paesi.

L’influenza dei contenuti delle trasmissioni italiane si riscontra nei programmi della televisione albanese, le cui trasmissioni spesso clonano quelle italiane. Negli anni Novanta le emittenti vivono un’“italianizzazione sottile” durante la quale vengono utilizzati format e linguaggi in voga nella tv italiana, pubblica e privata. L’influenza dei contenuti italiani si riscontra nell’impostazione delle emittenti albanesi, molte delle quali si propongono come cloni di Rai e Mediaset.

A seguito del mancato interesse delle reti Rai e Mediaset a concludere accordi, i canali non vengono più ritrasmessi e le frequenze occupate da nuove emittenti. Si può affermare che la liberalizzazione del settore televisivo segna l’inizio dell’appeal delle televisioni italiane in Albania, contrastata dalle nuove emittenti che, oltre alla RTSH, dal 1999 si consolidano nel “libero etere” schipetaro, come Tv Teuta, Tv Arbëria e Tv Shijak.

Solo la situazione drammatica in Kosovo riporta l’Albania nei radar dei media italiani ed europei. Lodevole è il ruolo svolto dalla Radio Vaticana, sulla scia del nuovo interesse suscitato dalla questione kosovara, interviene nella situazione in maniera originale su richiesta precisa della Chiesa cattolica albanese, ideando “Speciale Balcani”, un programma serale con 35 minuti in albanese e 25 in italiano: nella parte albane- se vengono trasmesse interviste dal posto e notizie, in quella italiana, come durante la seconda guerra mondiale e a nome del “servizio”, si comunicano i nominativi e i luoghi dove si trovavano i profughi fuggiti dal Kosovo. La parte albanese del programma si trasforma in un luogo di denuncia e di presentazione dei problemi che richiedevano un intervento internazionale, mentre la parte italiana cerca la risposta istituzionale alle domande, in collaborazione anche con la Croce Rossa e il Programma alimentare mondiale dell’Onu. Nella trasmissione si parla anche degli scandali riguardanti la gestione dei generi di prima necessità. Anche la RTSH si mostra in prima linea durante il conflitto kosovaro.

Il pluralismo televisivo diventa sempre più forte dagli anni Duemila e ormai la sudditanza dalle televisioni straniere appare tramontata, vista anche la nuova egemonia di internet. I tycoon della televisione sono stati aiutati e sostenuti dall’amministrazione comunale di Tirana e dallo stato albanese grazie alla concessione di numerosi locali ormai in disuso del vecchio regime e trasformati negli uffici di questi new media, come ricorda l’attuale premier Edi Rama:

Sono fiero di aver dato la possibilità ad alcuni proprietari di media, Klan, Top Albanian Radio e Top Channel, News 24 e Gazeta Shqiptare, di prendere in affitto grandi locali di proprietà dello Stato per svolgere le loro attività e per traformare radicalmente il mondo mediatico albanese, trasformando il quarto potere in un potere esercitato attraverso una infrastruttura ideale per l’Albania.

La trasmissione più importante e di successo appartenente alla categoria dell’italianizzazione “silenziosa” è Fiks Fare, un programma di notizie satiriche trasmesso su Top Channel dal 2002, che è una fedele riproduzione di Striscia la Notizia, programma creato da Canale 5 nel 1988 e guardato dal popolo albanese durante gli ultimi anni del regime comuni- sta. Fiks Fare e Striscia la Notizia condividono la scenografia, con due comici (Samjr Kodra e Gent ‘Doctor’ Peter) dietro la scrivania e due ragazze, chiamate “Veline”, che ballano e portano la notizia. Entrambi i programmi includono anche sketch, scene comiche, inchieste televisive che denunciano corruzione e illegalità e intermezzi di danza e musica. Pri- ma di Fiks Fare, un altro programma nato sulla falsariga del format di Striscia la Notizia andava in onda su un’emittente privata con il nome Letter mga populi (Lettere dal popolo). Il notiziario satirico era condotto dall’umorista Philip Chako dalla metà degli anni Novanta. Il titolo del programma richiama quello di una rubrica sui giornali creata dal regime al fine di mostrare l’apprezzamento delle persone verso il le- ader dell’Albania, Enver Hoxha.

Un’ulteriore emulazione della trasmissione Mediaset è Stop-Emission Investigativ in onda sull’emittente privata con- corrente di Top Channel, Tv Klan, ma questi sono gli esempi più noti visto che basta visitare il Paese delle Aquile e fare zapping fra i canali televisivi albanesi per rendersi conto in prima persona dei numerosi tentativi di imitazione.

L’indipendenza editoriale in Albania viene definita dallo studio dell’EU Monitoring and Advocacy Program, commissionato dalla Open Society, come estremamente debole sia nei media pubblici che privati, in parte a causa della mancanza di meccanismi di autoregolamentazione che non sono stati adottati per via della resistenza nei loro confronti da parte di tutti i governi postcomunisti. Poiché la televisione di solito non è un’attività sostenibile, i media sono mantenuti da circo- li politici o fanno parte di società più grandi, i cui proprietari hanno investito in altri settori e utilizzano i media solo come strumento per perseguire i propri interessi commerciali.

La televisione è stato un medium fondamentale per questa transizione complicata della storia europea. Come scrive Carlo Freccero: La luce fioca dello schermo televisivo non è sinonimo di sapere, ma di una sorta di vuoto capace di inghiottire ogni senso. La metafora della luce che scaccia le tenebre dell’ignoranza si capo- volge, secondo una sorta di dialettica dell’illuminismo di adorniana memoria, in una sorta di pozzo senza fondo in cui precipitano tutti i valori della galassia Gutenberg.

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