Alberto Mattioli e la pazzia per l’opera. I felici contrappunti di Conservatorio e Unifg

by Enrico Ciccarelli

Per capire la potenza del melodramma vi basta ritrovarvi, in un meriggio di avanzata primavera, ad ascoltare parole scritte in italiano duecento anni fa e passa da un giovane austriaco cantate in un’aula foggiana da una giovane cinese.

I bravi cantanti e musicisti del Conservatorio “Giordano” hanno animato, come di consueto, una tappa, la terza e mediana, di «Contrappunti letterari», splendida iniziativa dello stesso Conservatorio e dell’Università di Foggia. Ogni appuntamento si svolge sia a Foggia che a Rodi Garganico, e presenta un libro e il suo autore. Dopo il Giordano di Agostino Ruscillo, e il Francesco Maria Piave di Emanuele D’Angelo, è stato il turno del brillante giornalista Alberto Mattioli, fra i maggiori conoscitori del mondo dell’opera, autore di libri su Pavarotti, Verdi e Parigi, che ha presentato il suo ultimo volume, uscito nel 2020 per Garzanti, Pazzo per l’opera. Istruzioni per l’abuso del melodramma.

Della conversazione, in cui Mattioli è stato coadiuvato dai docenti Tiziana Ragno e Leonardo Miucci, ci è piaciuta soprattutto l’orgogliosa rivendicazione della natura nazional-popolare del melodramma, e la sottolineatura del rischio che si corre a imbalsamarlo in culto necrofilo per pochi eletti, con una ripetitività che impedisce o considera blasfema ogni innovazione.  Ma ascoltiamo l’autore.

Come si abusa del melodramma?

«Andandoci il più possibile. Credo che una passione sia tale solo se è eccessiva, smisurata, smoderata. Diversamente è un hobby. La passione vuole esagerazione.»

E lei non esagera quando definisce il melodramma lo spettacolo di maggior successo in Europa negli ultimi quattro secoli?

«Non è un’esagerazione, anzi! E non riguarda solo l’Europa, ma il mondo intero. È in assoluto lo spettacolo che ha avuto più successo ed è una grande invenzione italiana che ha conquistato il pianeta. Ed è non solo il primo spettacolo multimediale, ma il primo spettacolo globale della storia dell’umanità.»

Cosa ci dice oggi il melodramma?

«Quello che ci ha sempre detto: ci dice come siamo fatti, ci svela a noi stessi. È uno specchio davanti al quale ci siamo noi con le nostre ipocrisie, grandezze, debolezze, e così via.»

L’opera del suo cuore?

«Non è una valutazione estetica, ma io per ragioni personali (che tali devono restare) ho cinque opere alle quali sono affezionato. In ordine cronologico “Idomeneo” di Mozart, “L’Italiana in Algeri” di Rossini, “I Puritani” di Bellini, “Tristan und Isolde” di Wagner e “Ariadne auf Naxos” di Strauss».

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