Beethoven 250, tra genio sublime e disagio: i battiti aritmici di un “cuore malato” nella Sonata per pianoforte n 26 op 81

by Alessio Walter De Palma

Questo 2020 tanto – a suo modo – “speciale, strano, imprevedibile”, rappresenta, altresì, un anno illustre per la storia della musica, il 250. Anniversario di nascita di uno tra i massimi esponenti della sublime Arte musicale: Ludwig Van Beethoven. Tanti avrebbero dovuto essere gli eventi in tutto il mondo dedicati al Genio di Bonn, ma purtroppo sappiamo bene causa Covid molti dei quali annullati o nel migliore delle ipotesi rinviati a data da destinarsi. Tanto si è scritto, tanto si è detto e sicuramente ancora tanto si scriverà e tanto si dirà sul compositore e sull’uomo Beethoven. La cosa nota a tutti l’ipoacusia in giovane età – poco meno di trent’anni – che poi lo porterà alla sordità totale.

Ma Beethoven era affetto anche da altre patologie, come ad esempio gastrointestinali: sindrome del colon irritabile e cirrosi epatica; patologie renali, delle vie aeree come l’asma e anche problemi al cuore. Sicuramente la salute non ha giovato al musicista, rendendolo così schivo, solitario e poco mondano. Ciononostante la sua Arte non è stata inficiata, sebbene è possibile riscontrare musicalmente i suoi problemi fisici, come ad esempio, lampante è la Sonata per pianoforte n 26 op 81 in cui nel primo movimento sono presenti pause in un ritmo sincopato che metaforicamente rappresentano i battiti aritmici di un “cuore malato” come era quello del povero Ludwig.

Tutte queste patologie hanno inciso anche e soprattutto sulla sua psiche, era “psicologicamente labile”, non è da biasimare, dato che è dalla età di sei anni che accusava “dolori alle orecchie…”. La sua frustrazione la sfogava “nei piaceri dell’alcool”, ecco spiegate: colon irritabile, pancreatite cronica e cirrosi epatica, che lo porterà alla morte.

La sua vita vissuta in modo travagliato ha inciso inevitabilmente nella sua musica, universalmente e convenzionalmente schematizzata in tre fasi: la prima fino al 1802; la mediana fino al 1814 e la tarda fino al 1827, anno della sua morte.

Nella prima fase riscontrabili le influenze degli altri due grandi compositori del Classicismo di Vienna: Haydn e Mozart; la seconda fase è incentrata sulla sua crisi personale a causa del progredire e cronicizzarsi della sordità; la terza ed ultima fase rappresenta la maturità e l’apoteosi dell’arte compositiva beethoveniana, anticipando autori successivi come Bruckner, Mahler, Wagner, accostandolo così – forse erroneamente – al Romanticismo… Beethoven preannuncia il “futuro”, ma con un occhio sempre al passato: punti di riferimento indiscussi: Palestrina, Bach e Haendel, senza disdegnare i contemporanei Schubert e Cherubini.

Beethoven è uno tra gli autori più prolifici, dall’opera alla musica da camera, trii, quartetti, quintetti, dal balletto all’oratorio, alle trentadue “originali” sonate per pianoforte, alle “variazioni”, dai Lieder alle celeberrime nove Sinfonie. Eccelso in ogni composizione – qualche dubbio, forse, sulla musica vocale, laddove la voce viene trattata da strumento ma portando al limite la fisiologia dell’apparato vocale – “paradisiaco” nelle Sinfonie. Le prime due di chiara influenza haydniana e mozartiana, dalla terza possiamo riscontrare Beethoven con la celebre “Eroica” in Mib maggiore op. 55 dedicata, in principio, al Genio di Napoleone Bonaparte, poi per vicissitudini “recondite”, il destinatario cambierà nel principe Lobcovick, che nel suo palazzo a Vienna ospiterà la prima esecuzione il 7 aprile del 1805.

“L’Eroica” è di dimensioni imponenti, la più lunga Sinfonia composta sino a quel momento, superata poi dallo stesso Beethoven con la Nona; celeberrima la marcia funebre. Meno eroica la quarta Sinfonia, di tono “eroico e mastodontico” la quinta e la sesta. Celebri le “quattro note” della quinta, il cosiddetto “tema del destino”, e le visioni impressionistiche, naturalistiche e quindi “preromantiche” della “Pastorale” la Sesta. La Settima e l’Ottava si distinguono per il carattere allegro e brioso, un’allegria e un brio che pero’ in realtà nascondono tristezza ed angoscia.

Discorso a parte va fatto per la Nona Sinfonia, epica, monumentale, perfetta, sublime, punto di riferimento per i compositori successivi fermatisi anch’essi a Nove Sinfonie, in omaggio al compositore tedesco. Per la prima volta nella storia in una Sinfonia sono presenti le quattro voci soliste canoniche (soprano, contralto, tenore e basso) con il coro polifonico nel quarto movimento e per questo definitiva “Corale”. Il testo è ripreso dall’Ode An die Freude del “poeta della libertà” Friedrich Schiller, Inno alla Gioia, appunto, che rappresenta la vetta più alta degli ideali illuministici di: liberté, egalité, fraternité trasvalutandoli fino a raggiungere l’apice dell’Humanitaet classica, in cui oltre che a Schiller si deve all’influenza della filosofia illuministica kantiana sull’uomo Beethoven.

La Nona Sinfonia rappresenta ideali validi in ogni luogo, in ogni tempo e in ogni spazio e per questo immortali, come immortale sarà la musica di Beethoven. Inno ufficiale della Comunità Europea e Patrimonio dell’Unesco. I primi 250 anni sono passati ma ne seguiranno altri 250 e 250 e ancora 250…

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.