Bisturi, Guns n’ Roses e Linkin Park: in sala operatoria a ritmo di musica

by Maria Teresa Valente

“Infermiera: bisturi, Guns n’ Roses e poi Linkin Park”. Siamo nella sala operatoria del reparto di Chirurgia Toracica dell’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. A parlare, rivolgendosi ad una solerte e concentrata collaboratrice, è Marco Taurchini, direttore dell’Unità Operativa Complessa.

La tensione c’è, ma il team è affiatato e, nonostante tutto, rilassato. Bisogna impegnarsi e lottare con tutte le proprie forze per salvare la vita ai pazienti e, anche se occorre mettere in campo energie a volte sovrumane, in fondo, questa squadra così laboriosa e preparata, chiamata a giocare continuamente una partita a scacchi contro la morte, è composta da esseri umani.

“Sì, siamo esseri umani”, racconta Taurchini, dicendo qualcosa che può apparire scontato, ma che in realtà non lo è, poiché quando ci si mette nelle mani di medici ed infermieri ed ancor più quando la vita dei propri cari è appesa ad un filo, da quegli ‘esseri umani’ a volte ci si aspetta che si trasformino in dei e che compiano veri e propri miracoli.

Cosa fare, allora, per potersi concentrare e al tempo stesso rimanere rilassati? E qui entra in gioco ciò che in una sala operatoria non ti aspetti, immaginandola fredda e asettica: ascoltare le proprie canzoni preferite per trovare la concentrazione necessaria. “Può essere pop, rock e a volte anche classica – svela il primario – Dipende dai giorni e dall’umore, dalle preferenze della squadra che opera, e a volte anche dal momento della giornata, ovvero se s’interviene di mattina, di pomeriggio o verso sera”. Ed ecco, in sala operatoria, partire la musica in filodiffusione.

“Può capitare di operare rimanendo in piedi anche 10 ore di fila, senza bere né mangiare, eppure, nessuno ne sente la necessità”. La musica entra così a far parte della squadra di lavoro a pieno titolo, caricando di adrenalina i membri del team, ma al tempo stesso aiutandoli a rilassarsi, dando così un supporto immaginifico all’intervento in corso.

Dopo un iniziale momento di stupore, i conti tornano. Cosa c’è di meglio che ascoltare musica per caricarsi al massimo? Unica titubanza è il dubbio che la musica possa coprire richieste varie durante l’operazione. “Niente affatto – evidenzia Taurchini – In un team affiatato, durante un intervento anche delicato, la comunicazione verbale è inesistente. Basta uno sguardo e ci si rende conto di cosa fare e di come farlo”. Il primario racconta quindi di un’esperienza indimenticabile in Olanda, alcuni anni fa, quando durante un’operazione stava per succedere l’irreparabile, ma nessuno si scompose e tutti, senza dire nemmeno una parola, seppero esattamente cosa fare. E dopo meno di 10 minuti, il paziente fu salvo, con un gioco di squadra in cui ognuno svolse il proprio compito alla perfezione, senza neanche bisogno di discuterne. Che canzone c’era durante quell’intervento? “Se non ricordo male, Café del Mar”. E sembra quasi di percepirne in lontananza le rassicuranti sonorità.

E i pazienti gradiscono la musica in sottofondo? “Nella maggior parte dei casi si addormentano cullati da un soffuso mix di anestesia e canzoni mentre noi ci concentriamo su di loro, ma a volte capita che se operiamo in awake surgery (paziente da sveglio), la musica aiuta anche loro ad essere più rilassati, poiché si crea un’atmosfera più umana”.

E la parola ‘umana’ ricorre spesso nei discorsi di questo preparato chirurgo di origine romana, che seppur con un’incredibile esperienza in Italia e all’estero, non dimentica mai che tutto parte dal cuore.

“Io non sono diverso dai miei pazieni né dalla mia equipe. Ho semplicemente una preparazione professionale diversa, ma questo non deve e non può mettermi al di sopra di nessuno”. E quando si resta umani anche in sala operatoria, l’affiatamento è palpabile e tutti collaborano con entusiasmo.

Il discorso diventa mesto quando si parla dei numerosissimi casi oncologici su cui bisogna intervenire, ed ecco il medico Marco divenire l’uomo Marco, mentre racconta le lotte disperate contro il tempo e la paura di non farcela. Paura che a volte può trasformarsi in una terribile realtà. “Rimanere umani aiuta a capire che si può anche perdere la scommessa con la morte, ma se poi il giorno dopo un delicatissimo intervento, il papà che ha perso la sua giovane figlia viene a salutarti portandoti un regalo, capisci che la scommessa con la vita non è persa”.

Questa vita che dona e che toglie, che fa gioire e soffrire, che può ingannare o regalare incredibili emozioni. L’importante è impegnarsi al massimo in ciò che si fa, specialmente in sala operatoria. E la musica diventa una preziosa ed inedita alleata, aiutando a rimanere con i piedi per terra e a creare alchimia tra colleghi e con i pazienti.

Viene in mente il bellissimo film “City of Angels”, dove il preparato chirurgo Meg Ryan opera con la sua equipe accompagnata dai fantastici accordi di Red House di Jimi Hendrix, mentre al suo fianco c’è Nicolas Cage, un uomo che in realtà è un angelo.

E a proposito di angeli, sulle note di Iris dei Go Go Dolls, affascinata da questa fantastica storia in bilico tra l’umanità e la straordinarietà di chi s’ingegna perché (fortunatamente) sa ancora considerare i pazienti persone e non semplici numeri, non si può non pensare che probabilmente Marco Taurchini e il suo team sono ‘essere umani’, è vero, ma sicuramente sono anche un po’ speciali, proprio come degli angeli.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.