Dal dixie al tango di Astor Piazzolla: riscoprire il dna italiano con l’Alkemia Quartet

by Fabrizio Simone

Astor Piazzolla, Stéphane Grappelli, Frank Zappa, Joe Venuti, Egberto Gismondi e Chick Corea, apparentemente, condividono poco o quasi niente. Anzi i meno attenti finirebbero per archiviare la questione negando qualsiasi affinità o reciprocità, facendo leva sull’insostenibilità degli accostamenti, altamente improbabili nella maggior parte dei casi.

Stili diversi e linguaggi musicali inconfondibili – dal dixie al tango pronto a mescolarsi al jazz e alle contaminazioni neobarocche, dal blues al rock più scatenato, dallo swing allo stile fusion – conferiscono peculiarità che nessuno può mettere in discussione, ma ciò che lega questi grandi artisti è l’origine italiana, ben evidenziata nel concerto andato in scena venerdì 2 ottobre, presso l’Auditorium Santa Chiara di Foggia, nell’ambito della rassegna Musica Felix, avente per protagonista un interessante quartetto d’archi, l’Alkemia Quartet (Marcello De Francesco, Pantaleo Gadaleta, Alfonso Mastrapasqua e Giovanni Astorino).

Eppure, come ha mostrato l’Alkemia Quartet nel bel programma selezionato con grande cura ed applaudito fragorosamente, la musica di questi grandi artisti ed interpreti, nati da genitori italiani trapiantati all’estero o nipoti di nonni italiani emigrati negli USA o nell’America latina (è il caso di Piazzolla, ad esempio, nipote del tranese Vincenzo Piazzolla, che in Argentina, a Mar de Plata, sposò la figlia di un emigrante lucchese), ha qualcosa di sanguigno che esprime senza molta difficoltà lo spirito italiano, sempre in bilico tra passione, tradizione e innovazione, secondo le più recenti tendenze musicali, assorbite contribuendo al loro sviluppo. Una prova, infatti, è stata offerta dall’ascolto di un pezzo di Grappelli, re indiscusso del violino jazz (forse è il caso di sostituire il titolo di re con quello di marchese dato che il parigino Grappelli era figlio del marchese Ernesto, che ad Alatri possedeva un palazzo rinascimentale, tuttora visitabile, ricco di splendidi affreschi), composto come colonna sonora per un film degli anni’80, in cui s’alterna una magnifica sezione d’impostazione classicheggiante cui fa da contraltare un impianto di matrice realmente jazzistica. Certo il Zombi Woof di Frank Zappa c’entra ben poco con la tradizione, ma conserva innegabilmente una buona dose di fascino, dovuta perlopiù alla spregiudicatezza ritmica.

I quattro interpreti dell’Alkemia Quartet hanno concluso l’apprezzatissimo concerto interpretando un piccolo pezzo scritto espressamente per quartetto d’archi dal violoncellista palermitano Giovanni Sollima, il breve ma ispirato Rondò n.6, che ha incontrato un ottimo apprezzamento da parte del pubblico presente nonostante le dovute precauzioni anti-Covid. Del resto non è nuovo l’approccio dell’Alkemia Quartet alla musica di Sollima, dato che nel 2018 ha inciso per la prima volta l’integrale delle musiche composte dal famoso musicista siciliano per quartetto d’archi (quattro composizioni, inclusi i Sonetti e i rondò da cui è stato tratto il bis conclusivo).

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