Musica Civica: Fabio Armiliato seduce il “Giordano” con i tanghi di Gardel e Tito Schipa

by Fabrizio Simone

Dici “tango” e immediatamente, davanti ai nostri occhi, si staglia cristallina la sagoma di Astor Piazzolla, accompagnato dal suo inseparabile ed indimenticabile bandoneon. Ma il tango delle origini – parliamo soprattutto del decennio 1919/1929 –  non è esattamente quello che tutti conoscono, amano e fischiettano passeggiando col giornale sottobraccio o portando a spasso un amico a quattro zampe. In quel periodo, infatti, si sviluppò il cosiddetto “tango-canción”: al tango vero e proprio, quindi di natura prettamente strumentale e ballabile, venivano abbinati dei versi, perlopiù sentimentali e rancorosi (un argomento gettonato era il tradimento femminile ai danni di un brav’uomo), cantati da personaggi come Carlos Gardel (1887-1935), divo indiscusso dell’intera scena internazionale e compositore estremamente talentuoso.

I tanghi di quest’ultimo, insieme ad alcuni composti dal celebre tenore leccese Tito Schipa, sono stati eseguiti domenica 12 gennaio, al Teatro Giordano di Foggia, all’interno del concerto “Recital CanTango”, portato nei teatri più importanti del mondo dal grande tenore genovese  Fabio Armiliato assieme al pianista ed arrangiatore di tango Fabrizio Mocata. Con “Recital CanTango” si è aperta l’undicesima edizione di Musica Civica, rassegna musicale foggiana organizzata dall’omonima associazione con la direzione artistica del M° Gianna Fratta. Sul palco, insieme a Fabio Armiliato e a Mocata, c’erano anche il soprano Chiara Giudice (narratrice ed esecutrice), la scoppiettante coppia di ballerini Los Guardiola (Marcelo Guardiola e Giorgia Marchioni) e tre musicisti: Simone Tolomeo (bandoneon), Fabian Bertero (violino) e Alessio Menegolli (contrabbasso).

Fabio Armiliato ha presentato una carrellata di alcuni tra i più grandi successi di Carlos Gardel firmati in collaborazione col paroliere Alfredo Le Pera (condivise con lui anche la morte, lasciando questa terra a soli 35 anni), permettendo al pubblico di immergersi in un’atmosfera assolutamente magica: rievocando bassi e periferie, spacconi e innamorati delusi, sembrava davvero d’essere tra i temibili compadritos porteños di Buenos Aires e sotto gli sguardi vigili e poco permissivi degli ojas criollas, tanto cari anche all’anziano Borges. Certo mancava l’immortale Mano a Mano, un gioiello di Gardel scritto su versi del poeta Celedonio Flores (una sorta di Salvatore Di Giacomo del tango) tralasciato ingiustamente negli ultimi anni, ma nel programma figuravano tutte le hit e i classici di Gardel che trovano ancora posto tanto nelle sale da concerto quanto in quelle da ballo: da El dia que me quieras – Armiliato ha duettato con Chiara Giudice offrendo un’esecuzione dolcissima – a Volver, fino a Pour una cabeza (ricordate la scena in cui Al Pacino, in Profumo di donna, danza insieme a Gabrielle Anwar su queste celebri note?).

Fabio Armiliato ha dominato la serata non solo con il suo travolgente talento canoro ma anche con la sua innegabile vis scenica, la quale ha contribuito, con un mix fatale di passione e seduzione, ad elettrizzare tutto il numeroso pubblico presente, costantemente soggiogato dalle esecuzioni e dai passi di danza dei Los Guardiola, premiati con applausi sempre calorosi e fervidi. Gli ottimi arrangiamenti del M° Mocata sono risultati particolarmente brillanti ed hanno evidenziato peculiarità delle partiture di Gardel che tendono a sfuggire all’ascoltatore poco attento o a chi frequenta superficialmente la sua musica. Inoltre Chiara Giudice, oltre al duetto in El dia que me quieras, ha interpretato come solista la poeticissima canzone Alfonsina y el mar di Ariel Ramirez, dedicata alla memoria della poetessa argentina Alfonsina Storni, che optò per il suicidio di fronte ad un tumore incurabile. Stupenda esecuzione la sua, ricca di pathos e carica di sincero trasporto.

Il nome di Tito Schipa accanto a quello di Carlos Gardel, poi, non deve stupire o lasciare di stucco nessuno: Schipa ha cantato ed inciso più volte tanghi (uno su tutti: La cumparsita) ma, soprattutto, è stato il maestro di canto di Carlos Gardel ed ha composto alcune chicche (su testi propri come Berlioz, Wagner e chi ne ha più ne metta) che meritano un’ampia riscoperta per via del loro sapore autenticamente argentino, senza cadere mai in sciocche imitazioni o parodie degli stilemi in voga fino agli anni’30. Dei tre tanghi di Schipa presentati dal M° Armiliato – El gaucho, Ojos lindos y mentirosos e El coqueton – il primo, El gaucho, scritto nel 1927 per l’omonimo film prodotto e interpretato da Douglas Fairbanks e poi inserito nel finale del 2° atto della sua preziosa operetta Principessa Liliana, colpisce non tanto per un testo alquanto stereotipato (“il male che soffro per il tuo tradimento dovrai patirlo anche tu/ Io vorrei tentare di capire cosa trovi, per Dio, nell’uomo che nel guardarti ha rapito il tuo cuore!/ È bello?… può essere! / Però non è un gentiluomo come lo sono io: perché i gauchos sono uomini d’onore/ e lui non è un gaucho…è un ladrone!”) ma per la melodia sicura e robusta, spagnoleggiante al punto giusto da mettere in ombra le due restanti composizioni firmate da Schipa, che pure brillano di luce propria. A Fabio Armiliato, quindi, dobbiamo anche essere grati per questa necessaria e iniziale riscoperta di gemme cadute per troppo tempo nell’oblio più profondo.

Il pezzo conclusivo del ricco programma – la serata s’è aperta con un vivacissimo arrangiamento del sempreverde El choclo – è un pezzo scritto a quattro mani e due cuori: Tango Cantor, di Armiliato e Mocata, spicca non solo per l’ispirazione profonda e matura, ma anche per gli evidenti influssi operistici che connotano il brano di un’eleganza ricercata e sapientemente raggiunta. La standing ovation finale, inoltre, ha convinto il M° Armiliato e il suo quartetto a regalare ben due bis: il focoso Vuelvo al sur di piazzolliana memoria e Torna a Surriento di Ernesto De Curtis, ottenendo in entrambi i casi un’acclamazione frenetica.

(le foto sono di Enrico Ciccarelli)

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