Musica Felix: trionfo per il funambolico Uto Ughi

by Fabrizio Simone

Per Uto Ughi il pubblico foggiano non rappresenta una novità assoluta. Il celebre violinista lombardo, infatti, si è esibito in due occasioni nel capoluogo dauno. La prima volta il 25 marzo 2012, la seconda il 27 febbraio 2020. Entrambi gli appuntamenti recano la firma dei maestri Gianna Fratta e Dino De Palma, direttori artistici della rassegna Musica Felix, organizzata dalla Fondazione Apulia Felix Onlus di Foggia con il patrocinio e il contributo della Regione Puglia. Uto Ughi, in qualità di protagonista del terzo appuntamento di Musica Felix, il 27 febbraio ha tenuto un concerto trionfale andato in scena al Teatro Giordano di Foggia.

Ad accompagnare il Maestro, nato 76 anni fa a Busto Arsizio da una famiglia di origine istriana, un autentico gentleman del nostro panorama musicale, il pianista Alessandro Specchi, raffinatocustode dei segreti del suo strumento a tastiera (ma questo demonio col violino, vero discendente dell’inimitabile Paganini, ne ha avuti di accompagnatori speciali nel corso della sua carriera: Martha Argerich, Nikita Magaloff, Rudolf Buchbinder, Bruno Canino e molti altri).

Programma piuttosto variegato: Ughi ha aperto con la Ciaccona in sol minore del violinista settecentesco Tommaso Antonio Vitali (peraltro si tratta della sua unica composizione giunta agli altari del successo mondiale anche se la paternità certa non possiamo garantirla), le cui variazioni sul tema hanno dimostrato che il violinista lombardo conosce ancora il sentiero che conduce all’uscita del labirinto sonoro, affrontato con la giusta perspicacia e la caparbietà di sempre, sulle quali poggia tuttora la sua fama indiscussa; ma la prima parte comprendeva anche una sonata beethoveniana: la Sonata n.7 in do minore, op. 30 n.2 è stata sostituita con l’armoniosa Sonata per violino e pianoforte n. 5 in fa maggiore, op. 24 conosciuta come La primavera. Scelta azzeccatissima: Ughi ha padroneggiato con estrema disinvoltura la partitura beethoveniana che nasconde tra le sue pagine felicissime intuizioni con le quali il genio di Bonn si scosta dallo stampo ancora mozartiano delle opere precedenti, celando dietro il clima apparentemente sereno e idilliaco della sonata le tante ombre del suo animo travagliato.

La seconda parte, invece, s’è aperta con quattro piccoli gioielli, a metà tra il dolcissimo e l’appassionato, del boemo Anton Dvorak, i Quattro pezzi romantici per violino e pianoforte, op. 75, miniature ben congegnate dal punto di vista emotivo con un lirismo a volte un po’ facilone ma sempre di forte impatto. Ughi, poi, ha voluto inserire un pezzo fuori programma, l’Introduzione e rondò capriccioso op.28 di Camille Saint-Saëns, un classico della letteratura violinistica e un continuo banco di prova per ogni violinista degno d’essere menzionato. È nel pezzo di Saint-Saens, forse, che Ughi ha dato il meglio di sé: col suo Guarneri del 1744 Ughi ha scalato tutte le vette che il compositore francese ha messo davanti ai violinisti, riempendo la partitura di ogni possibile ostacolo, superato sempre con estrema agilità da questo venerabile maestro del violino. 

La Tzigane di Ravel, col suo infuocato patrimonio folkloristico e una scrittura zeppa di virtuosismi ottimi per incantare anche gli animi più suscettibili e distruggere senza alcuna pietà i crini dell’archetto, ha segnato il naturale approdo della serata incoronando Ughi signore indiscusso del suo eccellente strumento. A gran richiesta, il duo Ughi/Specchi ha concesso un bis. Qualcuno ha urlato “Saint-Saens”, ma la platea, ingolosita da tanto furore, ha richiesto Paganini a viva voce: La campanella, che tanto peso ha avuto nella storia della musica (persino papà Strauss impiantò un valzer sul rondò paganiniano ascoltato nel 1828 alla Redoutensaal di Vienna dalle mani del suo autore), è stata servita adoperando tutto il bagaglio di arditezze ancora in possesso dall’artista, il quale, al termine del concerto, è stato letteralmente travolto dagli applausi provenienti da ogni ordine di palco e dall’intera platea. Il giusto riconoscimento per un artista che ha servito l’Arte, a cui il pubblico non ha mai fatto mancare la sua approvazione lungo l’intero evento, che non dimenticheremo con molta facilità.

(foto di Iolanda Albrizio)

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