Rosa Cicolella festeggia la vittoria a Sanremo del suo Gaudiano: «Ciro non mi ha lasciato sola».

by Felice Sblendorio

Rosa Cicolella risponde al telefono con la voce sfibrata dall’emozione. Risponde da Sanremo dove ieri sera il suo Luca, per tutti semplicemente Gaudiano, ha vinto la Sezione Giovani del Festival con un brano dedicato a Ciro, suo marito, scomparso due anni fa. Nonostante sia abituata alle interviste, per via della sua attività istituzionale, politica e scolastica, questa volta è diverso: pesa le parole, sceglie le migliori, si ferma, si emoziona. Dopo la tragedia di un lutto, questa famiglia unita e resistente si stringe attorno alla vittoria di una canzone che racconta proprio il loro dolore: “Polvere da sparo” è il lessico familiare della sofferenza di Ciro, Luca, Rosa, Emilio e Novella che oggi vengono investiti da una luce gioiosa capace di chiudere un cerchio. bonculture ha intervistato Rosa Cicolella, la madre di Gaudiano.

Oggi celebriamo la vittoria di “Polvere da sparo”, ma quando ha ascoltato per la prima volta la canzone di suo figlio?

Una mattina Luca mi ha mandato un messaggio da Milano: «Ti mando un audio, dimmi se ti piace». Era questa canzone: non ho pensato a nulla se non alle parole. Quel testo gettava fuori con una forza poetica e disarmante qualcosa che si era sopito. In quelle parole ho riconosciuto il dolore di mio figlio.

C’è un’immagine, in questa canzone densa di visioni, che più l’ha colpita?

Sì, quando canta: «tigre nella giungla dei pensieri sparsi». L’afasia è stata la parte più dolorosa della malattia di mio marito: togliere la parola a un essere umano è qualcosa di terribile. Ciro non si è mai arreso, ha sempre comunicato con noi. Solitamente era una persona silenziosa, ma in quei tre anni di calvario ha comunicato di più. Tutto quello che lui ha potuto fare, come una tigre alla ricerca delle parole che fuggivano, l’ha fatto. Non ci è mai mancata la sua presenza di marito o padre. La sua mancanza è stata forte perché, nonostante la malattia, non abbiamo percepito la sua assenza. Anzi, la sua è stata una presenza raddoppiata in quei lunghi tre anni. 

Come avete gestito l’emozione nell’ascoltare su quel palco una storia così intima per tutti voi?

Con tanta difficoltà, tanta fatica. Era un dolore che si rinnovava in ogni momento, passaggio, in ogni sua chiamata o messaggio scritto. In qualunque contatto con Luca era come se ritornasse tutto a galla. Abbiamo vissuto questa esperienza come in una bolla. Eravamo in una sorta di apnea, una specie di respiro condiviso che non terminava e che si è concluso ieri sera. Ieri, quella luce ci ha trasmesso un messaggio. È come se Ciro ci avesse detto: «Non me ne sono mai andato, non vi ho lasciato soli».

In alcune foto dopo la vittoria sorridete: è un sorriso accennato, ma significativo. Sembra che sui vostri volti si sia posato un primo raggio di luce…  

È il primo, proprio così. Pensavamo che per noi non esistesse più la felicità o la gioia. Ieri abbiamo compreso che forse esiste ancora un sorriso, una piccola consolazione nella nostra vita.

La sofferenza ha fortificato il vostro amore?

Quel calvario non ha risparmiato né lui né noi. Siamo sopravvissuti grazie a una coalizione d’amore che ha unito noi cinque in una maniera indescrivibile. Oggi ho la sensazione che siamo inscindibili.

Questa canzone ha colpito molti, creando un processo di identificazione molto forte. È una catarsi collettiva?

La solidarietà del dolore umano aiuta a sopravvivere. Molta gente si è riconosciuta in questa canzone. In questo momento storico credo che la canzone di Luca sia una metafora per illuminare un dolore collettivo.

Le vittorie sono sempre personali, ma questo premio rende orgogliosa anche una città ferita come Foggia.

Certo, lui lo riconosce e non se ne vergogna. Viene da quelle strade, da quei vicoli, da quella storia, da quell’aria. Per Luca è un dolore immenso leggere le notizie di ferite su questa città. È convinto che Foggia sia piena di una bellezza che vive dentro e che ha solo bisogno di essere rivelata.

Quando Amadeus ha annunciato il vincitore qual è stata la prima cosa a cui ha pensato?

Emilio e Novella erano davanti alla televisione, mentre io ho aspettato il verdetto accanto a un muro. Appoggiata a quel muro ho percepito una sensazione rigeneratrice: è come se avessi dato a Luca una nuova vita, come se l’avessi partorito una volta ancora.

Qual è la prima cosa che ha detto a Luca, invece?

Non ho sentito la sua voce, ma è arrivato in hotel. È entrato, in un applauso generale, ha posato i premi e mi ha cercato fra le poche persone del suo staff. Ci siamo abbracciati e io gli ho chiesto: «Come stai? Stai bene?». E lui mi ha risposto: «E tu, come stai? Stai bene». Ci siamo detti questo.

Nella canzone le lacrime e il pianto non sono un tabù. Ieri avete pianto assieme?

Molto, ieri abbiamo pianto tanto. Ha pianto tantissimo mio figlio Emilio, la persona che ha creduto più di tutti in questo progetto: ha dato la sua anima per il sogno di Luca. Poi ha pianto mia figlia Novella per il legame con suo padre. Non era successo nemmeno il giorno della morte di mio marito, perché quello è stato un dolore che meritava un pianto silenzioso.

La mamma che guarda i figli quale amore proietta su di loro?

Sono la metà che mi ha lasciato Ciro e, oggi, credo siano la cosa più importante. La mamma che guarda a questi figli pensa che ha il dovere di sotterrare il dolore che si porta dentro: un dolore diverso dal loro.

Un dolore diverso, dice.  

Sì, perché a me è stato tolto il finale di una storia d’amore durata cinquant’anni. Credo che nulla possa restituirmi quel legame.

Prima della finale di ieri, ha detto qualcosa al suo Ciro?

Parlo sempre con lui, e lui non manca mai. Prima che cominciasse, come sempre, gli ho detto: «Stasera vedi che cosa devi fare, non lasciarmi sola». E lui non mi ha lasciato sola.

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