Turandot, la principessa di gelo che “si sgela”

by Alessio Walter De Palma

Ultimo capolavoro del Genio compositivo dell’ormai maturo Giacomo Puccini, con alle spalle già undici successi è il tema della “fiaba chinese” della principessa di gelo Turandot (la t finale si pronuncia essendo cinese e non francese!).

Come per altre opere precedenti – Manon Lescaut già musicata dal francese Jules Massenet con Manon; La Bohème idea precedente di Ruggero Leoncavallo – anche per il tema di Turandot Puccini non è originale in quanto nel 1917 già Ferruccio Busoni ha musicato la sua Turandot a cui il maestro di Lucca ha assistito ad una recita all’Opernhaus di Zurigo rimanendo estasiato oltre che dalla musica anche e soprattutto dalla trama basata sulla quarta delle dieci fiabe di Carlo Gozzi, l’acerimmo nemico di Carlo Goldoni per intenderci…

Puccini come era solito fare si documenta sulla Cina come già in precedenza aveva fatto per il Giappone con Madama Butterfly, inserendo orientalismi nella sua musica tipico della musica del periodo, del “melodramma plebeo.” Coadiuvato dai librettisti Giuseppe Adami e Renato Simoni viene a conoscenza della più “umana e meno fiabesca” della Turandot di Friedrich Schiller, il “poeta della libertà”, in traduzione.

Dalla lettura e dallo studio di Schiller vien fuori il personaggio di Liù, la giovane schiava da sempre innamorata del principe ignoto, accompagnatrice del vecchio re tartaro ormai caduto in disgrazia Timur. Liù è simbolo di dolcezza e bontà incarnante in toto i più alti principi illuministici schilleriani fino a raggiungere la vetta più alta dell’Humanitaet classica.

L’opera si apre in una fantastica Cina in cui un Mandarino annuncia l’ennesimo condannato a morte il principe di Persia per non aver svelato i tre enigmi di Turandot. Il principe ignoto reincontra dopo anni il vecchio padre Timur ormai cieco accompagnato da Liù, la quale dichiara il proprio amore verso il principe Signore ascolta, il cui principe le risponde di non piangere se un giorno nella reggia l’ha sorriso: Non piangere Liù. Alla vista della gelida e bellissima Turandot il principe rimane folgorato se ne innamora subitamente suonando il gong per svelare i temuti tre enigmi nonostante tutti da Timur a Liù alle “tre maschere” Ping, Pong e Pang cercano di sviarlo.

Le tre maschere si lamentano della vita che da anni conducono a causa di Turandot e sono alle prese con i preparativi o in caso di nozze o in caso di nuove esequie. La scena si sposta nella grande reggia con l’Inno di lode all’imperatore: Diecimila anni al nostro Imperatore. Anche il vecchio Imperatore stanco di tanto sangue innocente versato persuade il principe ignoto a distoglierlo dalla prova ma per tre volte il Principe afferma la propria volontà: Figlio del Cielo io chiedo di affrontar la prova! Appare la gelida Turandot con una tra le arie più impervie per voce di soprano: In questa reggia… Inizia così la maestosa scena degli enigmi… “La speranza, il sangue e Turandot” subito svelati dal principe… la perdente Turandot implora il padre di annullare la prova ma purtroppo è sacro il giuramento! Il principe magnanimo propone a Turandot a sua volta un enigma sulla melodia della celeberrima Nessun dorma: Il mio nome non sai. Dimmi il mio nome e all’alba io morirò!

Convinta di vincere la sfida Turandot accetta la sfida imponendo al popolo di non dormire per scoprire il nome dello straniero ed è qui che l’amata voce del tenore ha la sua massima espressione con il Nessun dorma ed in particolare i tre Vincerò finali. Ping, Pong e Pang offrono al principe donne, ricchezze affinché egli dica il suo nome e risparmi la vita a tutto il popolo. Vengono presi in ostaggio Liù e Timur i quali non svelano neanche sotto tortura il nome… Liù perderà la vita dopo aver implorato Turandot: Tu che di gel sei cinta… “È qui che finisce l’opera del Maestro” così Arturo Toscanini alla prima postuma al teatro Alla Scala di Milano il 26 aprile 1926, Puccini morirà il 22 novembre 1924… a concludere l’opera sulle bozze pucciniane sarà Franco Alfano con il duetto Principessa di morte! Principessa di gelo! In cui vien fuori l’umanità “schilleriana” dell’essere umano Turandot che piange e si commuove e si innamora del principe ignoto perdendo quell’alone falso, quello scudo di disumanità e crudeltà… il principe sarà lui stesso a svelare il proprio nome: Io son Calaf figlio di Timur… Davanti all’imperatore Turandot svelerà il nome: Padre Altissimo so il nome dell’ignoto… il suo nome è Amore! Sulle note del Nessun dorma e l’Inno all’imperatore l’opera si conclude con “il trionfo dell’Amore”, l’amore vince su tutto. Oltre al finale di Alfano è stato composto anche un Finale da Luciano Berio.

Turandot è forse l’opera più conosciuta al mondo… basti citare: All’alba vincerò!

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