Che fine hanno fatto Bette Davis e Joan Crawford?

by Claudia Pellicano

È impossibile condensare in un atto unico le vite di Bette Davis e Joan Crawford. Quello in cui si cimenta il testo di Jean Marboeuf è il tentativo di raccontare lo spirito di queste due artiste, la volizione, le fragilità, il desiderio di successo, e la fuga dalla quella solitudine, «che ti porta a non sentirti amata mai abbastanza».

Lo spettacolo con la regia di Fabrizio Bancale, in questi giorni in cartellone al teatro Off/Off di Roma, vede due grintosissimi attori, Gianni De Feo e Riccardo Castagnari, ingaggiare una disputa verbale che poco dev’essere distante da quella che è stata la realtà del set cinematografico. La pièce ha inizio con un immaginario scambio epistolare tra le due colleghe e rivali, e tra loro e Robert Aldrich, il regista di Che fine ha fatto Baby Jane? Il palcoscenico cede il passo al quadrilatero di un incontro di boxe, dove ogni battuta, ogni schermaglia, ogni punto segnato a proprio favore viene scandito dal suono del ring.

Gianni De Feo e Riccardo Castagnari

Il genio di queste magnifiche artiste si profonde anche nella vendetta, in una serie di ritorsioni che, nella vita come sulla scena, non lasciano posto al caso e all’approssimazione. Davis e Crawford guerreggiano ad armi pari, e con pari intensità, conservando, anche nella lotta, la dignità di chi combatte per la propria sopravvivenza e la forza di due campionesse che non avrebbero potuto essere nulla di meno o di diverso da quello che sono state. La sensazione è che, anche se fossero vissute ai giorni nostri, avrebbero elaborato qualcosa di più sofisticato di qualche tweet al vetriolo o di una bega da social. Paragonata a quella foga, sono le scaramucce di oggi ad apparire in bianco e nero. E poi c’è la posta in palio, naturalmente. La competizione è per aggiudicarsi un Oscar. Oscar che Davis si dice pronta a scaraventare contro chiunque le si frapponga.

Prendete il salvagente, questa sera c’è aria di burrasca, direbbe Margo Channing in Eva contro Eva. L’acrimonia di Crawford raggiunge vette d’inusitata perfidia quando imbastisce, ai danni della rivale, una campagna affinché sia Ann Bancroft, e non Davis, a vincere l’Oscar. La disfatta è totale nel momento in cui Joan Crawford ritira il premio al posto della vincitrice, assente alla serata.

Queste due grandissime artiste vengono da sempre ritratte e ricordate in modo controverso, ma è ugualmente vero che siano vissute in tempi ostili, e che tutta questa recalcitranza fosse dovuta soprattutto a un ambiente pronto a metterle in disparte. Un sistema che, aggradi o no, hanno giustamente, legittimamente contrastato. «Bisogna avere il coraggio di farsi detestare», spiega Bette Davis.

Ripensare a loro fa venir nostalgia per un tempo che non si è vissuto. Sono sicura che esista una qualche espressione tedesca ad esprimere questo genere di sentimento.
Mi chiedo anche se, oltre all’odio, ci fosse spazio per il rispetto. Chissà se, dentro di loro, non abbiano mai riconosciuto la rara e immensa fortuna di essere incorse in una nemica geniale.

*Ph credits: Teatro Off/Off

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