“Non avere paura di scherzare con la cultura”, l’eredità di Franca Valeri nell’omaggio di Raffaella Morelli

by Claudia Pellicano

Nell’anno 1800 vivono a Roma il barone Scarpia, capo della Polizia, il pittore e rivoluzionario Mario Cavaradossi, e la cantante Floria Tosca, la quale è amata da entrambi, ma ricambia soltanto i sentimenti dell’artista.
Cavaradossi è inviso alla Polizia non solo perché la bella cantante lo preferisce al perfido Scarpia, ma anche per via delle sue simpatie bonapartiste. Gelosia, autoritarismo e repressione conducono alla violenza e alla fine dei due amanti.

Queste sono le ben note vicende dell’opera di Puccini da cui muove Franca Valeri per immaginare un’altra storia, quella di due donne, due personaggi soltanto lambiti dal dramma, che osservano gli eventi dallo “spioncino” della portineria di Palazzo Farnese. Iride ed Emilia condividono con il pubblico le loro esperienze fatte di vita famigliare, di lavoro, di sogni, di difficoltà, con quell’ironia necessaria alla sopravvivenza quotidiana di ogni esistenza, anche di quella, in apparenza, più ordinaria.

Le protagoniste della versione di Raffaella Morelli proposta in questi giorni al teatro Belli di Roma in Tosca e le altre due sono Cinzia Massironi, nel ruolo della portiera, ed Elisabetta Spinelli, nei panni della moglie del carceriere Sciarrone. Mentre fuori si consuma la tragedia, tra le due donne, così diverse e, per certi versi, così simili, e  si crea un po’ alla volta un legame che porta Emilia ad aiutare Iside a fuggire da un matrimonio infelice.

Commedia e tragedia, come nella vita, si avvicendano sul palcoscenico, dove, attraverso dei filmati dell’opera originale, vediamo dispiegarsi, assieme alle vicissitudini di Iride ed Emilia, la storia e l’epilogo dei due amanti.

Due grandi attrici milanesi, «scatenate e appassionate di teatro», come le definisce la regista, portano sulla scena dei personaggi esilaranti, una portinaia verace e col tipico disincanto dei romani, e un’attrice deliziosamente frivola e disinibita.

«La squadra, con l’eccezione dell’aiuto regista Tancredi Capucci, è quasi tutta la femminile: Lilia Rossi alla scenografia e ai costumi, io alla regia, due attrici sulla scena. È stata una nostra scommessa», commenta la regista Raffaella Morelli a bonculture e aggiunge:

«Ho visto questo spettacolo molti anni fa, nel 1986, e non l’ho mai dimenticato. Ho sempre amato molto Franca Valeri. Oggi è una persona in là con gli anni, a luglio ne compirà cento, è la decana delle nostre autrici, attrici, registe e sceneggiatrici italiane, e avevo voglia di renderle un omaggio. Quale migliore occasione che ritrovare Tosca e altre due, un’opera dentro l’opera, uno spettacolo che racconta le vicende di Tosca, del barone, e del pittore Cavaradossi viste dal buco della serratura? Il genio di Franca Valeri ha raccontato il melodramma attraverso lo sguardo di due personaggi immaginari, una portiera e la moglie del boia, durante una notte in cui ne succedono di tutti i colori. Questo gioco all’epoca mi aveva molto divertito e ho avuto voglia di riportarlo in scena.
Ho avuto anche la fortuna di lavorare con due attrici straordinarie come Cinzia Massironi ed Elisabetta Spinelli, che si sono prestate al gioco. L’abbiamo rimesso in piedi in una versione più dinamica, diversa dall’originale. Abbiamo scommesso su questo testo e sull’incontro con un pubblico che magari non conosce Franca Valeri, oppure l’ha vista poco. Noi abbiamo avuto la fortuna di conoscerla da giovane».

Le chiedo quale sia stato, per lei, il lascito più importante di Franca Valeri:

«Mi ha insegnato a non aver paura di scherzare con la cultura, a non avere paura di fare cultura, di allargare le nostre curiosità. Con Tosca e altre due crea un’opera dentro l’opera, mescola la musica, l’opera, la commedia dell’arte. È una persona che mi ha molto arricchito».

Una lezione particolarmente importante in un momento in cui la cultura non solo occupa un posto sempre più marginale, ma viene percepita quasi come un intralcio, un inutile ornamento dinanzi a questioni più importanti. «Vissi d’arte», canta Tosca. Le fa eco Iside: «Sì, vissi d’arte… perché io no? Ho mangiato pane e arte, un bicchier d’acqua e via, l’amore l’è stato il companatico».

PH Ufficio stampa Carla Fabi e Roberta Savona

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