«Il Fascinum delle giovani donne, tra malocchio e dio Priapo: Monte Sant’Angelo è il paese di San Michele e del Sole». La prof Laura Marchetti recita a Mònde il rito dell’affascinatura

by Antonella Soccio

Affascine ca vaie pe’ la via

da N.N non ci ire

che è bona nata;

battezzata e

cresimata.

A nome de Ddie e della santissima Trinitate.

( Da Sud e Magia di Ernesto De Martino)

Non è solo la rappresentazione di una “bassa magia cerimoniale” quella che la professoressa Laura Marchetti ha messo in scena per Mònde, dando vita al rito meridionale dell’affascino e dello sfascino in una straordinaria performance teatrale.

Non c’è solo l’utilizzo dell’armamentario magico per combattere una manifestazione negativa del reale nell’illustrazione di quella che per molti, a torto, è una rozza superstizione antiscientifica contraria all’autentica “luce della ragione”.

Nel rito del malocchio o fascinatura, con bacili d’acqua e olio, c’è un fortissimo rapporto tra donne, tra l’anziana sciamana e la giovane affascinata, che mette in relazione cristianesimo e sedimenti pagani.

Noi di bonculture abbiamo intervistato l’antropologa Marchetti.

Professoressa, cos’è il malocchio?

«La fascinatura è il malocchio, che è l’occhio invidioso, malevolo. L’invidia nei nostri paesi è il peccato più diffuso, ma anche nelle fiabe, tante sorelle sono invidiose della sorella più bella o più buona. Accade, nel Salento, in Lucania, in Irpinia e anche sul Gargano, che alcune giovani ragazze vengano fascinate, affascinate. E stanno malissimo. Ci sono alcuni sintomi: spossatezza, mal di testa e sopratutto questo sentirsi in preda in forze estranee, questo essere rapite. C’è un rapimento. Se non funzionano i mezzi normale, si va dalla sfascinatrice che è una donna anziana che toglie il fascino. La donna ha ricevuto questo segreto magico in punto di morte. La donna anziana mette in atto questo rito che consiste in due momenti. Nel primo ci sono le croci, una forma più lieve, se poi non funziona si mette in atto il rito vero e proprio col bacile, l’olio, l’acqua. In questi elementi c’è molto cristianesimo, molta religione cattolica. Ma c’è anche molta religione pagana, è come se quest’ultima si fosse sovrapposta al cristianesimo. L’olio è un simbolo della religione cristiana, mentre l’acqua è un simbolo della religione pagana. Il rito deve riuscire a togliere la fascinatura e quindi la ragazza torna ad essere una brava ragazza, una ragazza normale».

Cosa ci dice il rito se lo interpretiamo?

«Se noi interpretiamo il rito, l’esito consiste nell’olio che deve rimanere separato dall’acqua. L’olio nella Bibbia è un simbolo di spiritualità, di decorporeizzazione. L’acqua invece è il simbolo opposto. Di sensualità. Le donne di acqua sono donne profondamente sensuali. Pensiamo alle Ondine di Klimt. Ora decodifichiamo. E partiamo dalla parola. Fascinum era l’antico dio Priapo, era il fallo. Il fascino era il fallo delle feste, lo dice Plinio. Da qui derivano le feste fescennine, le feste agrarie, i fasci pagani.

La parola fascinum indicava sia il malocchio sia il fallo che toglie il malocchio, addirittura in Lazio ci sono alcune icone che rappresentano il fallo che sgorga il seme sull’occhio per togliere il malocchio, nell’antica tradizione romana il fallo fecondatore era quello che toglieva il malocchio e acceca.

Questi sintomi di spossatezza, di rapimento sono i sintomi dell’innamoramento erotico. Le donne anziane sono sempre cattive con le donne giovani: cosa fa la donna anziana? Cosa vuole togliere alla giovane donna? L’erotismo, l’innamoramento. E noi lo vogliamo? Noi non lo vogliamo. Noi vogliamo che la donna giovane rimanga affascinata».

Questi elementi si ritrovano in qualche fiaba?

«Assolutamente sì, gli spidocchiamenti nelle fiabe sono questi passaggi. In genere nel mito la metamorfosi va dal mondo umano al mondo animale o vegetale. Nella religione cattolica la metamorfosi arriva al contrario».

Il segreto, le formule del malocchio si trasferiscono da donna a donna, nella notte di Pasqua o nella notte del Venerdì Santo, cosa significa?

«Il cattolicesimo si è sovrapposto ai miti pagani, cercando di governarli, perché il messaggio del paganesimo è un messaggio di liberazione. Il messaggio è la spiritualizzazione del corpo femminile e quindi di addomesticamento del femminile.

Quanto il mito coinvolge anche gli uomini, che si fanno fare il malocchio, siamo già alla superstizione?

Io sono atea, quindi figuriamoci se sono superstiziosa, però la forza della suggestione e la forza del rito sono potenti. Il rito ha una forza di convinzione molto profonda, è una terapia mentale. I riti erano una medicina mentale, in un momento in cui la medicina era debole. Ancora oggi quante malattie, quanti tumori, quante ulcere sono di tipo psicosomatico? L’anima e la mente, il potere della suggestione c’entrano sempre sul corpo. Noi non possiamo cavarcela con le analisi. La magia ci dice che c’è un potere mentale molto forte che agisce sugli individui e sulle comunità del Sud. Il libro di Ernesto De Martino in cui compare l’affascinatura è Sud e Magia. De Martino analizza le compromissioni che nel Sud esistono tra la religione pagana e quella cristiana. Il cattolicesimo si è sempre sovrapposto. Pensiamo alla festa di Accettura, il cattolicesimo l’ha prima censurata e poi l’ha recuperata».

E cosa possiamo dire degli angeli? Anche Monte Sant’Angelo si ascrive nella commistione tra cattolicesimo e paganesimo?

«Lo dico sempre ai miei amici: Monte Sant’Angelo è diventato il paese di San Michele, ma questo è il paese delle antichissime religioni del Sole. È il paese del politeismo, parliamo infatti di Montagna del Sole, la Montagna Sacra. Ne ha scritto Bronzini, uno dei più grandi antropologi, che ha riletto la storia del Sud. Del resto non poteva essere il Gargano un luogo solo del cattolicesimo, perché qui sono passati tutti. Sarebbe bellissimo se Monte Sant’Angelo diventasse non solo un punto di riferimento della Francigena, ma se potesse diventare l’Università e il tempio di tutte le religioni, compresa quella politeista e pagana, che da qui è passata».

La accademica insieme al direttore artistico di Mònde Luciano Toriello

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