La rivincita del teatro ragazzi e del pubblico nuovo. Colloquio con Tonio De Nitto, vincitore del Premio Eolo

by Anna Maria Giannone

Teatro ragazzi, per il nuovo pubblico o tout public. Quella parte delle arti performative che si rivolge principalmente all’infanzia e all’adolescenza appare scomoda in tutte le definizioni, eternamente alla ricerca di un’identità che le dia il giusto valore.

Eppure è proprio là che, abbandonando ogni etichetta e pregiudizio, accade di imbattersi nella produzione teatrale più poetica e carica di senso. In particolar modo in Puglia, che di anno in anno si conferma prolifica fucina creativa, in cui molte compagnie, dalle più piccole e indipendenti alle più strutturate, riescono a produrre lavori di alta qualità artistica.

A dimostrarlo, oltre ai tanti spettacoli pugliesi ospiti dei teatri di tutta Italia, è il premio Eolo Awards, il riconoscimento più importante per il settore del teatro ragazzi in Italia, assegnato dall’omonima rivista, da anni un osservatorio permanente sulle arti performative rivolte al “giovane pubblico”. Così dopo Cappuccetto Rosso della Compagnia La Luna nel letto di Ruvo, Zanna Bianca della brindisina INTI, Ahia! di Teatri di Bari/Compagnia Senza Piume Teatro, il 2020 vede trionfare Mattia e il nonno, coproduzione di Factory Compagnia Transadriatica e  Nasca di Lecce con Fondazione Sipario Toscana.

Premiato “per aver proposto con estrema poesia e delicatezza il tema della morte, così spinoso da offrire al pubblico dei ragazzi”, lo spettacolo diretto da Tonio De Nitto è tratto dal capolavoro di Roberto Piumini, uscito per Einaudi Ragazzi nel 1999. Il testo di Piumini, una delle più belle pagine della letteratura contemporanea per ragazzi, è portato in scena nella straordinaria interpretazione di Ippolito Chiarello. Una narrazione che, adattando le parole del libro, trasporta sul palcoscenico il viaggio delicato di un nonno e un nipote, una lunga e simbolica passeggiata fra ricordi e avventure, in cui il distacco è affrontato senza timore di arrivare fino in fondo. Un percorso naturale in cui tutto è crescita e trasformazione.

Un lavoro, come ha ricordato Tonio De Nitto durante la cerimonia di assegnazione dei premi Eolo 2020 – avvenuta lo scorso 18 maggio in diretta social, come tutte le iniziative di questo periodo –  assume ancora più valore in un momento storico in cui il mondo ha dovuto privarsi, in maniera repentina e inaspettata, di molti dei suoi anziani.  Mattia il nonno ci racconta dunque di un altro modo di parlare all’infanzia, di un’autenticità che sfugge a tutte le edulcorazioni disneyane per cercare uno scambio autentico e profondo fra le generazioni. Una vocazione che da anni attraversa il teatro di Tonio De Nitto e della sua compagnia Factory.

Ci sono argomenti da cui l’infanzia viene protetta, in maniera forse eccessiva. Come si raccontano ai ragazzi anche gli aspetti meno leggeri della vita? 

Non bluffando sicuramente. Credo che i ragazzi siano predisposti ad accogliere e rielaborare concetti anche lontani da loro, più di quanto non lo sia un adulto. Palesare problemi o argomenti, da cui li si vuole proteggere, come sempre può e deve essere la soluzione migliore. La verità – e quindi la conoscenza – vincono sempre sulla menzogna e l’ignoranza. Il teatro per le nuove generazioni per fortuna negli ultimi anni ha imparato ad attraversare temi forti. In origine le favole sublimavano aspetti spesso truci di una vita povera e sbilanciata, dove non esisteva ancora il concetto di diritto e di democrazia, dove l’immaginario gotico degli autori incarnava tutte le nostre paure, ovviamente per fornirci strumenti simbolici per superarle. Così diversità, disabilità, depressione, bullismo e anche la morte devono trovare il loro posto nelle narrazioni di questo presente perché il teatro non può non riflettere la vita ed essere, anch’esso, uno strumento per affrontarle. Occorre chiamare le cose col proprio nome e utilizzare tutti gli strumenti più idonei per raccontarle.


È la prima volta che il tuo teatro incontra il testo di uno scrittore per l’infanzia contemporaneo. Come hai lavorato sull’adattamento?

Partiamo dal presupposto che le parole degli autori che non scrivono pensando al teatro, se usate per il teatro, sono spesso più del necessario e sono armate di tutte le possibilità che la nostra lingua ha generato. La narrazione, spogliata da barocchismi e manierismi vari, cerca di far vedere all’orizzonte il fuoco che si vuole raggiungere: facendosi strada tra le parole, che poi sono avventure o situazioni, prima o poi si arriverà a scaldarsi il cuore. Nel caso di Mattia e il nonno ci siamo messi alla ricerca di quel fuoco, quel passaggio di consegne, quegli insegnamenti a guardare il mondo con attenzione e stupore. Abbiamo sfoltito le descrizioni, limando quello che la potenza di un solo gesto o di un cambio di tonalità della voce poteva far vedere senza dover usare tante parole. Abbiamo operato piccoli cambiamenti per dotare nonno e nipote di un proprio corredino linguistico e d’espressioni fuso con la gestualità.


Come è andata con Piumini? Ha avuto modo di vedere lo spettacolo?

Roberto ha visto lo spettacolo al suo debutto al Festival Segnali di Milano, una delle repliche più emozionanti che possa mai ricordare. In platea la maggior parte degli operatori del teatro italiano e a due classi di bambini, silenziosissimi e profondamente commossi. Abbiamo chiacchierato con Piumini su alcuni tagli e sulla nostra interpretazione di alcuni passaggi, mi ha chiesto le motivazioni di alcune scelte ed è stato molto contento del risultato. Molti teatri hanno voluto incontrarlo quest’anno, organizzando assieme allo spettacolo un momento con lui.
 

Lo spettacolo, prima dello stop forzato ha avuto modo di incontrare ragazzi, genitori e insegnanti. Adulti e bambini ti hanno restituito aspetti diversi di questo lavoro? 

Lo spettacolo purtroppo ha fatto solo una piccola parte del tour che avevamo messo in piedi ma negli incontri fatti è stato evidente come questo lavoro parli a tutti con essenzialità. I bambini sono affascinati dagli incontri e dalle scoperte narrate, cercano di capire quanto sia grande il nonno man mano che diventa più piccolo, perché noi non lo mostriamo mai. Si lasciano guidare passo dopo passo attraverso quella bellissima metafora che Piumini ha inventato per raccontare il distacco. Gli adulti mi è parso di capire che facciano un viaggio simile: attraverso un attore che non bambineggia mai, ritornano bambini anche loro, ritornano ad essere prima nipoti e poi soprattutto figli. Per questo dico che Mattia e il nonno è un farmaco che tutti dovremmo avere la fortuna di leggere o magari di vedere.

L’eccezionalità di questo spettacolo è quella di non aver paura di commuovere.  Come vivono i bambini emozioni così intense? 

I bambini sono trasparenti e le emozioni le vivono tutte sino in fondo. Nel corso delle repliche abbiamo visto tanti bambini (e tantissimi adulti) abbandonarsi al pianto, perché avevano perduto da poco uno dei nonni o semplicemente perché avevano compreso un passaggio fondamentale della vita a cui non ci si abituerà mai. Il tutto avviene con una straordinaria dolcezza ed accade spesso che, al termine dello spettacolo, da soli, alcuni di loro cerchino Ippolito per dirgli che anche il loro nonno sta vivendo nel loro cuore.


Definisci il tuo spettacolo “tout public”, c’è sempre una sorta di ribellione alla definizione di “teatro ragazzi”. Eppure parlare ai più piccoli esige un lavoro molto delicato sulla scelta di linguaggi e temi da proporre…

Penso che i miei spettacoli siano per tutti. Lo credo anche per quelli della prosa, i classici shakespeariani che ho messo in scena, finanche il Molière. I ragazzi erano i primi a tastare le filate di Peter Brook: se una cosa è chiara arriva sia ai bambini che a i grandi.
Sì è vero, la scelta dei linguaggi è fondamentale, per questo molte volte il mio tout public non ha le parole per poter essere proprio di tutti, di tutte le età e di tutto il mondo. In questo caso le parole di Piumini hanno quella semplicità così disarmante nel farsi carico di un tema così forte che non hanno alcun problema a essere comprese dai bambini e a mettere a nudo anche la fragilità dei grandi.

PH. Eliana Manca

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