Babylon Berlin: su Sky Atlantic l’opulenta, progressista e colta capitale della Repubblica di Weimar

by Nicola Signorile

La Repubblica di Weimar in tutto il suo decadente sfavillare è la protagonista assoluta della serie Sky Original, Babylon Berlin. Un progetto ambizioso, esteticamente sontuoso, che incastra le indagini dell’investigatore Gereon Rath e dell’aspirante assistente di polizia Charlotte Ritter nella grande Storia di quegli anni. Difficile rinchiudere Babylon Berlin negli angusti limiti di un solo genere: è un poliziesco, un thriller politico, un noir, una storia di spie, un period drama, tutto questo insieme. Una serie in grado, attraverso un meccanismo di genere, di raccontare un’epoca complessa, caratterizzata da contraddizioni stridenti, evidenti nei tratti di una Berlino di fine anni ’20 in cui convivono povertà e sfarzo, voglia di godere dei piaceri della vita da una parte, fame e miseria dall’altra.

La capitale del Reich è tetra e ricchissima nella serie nata dalla collaborazione fra Sky Deutschland e Beta Film, arrivata alla terza stagione.

Charlotte attraversa entrambe le anime della città. Di giorno, la miseria della fatiscente casa di famiglia in cui si dorme in sei in pochi metri e si riesce a malapena a mangiare una volta al giorno; di notte, eccola entrare dell’universo opposto, simboleggiato dal Moka Efti, storico ristorante e club di Berlino, il locale dello sfarzo, delle feste, del sesso. Ballerine che danzano vestite solo di un gonnellino fatto di banane, uomini in smoking e fazzoletto nel taschino della giacca, incontri galanti, musica (la coinvolgente Zu Asche, Zu staub è il tema portante della serie), danze: i ruggenti anni Venti in tutto il loro splendore. Di club e varietà è piena questa città del peccato. Accanto alla musica e al ballo c’è spesso spazio, come nel seminterrato del Moka, per le stanze del piacere bazzicate da Charlotte all’inizio di Babylon Berlin.

Lo show tedesco, nel solco di altre grandi produzioni recenti come Deutschland 83 o Das Boot, dimostra di poter reggere il confronto con la grande serialità internazionale di lingua inglese. Merito del minuzioso lavoro di ricostruzione e della cura dei dettagli nelle ambientazioni, di una trama complessa e ben orchestrata, di un accurato casting che ha pescato in patria le facce giuste, a cominciare dai due interessantissimi attori protagonisti Volker Bruch (Generation War, The reader – A voce alta) e Liv Lisa Fries (The Wave, Counterpart) e della capacità di raccontare un momento della storia tedesca ed europea tra i più significativi.

Berlino in quegli anni è opulenta, progressista, colta. Ma delle gravi minacce incombono sulla fragile Repubblica di Weimar, nata alla fine della Prima Guerra Mondiale. Il primo tentativo di democrazia liberale nel Reich coincide con un periodo di forte instabilità, di conflitti e tensioni interne. La pressione di movimenti estremisti di destra e di sinistra mette continuamente in discussione l’assetto democratico e le condizioni punitive dettate ai tedeschi dal Trattato di Versailles, che costrinsero la nazione a cedere aree ricche di risorse, a pagare somme enormi a titolo di riparazione di guerra e a pesanti riduzioni del suo esercito. I cenni storici non sono un vezzo didascalico. Sono fondamentali per farsi trasportare pienamente dal flusso narrativo della serie che, mentre segue la linea narrativa stagionale dell’indagine dell’ispettore Rath, si dipana in storyline secondarie più o meno ricollegabili alla principale, linee del racconto che fanno conoscere al pubblico altri aspetti della Berlino del 1929 e delle vite di Gereon e Charlotte.

Gereon Rath è un uomo serio, gentile e dedito al lavoro, un ispettore di Colonia arrivato nella capitale per indagare su alcuni filmini hot che qualcuno in alto è molto interessato a far sparire. Ma Rath, oltre che investigatore acuto, è un veterano del primo conflitto mondiale che soffre di Ptsd (disturbo da stress post traumatico) e che per tenere a bada i demoni del passato non esita all’occorrenza a strafarsi di morfina. Charlotte Ritter viene da una famiglia poverissima, è determinata e coraggiosa, disposta a tutto per raggiungere i propri obiettivi. Da stenografa, “intrattenitrice” part-time al Moka Efti, riesce a farsi largo nella polizia e, grazie a un intuito non comune, a farsi notare da Rath, di cui diverrà inseparabile spalla. Berlino pullula di una umanità varia e sfaccettata. Accanto a loro, il pubblico farà la conoscenza di Bruno Wolter (Peter Kurht), il collega di Rath, in apparenza un compagnone affabile e fidato, in realtà un uomo pieno di segreti, coinvolto nella cospirazione nera al centro della seconda stagione. Greta (Leonie Benesch), è l’amica di Charlotte impiegata da cameriera in casa del questore August Benda (Matthias Brandt), onesto difensore della Repubblica e punto di riferimento per Rath. Poi ci sono Svetlana Sorokina (Severija Janusauskaite), nobile russa decaduta alla ricerca del tesoro di famiglia e i suoi spasimanti, l’agitatore rosso Alexej Kardakow (Ivan Shvedoff) e Alfred Nyssen (Lars Eidinger), erede di uno dei più grandi imperi industriali tedeschi. Poi ci sono il minaccioso Armeno (Misel Maticevic), proprietario del Moka Efti e boss della malavita locale e il dottor Anno Schmidt (Jens Harzer), votato alla cura del disturbo da stress post-traumatico e con un segreto ben nascosto sotto le cicatrici. Ma questi sono solo alcuni dei personaggi del ricco show che nel terzo capitolo ci mostra una città ancora più soggiogata dalla crisi economica, dalla speculazione e dalla crescita dell’incombente nazionalsocialismo.

Come detto, il lavoro a livello visivo è encomiabile. I set ricostruiscono fedelmente la Berlino anni 20’, dai quartieri più poveri, per esempio il cadente palazzo dove vive Charlotte con la sua famiglia, alle zone del centro, dove si trovano il Moka Efti, l’appartamento in cui risiede inizialmente Gereon e la farmacia presso cui si rifornisce di morfina, per finire al Castello Rosso, il quartier generale della polizia, in Alexanderplatz. Incredibile il lavoro sui costumi, ideati in base a fotografie e filmati d’epoca – i cappellini di Charlotte, gli abiti da sera che le berlinesi indossano al Moka Efti in pieno stile flapper, i costumi delle ballerine, le uniformi, i soprabiti e i completi con panciotto degli uomini,  i mutandoni, i sontuosi abiti della contessa Sorokina – e sugli oggetti di scena, le automobili, le armi, gli arredi, i portasigarette, gli apparecchi telefonici e così via. Un bellissimo viaggio nel tempo da gustare sul divano di casa.

L’indagine sui filmini era centrale nella prima stagione, ma introduceva i temi principali del secondo capitolo, dedicato a un treno merci pieno di lingotti d’oro (e di gas tossico) proveniente dall’Unione Sovietica che fa gola a molti e alla cospirazione dell’esercito nero che vuole sovvertire l’assetto democratico. La politica è una parte fondamentale di Babylon Berlin. Ai tentativi di ristabilire la monarchia e rimettere in piedi le forze armate teutoniche di militari e forze conservatrici fanno fa contraltare le manifestazioni dei movimenti comunisti che il 1 maggio portano a scontri con la polizia e alla morte di civili inermi. Un bagno di sangue che porterà a galla il lato oscuro della Repubblica di Weimar (e del protagonista Gereon Rath) e che provocherà rappresaglie di grande impatto sui personaggi dello show.

La terza stagione, attualmente in onda su Sky Atlantic e in streaming su Now Tv (le prime due sono disponibili on demand su Sky e Now Tv) adatta il bestseller di Volker Kutscher La morte non fa rumore, edito da Feltrinelli, secondo volume della saga sull’ispettore Gereon Rath. La cultura si evolve a passo svelto e nei famigerati studios berlinesi di Babelsberg vengono prodotti per la prima volta film sonori. Uno fra questi vede come protagonista la stella Betty Winter, che viene tragicamente uccisa a causa della caduta di uno dei riflettori di scena. A indagare sarà proprio Gereon Rath, con l’aiuto di Charlotte. Dietro quello che poteva sembrare un semplice incidente si inizia a intravedere qualcosa di molto più grande, pericoloso, sporco. E la misteriosa morte della giovane attrice non sarà l’unico caso su cui indagare. La regia è nelle mani affidabili del veterano Henk Handloegten (Learning to Lie, An Old Maid), di Achim von Borries, regista di 4 Days in May e Alone in Berlin (ha collaborato alla sceneggiatura di un cult come Goodbye, Lenin!) e del più noto fuori dai confini tedeschi Tom Tykwer, autore di Lola Corre, Profumo, Heaven e The International, girati anche in Italia, e di Cloud Atlas a sei mani con le sorelle Wachowski.

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