Beatrice Aiello, dalla serie Petra ai miracoli di San Nicola e altri rimedi

by Nicola Signorile

Dalla serie Sky Petra ai miracoli di San Nicola, passando per il regime di Enver Hoxha e il cinema riflessivo di Roberto Faenza. Una carriera sul punto di prendere il volo: è la sensazione che si ha parlando con Beatrice Aiello, giovane attrice, romana di origini calabresi, scelta da Maria Sole Tognazzi per il ruolo di Amanda, l’amorevole sorella di Paola Cortellesi nella serie crime tratta dai romanzi di Alicia Giménez-Bartlett. Bellezza mediterranea e vulnerabilità, determinazione temperata dalla convinzione che “le esperienze di vita, gli incontri, le relazioni sono le cose più importanti, anche per il mestiere di attore”.  

Dopo la gavetta tra fiction e teatro, ora iniziano le scritture importanti. “Sono sicura che recitare è la mia strada, ma vorrei continuare a esplorare altri lati della macchina”. Infatti Beatrice scrive e dirige: tra le altre cose, il monologo Gocce, a teatro, e il corto Lettera al vento, da Tabucchi, per cui ha ricevuto il Premio Troisi all’ultima edizione del MareFestival di Salina. Ma partiamo dal suo ruolo televisivo, attualmente in onda su Sky.

Beatrice, Petra e Amanda non potrebbero essere più diverse, nei loro nomi c’è già tutto.

Vero, nei nomi c’è l’essenza dei due personaggi. Due maschere diverse, con una importante emotività condivisa. Si vogliono un gran bene. La dura pietra da una parte, una mamma e moglie dall’altra. Entrambe sono donne non risolte. Amanda ammira il coraggio e il carattere della sorella più grande (anch’io ne ho una) e la sua capacità di adattamento a un contesto diverso. Lei è vulnerabile, senza paura di mostrarlo. Ha scelto la tenerezza, la simpatia e la gentilezza. Ognuno trova il suo modo di ottenere amore. Grazie ad Amanda scopriamo un lato inedito, sentimentale di Petra importante per il personaggio”.

Raccontaci la Cortellesi sul set e il rapporto che si è instaurato tra voi.

L’ho sempre ammirata. Il suo trasformismo, il talento musicale. La guardavo a Mai dire gol, una donna capace di reggere uno show da sola. È una delle persone più serene che abbia mai visto su un set. Emana un’energia pacifica, empatica. Sentivo che stavamo costruendo qualcosa insieme con la stessa attenzione per il mio ruolo secondario, che per i protagonisti. Ringrazio Maria Sole per avermi scelto: è una regista molto forte sul set”.

Si vede la grande cura dei dettagli nella serie.

Mi fa piacere si percepisca. Maria Sole teneva molto a una recitazione essenziale, alla naturalezza calata nel genere crime. Lo stile noir in questo caso non dà vita a personaggi bidimensionali”.

Non sei certo una che aspetta che squilli il telefono. Tra i tanti progetti, da barese, ho notato il corto San Nicola e altri rimedi sulle donne in cerca di marito che a Bari, durante la festa del patrono a maggio, chiedono “la grazia” al santo di Myra. Perché ti ha colpito questa tradizione?

Ho visitato la città e assistito alle celebrazioni lo scorso anno. C’è una atmosfera incredibile all’alba del 6 dicembre. Ho intervistato donne di tutte le età a Bari vecchia e girato nella Basilica. Mi hanno raccontato tante storie divertenti, ma anche ricche di sofferenza. Avevo già in testa qualcosa sui cuori solitari, sulla ricerca dell’anima gemella. Qualcosa che tra delusioni e ironia coinvolge molte persone ancora oggi”.

Come l’hai sviluppato?

Ho l’impressione che ci sia ancora il bisogno del riconoscimento di uno status per molte donne, soprattutto al Sud e in determinati contesti. O sei una donna in carriera, di potere o, se a una certa età non sei sposata, può diventare un problema. C’è questa ragazza che scommette con la nonna che neanche San Nicola – l’archetipo maschile, un padre, un uomo buono pronto ad aiutare tutti, Babbo Natale appunto – può riuscire a farle trovare un marito. il contesto è quello della grande festa paesana. C’è il divertimento, il folklore, l’aspetto rituale: vorrei scrivere una sceneggiatura e farne un film. Sono cose che da piccola trovavo assurde. Con l’età ho imparato a capire ogni modo di pregare”.

Nel 2021 ti vedremo in due film, Il ritratto incompiuto di Namik Ajazi e Resilient di Roberto Faenza.

Nel primo sarò la figlia di Remo Girone, ambasciatore italiano a Tirana, durante la dittatura di Enver Hoxha. Si tratta di una storia d’amore contrastata tra un pittore albanese e la figlia di un diplomatico, un Romeo e Giulietta albanese. Un ruolo nel quale ho dovuto mettere la freschezza e l’elettricità ormonale della post-adolescenza. Abbiamo girato tra Tirana e Durazzo. Quello di Hoxha è un regime poco indagato dal cinema. Alcune riprese sono state fatte nella casa del dittatore dove si percepisce un’atmosfera densa, di sofferenza. In Albania convivono modernità e luoghi diroccati che  rimandano a quell’epoca”.

Poi, Faenza?

Che dire, un grande professionista. Un signore nei modi con una grande preparazione culturale, dal quale si può imparare molto. Il film parla della vita e dell’infanzia di Mario Capecchi, premio Nobel per la medicina. Dopo l’arresto della madre attivista e poetessa da parte dei fascisti nel 1941, Mario bambino visse solo per due anni, peregrinando con un gruppo di coetanei. E io interpreto una contadina che incontra sul suo percorso. Sul set ho incontrato un mito come Milena Canonero: ho visto la sua dedizione incredibile, come fosse al primo film”.

Dai molta importanza agli incontri nel tuo percorso?

Sì. Sono tutti tasselli di una crescita. Far parte di un grande organismo che sta creando qualcosa, anche avendo un piccolo ruolo,  come sul set di Resilient, è rilassante. Ti spinge a partecipare e a dare il meglio. Certo, un ruolo da protagonista dà una responsabilità diversa. Recitare è la mia strada. Ma so anche che non c’è niente di meno sexy di un attore che cerca lavoro. Bisogna farlo, ma fingendo di non farlo (ride)”.

Da attrice, se potessi scegliere liberamente, che tipo di ruolo vorresti interpretare?

Per un progetto in cantiere, sto guardando e studiando il cinema di genere anni ’70 e ’80. Mi preparo a un ruolo forte, poco parlato, aggressivo, in cui userò il corpo in modo diverso, con una fisicità esibita”.

 Niente sorelle, mamme, figlie, insomma. Facci capire in che mondo ci muoviamo.

In questo momento sono in fissa con The Addiction di Abel Ferrara. Ma spunti incredibili di interpretazione sono anche Il lenzuolo viola di Nicolas Roeg e la sua Theresa Russell o a I Spit on Your Grave di  Steven Monroe. Ma, restando in Italia, penso a Una lucertola con la pelle di donna di Lucio Fulci o a Non si sevizia un paperino, due pellicole che condividono la presenza forte di Florinda Bolkan. Poi, alla Catriona McColl, protagonista di altri film di Fulci. E a Daria Nicolodi, unica, in La proprietà non è più un furto di Petri o Profondo rosso”.

Complimenti per gli spunti. Esempi di femminilità differente rispetto ai canoni del cinema italiano.

Grazie. I miei modelli sono interpreti camaleontiche come Meryl Streep, Monica Vitti o Julian Moore. Mi piace mimetizzarmi. Mi sono sempre piaciuti registi tosti come Lynch, Cronenberg, Polanski. Certo, parliamo di un cinema datato e fatto prevalentemente da uomini che però ha un’attitudine estetica diversa. L’ideale è riempire di contenuti contemporanei quel tipo di espressionismo visivo. Sarebbe bello oggi avere al cinema e in tv esempi di eroine partorite da menti femminili”.  

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