Bridgerton, dai libri di Julia Quinn il gossip girl in costume da non perdere se non siete delle fondamentaliste di Jane Austen

by Michela Conoscitore

Disponibile dal 25 dicembre su Netflix, un regalo di Natale in piena regola, la nuova serie Bridgerton ha superato tutte le previsioni e, in pochi giorni, è diventata un fenomeno social e tra le serie più viste sulla celebre piattaforma streaming. Se Netflix non sbaglia un colpo, stesso identico destino spetta anche alla produttrice della serie, Shonda Rhimes, ormai vera e propria imprenditrice del tubo catodico made in USA. Creatrice di serie come Grey’s Anatomy, Scandal e Le regole del delitto perfetto, Shonda nel 2017 ha abbandonato la storica collaborazione con la rete ABC per approdare, con un accordo cospicuo, al colosso di Los Gatos.

Bridgerton è proprio uno dei frutti di quel contratto milionario: tratto dai romanzi di Julia Quinn, ne sono ben nove quindi preparatevi e attendete fiduciosi altrettante stagioni della serie; sceneggiatura scritta da uno dei collaboratori più fidati della signora Rhimes, Chris Van Dusen, Bridgerton racconta le vicende della nobile famiglia, visconti a Londra in piena epoca Regency. La storia comincia nel 1813, data simbolica non scelta a caso perché è l’anno di uscita di Orgoglio e Pregiudizio, il best seller di Jane Austen, a cui la scrittrice Julia Quinn ha strizzato entrambi gli occhi. La produzione firmata Shondaland, ovviamente, è assai diversa da quella di Julian Fellowes per Downton Abbey perché il gusto per il politically correct e l’old english style in Bridgerton sono sostituiti da una visione molto americana dell’epoca Regency, un Gossip Girl ambientato tra trine e merletti.

Narratrice di quel che accade a Londra, dentro e fuori le magioni nobiliari dell’alta società, è una certa Lady Whistledown (Julie Andrews le presta la voce nella versione originale): la donna dalle colonne di un giornale scandalistico racconta vita, morte e miracoli del bel mondo che lei sembra conoscere minutamente, ma la sua identità rimane sconosciuta ed indecifrabile.

La protagonista di questa stagione è Daphne Bridgerton (Phoebe Dynevor) che, in età da marito, è alla ricerca di un buon partito che la sposi e la ami, sì perché quel che proprio non manca in questa serie è il romanticismo, a tratti magari anche troppo scontato, ma che conquista sempre milioni di spettatrici. La ‘caccia’ allo sposo non sarà semplice, seppur Daphne sia praticamente perfetta sotto ogni aspetto, ed è incoronata dalla regina Charlotte in persona come ‘diamante della stagione’. Ad opporsi alla felicità della ragazza le prepotenze del fratello maggiore, capo dei Bridgerton a cui spetta il potere decisionale sui membri del nucleo famigliare, e pretendenti inetti o scarsi. Tranne uno, quello più inafferrabile e appetitoso, il duca di Hastings, Simon, interpretato dall’attore Regé Jean-Page, vera star della serie, con cui Daphne inizialmente fissa un accordo per raggiungere più facilmente il suo obiettivo. Un rapporto il loro litigioso ma che poi evolverà nel più classico degli happy end.

Bridgerton è davvero da non perdere? Se amate le serie televisive in costume e non siete delle janeites integraliste (le fan più sfegatate di Jane Austen), allora questa serie potrà farvi trascorrere delle ore di relax e divertimento, una caratteristica che i prodotti firmati Shondaland assicurano sempre ai propri spettatori. Non ci si annoia con Bridgerton, complici anche i coloratissimi costumi, ben 7.500 in totale, e le musiche orecchiabili e moderne che accompagnano le scene della serie. La voce che, per eccellenza, ha raccontato la Regency Era è stata quella di Jane Austen, come già detto, a suo modo con narrazioni very polite e un impareggiabile gusto per le buone maniere. Ebbene, shakerate tutto e quel che verrà fuori dalla serie di Shonda Rhimes sarà un’epoca Regency più trasgressiva, libera e sexy come a dire: ok zia Jane non è scesa nei particolari, ma queste cose succedevano davvero.

D’altronde Shonda Rhimes dà al suo pubblico, ormai fidelizzato da anni, quel che vuol vedere e così è stato anche con Bridgerton: amore, difficoltà da superare, buoni sentimenti, un po’ di pepe e il lieto fine.

La vicenda, inoltre, mette in evidenza la condizione femminile in quell’epoca: sottomesse agli esponenti maschili della famiglia, vittime facili di calunnie che avevano il potere di cambiare il corso delle loro vite, mogli infelici a causa di matrimoni combinati, dovevano sottostare ad innumerevoli regole non scritte che, se non osservate, le condannavano all’estromissione a vita dalla società. Questa è un’altra delle cifre stilistiche delle creazioni televisive di Shonda, il girl power è un plauso della showrunner volto a sensibilizzare sulla storia delle donne ed instillare nelle più giovani spettatrici la scintilla per continuare a lottare sempre contro soprusi e discriminazioni.

Il cast è fieramente colour blind, ovvero multietnico, questo perché l’epoca in cui è ambientato Bridgerton ha visto sul trono d’Inghilterra, probabilmente, una regina mulatta. Ebbene sì, la duchessa di Sussex, Meghan Markle, non detiene alcun primato: la regina Sophie Charlotte di Meclemburg-Strelitz, consorte di re Giorgio III, aveva antenati afro-americani; interpretata dall’attrice Golda Rosheuvel, la serie ha riacceso il dibattito in Gran Bretagna sulle ascendenze della regina Charlotte perché significherebbe che anche l’attuale sovrana, Elisabetta II, possederebbe a questo punto sangue misto, essendo Charlotte nonna della regina Vittoria da cui discendono gli Windsor.

Bridgerton, quindi, è una serie che non soltanto si lascia vedere ma che fa anche parecchio discutere. Oscar Wilde, qualche secolo dopo quelle vicende, avrebbe scritto nel Ritratto di Dorian Gray: “There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about”, ovvero che vi piaccia o no, ne parlerete ugualmente. E questo è un altro dei segreti del successo delle serie televisive di Shonda Rhimes.

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