El Cid, Jaime Lorente è il leggendario eroe spagnolo

by Michela Conoscitore

I più lo ricorderanno come Denver, il ladro scanzonato e impulsivo de La Casa di Carta, uno dei #mustsee targati Netflix, ma l’attore spagnolo Jaime Lorente in queste settimane è tornato a far parlare di sé per un altro ruolo, finalmente da protagonista assoluto, che lo vede interpretare l’eroe iberico per eccellenza: El Cid Campeador.

La serie in cinque puntate è disponibile dallo scorso dicembre su Amazon Prime Video e, fin da subito, complice anche la popolarità dell’attore, è diventata una hit della piattaforma streaming di Jeff Bezos.

Chi non conosce la storia leggendaria di Rodrigo Diaz de Vivar deve sapere che le sue gesta ebbero come scenario la medievale Spagna della Reconquista, quando gli spagnoli cacciarono dalla nazione i dominatori mori. Quel che accadde all’epoca, oltre alla cacciata degli arabi, vide anche un riassestamento radicale dei regni iberici ma, ovviamente, a ciò si giunse solo tramite accordi, intrighi, tradimenti, battaglie e lotte intestine. È proprio in questa polveriera che si destreggiò Rodrigo: fu accolto come semplice paggio alla corte di Castiglia da re Ferdinando il Grande, dopo la morte del padre in battaglia, qui il ragazzo compì la sua scalata gerarchica dimostrando sempre fedeltà e lealtà alla corona di Castiglia.

La prima stagione della serie, girata in varie città della Spagna come Burgos, Madrid e Saragozza, che ha impegnato ben undicimila comparse, racconta la storia di Ruy appena agli inizi della sua straordinaria esistenza, quando da paggio diventa scudiero del figlio maggiore del re, Sancho.

La rete di alleanze, già precaria, che vedeva la Castiglia al centro degli interessi del regno di Aragona, capeggiato da re Ramiro, fratello di Ferdinando, sfocia nell’attacco a Saragozza, storica roccaforte dei mori. Un messo dell’emiro al-Muqtadir, Abu Bakr, giunto alla corte di Castiglia per chiedere aiuto, incontra Ruy dolorante dopo aver sventato un attentato al re: intravede in lui la ‘baraka’, un destino grandioso lo attende, tanto sfolgorante quanto impegnativo e arduo. Da lì a poco, Rodrigo si distinguerà per il suo coraggio nella battaglia di Graus da cui ne verrà fuori come El Cid, dall’arabo ‘mio signore’, Campeador, termine derivante dal latino campi doctor ovvero campione della battaglia.

Alcuni hanno paragonato El Cid a Il trono di spade, facendolo uscire sconfitto nel confronto, altri ne hanno parlato come di una soap opera, ma la verità è che la serialità spagnola, ultimamente, sta sbaragliando la concorrenza statunitense e anglofona imponendosi con prodotti televisivi accattivanti e ben confezionati.

La serie con Jaime Lorente rappresentava una vera e propria sfida, soprattutto perché doveva innestarsi in un filone narrativo, quello di cappa e spada, già abbastanza usurato e sfruttato negli ultimi anni.

El Cid, rispetto al colosso della HBO, è sicuramente meno spettacolare ma molto più genuino: la serie, seppur romanzandolo un minimo per esigenze di sceneggiatura, ci racconta un medioevo veritiero mettendo in luce un momento storico decisivo, la penisola iberica fu teatro di un vero e proprio incontro di culture quando divenne crocevia delle tre religioni più importanti all’epoca: l’islam, l’ebraismo e il cristianesimo.

Un melting-pot narrato in modo emozionante nella scena in cui la spedizione, diretta a Saragozza, si ferma per pregare ognuno il proprio ‘Dio’. Quindi El Cid non offre soltanto un divertimento fine a sè stesso, ma anche un interessante e accurato approfondimento storico.

El Cid altro non è che la trasposizione visiva del Cantar del Mio Cid, il poema che ha dato il via alla letteratura spagnola, e intatti e potenziati sono gli ideali contenuti nell’opera: l’onore, la fedeltà e il coraggio, gli antichi valori che all’epoca trasformavano un uomo non soltanto in un valente cavaliere ma, soprattutto, in un eroe.

Jaime Lorente è riuscito nella difficile impresa di rendere al meglio il paladino iberico, raccontando non soltanto il guerriero ma soprattutto l’uomo, interpretando con efficacia le fragilità del personaggio e il suo amore sincero per Jimena. A proposito di donne, un elemento innovativo della serie è proprio la presenza femminile che, nell’ombra, si muove per prendere il potere, e così le classiche damigelle si trasformano in virago disposte a fare sacrifici e prendere decisioni sofferte pur di affermare sé stesse per un posto nel mondo.

El Cid, quindi, dà voce a chi in quell’epoca in teoria non ne aveva, ma probabilmente il regno di Castiglia doveva rappresentare un’eccezione, una sorta di oasi protofemminista, supportata da re Ferdinando, poiché lui salì al trono come conte di Castiglia e Leon solo dopo aver sposato la consorte, Sancha la Bella, vera erede della corona ma impossibilitata ad esercitare il potere in quanto donna. In seguito alla morte del re, due delle città più importanti del regno, Toro e Zamora, furono lasciate in eredità alle figlie Urraca ed Elvira.

El Cid è un kolossal dalla manifattura classica che, in mancanza di draghi, incantesimi e minacce fantastiche, riesce a tenere incollati allo schermo con la sola forza di una storia autentica, l’artificio più potente.

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