Fedeltà, l’assenza che seduce e i sogni vitali, di quando sboccia l’amore, traditi

by Molly Clauds

Fedeltà.

Premessa: ammetto di non aver letto- deliberatamente a suo tempo né credo che lo farò ora- il libro best seller e vincitore dello Strega Giovani “Fedeltà” di Marco Missiroli, perché figlio di un rovello esistenziale da tinello borghese per me superato da tempo. Sicuramente il mio è un pregiudizio, come sempre accade. Sbaglio a non leggerlo, perché è possibile che la lettura mi sorprenderebbe, ne sono certa. I personaggi mi prenderebbero.

Non serve citare Lacan. Anche uno psichiatra di periferia consiglia ai suoi pazienti di seguire sempre il loro istinto profondo, l’Es vitale, per non rinsecchire nel dovere del SuperEgo, nel grande Altro, che ci vuole sempre belli, buoni, perfetti e irreprensibili.

Siamo sicuri che resistere a una tentazione significhi essere fedeli? E se quella rinuncia rappresentasse il tradimento della nostra indole più profonda? Ci domanda Missiroli nella sinossi del romanzo.

Domande da abc del lettino psicanalitico.

La risposta al secondo quesito è quasi sempre sì, se si ha a cuore la sanità mentale e se si vogliono tenere a bada le insorgenze psicosomatiche.

Il triangolo serve alla coppia più di quanto si immagini, perché gli amori fedeli, come spiega Massimo Recalcati, si sostengono sulla solitudine reciproca degli amanti, sulla scelta di stare insieme più che sul bisogno coatto di esorcizzare la paura della solitudine.

Le coppie fedeli si reggono sulla costruzione di un amore, generato da una passione capace di durare nel tempo, di bruciare meno, perché proiettata nella responsabilità, nei dolori e nelle gioie della figliolanza. Nell’affidabilità della routine e della promessa del “ti amerò per sempre”. Sul divano e magari annoiandosi. Ma per sempre, in sicurezza.

Ecco allora che il tradimento, qualora non ci si innamori davvero dell’amante e si sognino storie romantiche con lui/lei, non fa altro che far riscoprire quell’assenza dimenticata, che era stata la scintilla dell’amore per il compagno/a prescelto/a.

Amo ciò che mi manca. Sono fedele quando sono alla ricerca costante di ciò che mi manca.

Insomma il libro, essendo intrisi di teorie lacaniane come me meschina, potrebbe essere abbastanza scontato nel suo approccio ideologico ed esortativo di didattica dei sentimenti.

Non lo è stata, scontata, almeno per me, invece la serie originale Netflix di Andrea Molaioli e Stefano Cipani, scritta da Alessandro Fabbri, Elisa Amoruso e Laura Colella, e prodotta da BiBi Film, mandata in onda con grande cinismo a San Valentino.

I personaggi mi hanno presa. Ma non so fare la classica analisi sulla fedeltà al libro. Mi spiace.

Soprattutto mi ha presa Margherita, interpretata da una magnifica Lucrezia Guidone, a cui basta il sospetto di essere tradita dal bel marito Carlo, un meno performante Michele Riondino nei panni di uno scrittore in crisi con corso di scrittura all’Università, per tradire e per ritornare fedele a se stessa e ai sogni della sua giovinezza.

La serie, ambientata tra Milano e Rimini, ricca di interpreti efficaci (una su tutti Maria Paiato), si apre con una scena di sesso allucinante, per la sua desiderabilità, che rinvia al topos di Ultimo Tango a Parigi. Una bellissima casa nobiliare luminosa e vuota a Brera, che attende il suo acquirente danaroso, una procace agente immobiliare e un presunto potenziale cliente. Fingono di non conoscersi in un immobile vuoto, ma invece scopriamo che sono marito e moglie. Innamorati e arrapatissimi, ancora, dopo qualche anno di matrimonio.

Tuttavia anche una storia che sembra funzionare alla grande ha le sue crepe, ricolme di abitudini, non detti, rinunce, privazioni, piccoli rancori addomesticati, silenzi che sostituiscono le liti. Sarà il “malinteso” di Carlo, sorpreso in bagno con una sua tormentata studentessa ricca di talento, ad accendere da un lato la gelosia di Marghe e dall’altro ad attizzare la sua voglia di trasgressione dentro se stessa.

Papa Francesco ha detto che mai si dovrebbe dialogare col Diavolo. La tentazione va rimossa, allontanata, va tenuta distante col sorriso. In questo caso, invece, Marghe insegue la tentazione, se ne fa avvolgere. Lo spettatore nei 6 episodi la vede rifiorire, tradendo. Andando oltre e consegnando se stessa alla nuova visione di sé.

Anche il marito riuscirà ad accettare il desiderio per la studentessa, solo quando avrà appurato il tradimento di lei. Placando la sua anima inquieta nelle braccia della ragazza romagnola, che ancora ha tutta la sua creatività da scrivere, ritrova se stesso.

Deviando dalla strada tracciata, i due protagonisti, tra case colorate e chic da rivista d’architettura e di design, recuperano la loro identità. Restano fedeli all’idea che avevano di loro stessi, quando si erano innamorati.

C’è anche nella serie un bel gioco di flashback al bar del primo incontro, che rimpalla il passato. Un passato che sembra più presente del presente.

Passa qualche anno. Marghe, fascinosissima e charmant, apre un suo studio di progettazione nell’isolato di Brera, Carlo, ormai pacificato e adulto, diviene un brillante editor scopritore di talenti. Il finale è aperto, ma tutto fa pensare che potrebbero tornare insieme per essere felici, di nuovo.

Si ha la sensazione che la loro storia d’amore, appassionata e complicata, quando era chiusa nella fedeltà reciproca, abbia rallentato il raggiungimento della pienezza del proprio Io, come se avesse soffocato la parte sconosciuta dell’altro, quell’assenza che seduce.

L’amore allora è due rette parallele, che mai si intersecano?

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