L’Aquila, grandi speranza su Rai1 dal 16 aprile

by redazione

Nel decennale del terremoto che devastò L’Aquila la Rai propone, a fianco di una programmazione del palinsesto dedicata, anche una serie tv firmata da Marco Risi.

L’Aquila – Grandi speranze è una coproduzione Rai Fiction – IdeaCinema con Donatella Finocchiaro, Giorgio Tirabassi, Giorgio Marchesi, con Luca Barbareschi e la partecipazione di Valentina Lodovini. Nel cast, tra gli altri, anche Francesca Inaudi, Carlotta Natoli ed Enrico Ianniello.

La serie, in sei puntate, creata da Stefano Grasso e diretta da Marco Risi, andrà in onda in prima visione su Rai1 da martedì 16 aprile alle 21,25.

Sinossi

È trascorso un anno e mezzo da quella notte maledetta del 6 aprile 2009. A L’Aquila la vita piano piano va avanti, anche se a fatica perché è difficile dimenticare il dolore, la perdita e la paura che il terremoto ha portato con sé. I giorni e i mesi sono trascorsi inesorabili, ma le ferite della città restano lì, sotto gli occhi di tutti, immutate in un dedalo di strade, case e storia falciate via, così come nel cuore della gente che ancora ha vivido il ricordo di quell’attimo in cui ha perso tutto, affetti compresi. La speranza e la forza però non mancano. Lo dimostrano il coraggio quotidiano di chi è rimasto come Silvia e Franco che stanno ancora cercando la figlioletta scomparsa la notte del terremoto e la lotta di Gianni ed Elena che sono tornati a L’Aquila per scuotere gli animi e inseguire il sogno della ricostruzione. Ed ecco che, nonostante il carico di dolore delle loro famiglie, gli occhi intraprendenti e volitivi di due tredicenni, Simone e Davide e dei loro amici, vedono oltre la distruzione e così la “zona rossa”, area pericolosa e dall’accesso vietato, si trasforma in un affascinante e proibito parco giochi da conquistare e difendere dalle bande rivali di coetanei.

Note di regia di Marco Risi

Sono stato a L’Aquila per la prima volta nella mia vita un anno e mezzo dopo il terremoto, esattamente quando ha luogo la storia del nostro lungo film. Non conoscevo la città e non sapevo della sua bellezza, potevo soltanto immaginarla: non me ne potevo rendere conto attraversandola a piedi perché era completamente ricoperta dalle impalcature che cercavano di tenerla in piedi come uno scheletro senza muscoli. Quello che mi impressionò fu il silenzio. Sentivo il rumore dei miei passi che attraversavano la zona rossa presidiata da alcune camionette dell’esercito e avevo la percezione assolutamente nuova di essere solo in una città fantasma.

Mi dissi: qui devo venire a girare un film! Ma non avevo ancora precisa l’idea di che film avrei voluto girare. L’idea è arrivata cinque anni dopo con questa serie.

Che cosa mi ha convinto di questo progetto?

Mi è piaciuta molto l’idea degli adolescenti che scorrazzano di soppiatto nella città proibita cercando di riappropriarsene alla loro maniera, augurandosi addirittura che non cambi, che rimanga così perché solo così può essere esclusivamente loro, il loro territorio di conquista.

Mi sono piaciuti gli adulti che cercano di rimettere in piedi i pezzi delle loro coscienze e non soltanto i pezzi della loro città.

Mi piacciono i piani che corrono paralleli delle due dimensioni: da una parte gli adulti con i loro guai, dall’altra i loro figli che quegli stessi guai vivono di riflesso ma che si gettano nell’avventura di crescere in una situazione assolutamente unica.

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