Ozark: il ritratto di una provincia americana marcia fino al midollo, affarista, famelica e amorale

by Nicola Signorile

Cosa saremmo disposti a fare per proteggere la nostra famiglia? Forzare i limiti della propria morale è il punto di partenza per il percorso accidentato su cui muove i propri passi Marty Byrde, consulente finanziario protagonista di Ozark, serie Usa targata Netflix, i cui fan hanno dovuto attendere quasi due anni per vedere gli episodi della terza cupissima stagione. Di storie di persone ordinarie sottoposte all’enorme pressione di circostanze al limite sono zeppi il cinema e la serialità televisiva, quindi ricercare una strada originale che incontri il favore del pubblico è sempre più ostico.

Al suo debutto nel 2017, i paragoni fioccarono per Ozark, uno su tutti quello con una delle serie più amate del pianeta, Breaking Bad. Anche Marty Byrde è un padre di famiglia, un uomo apparentemente innocuo, con una moglie che lo tradisce e due figli adolescenti; come il professor Walter White si ritrova, nel corso delle tre stagioni, sempre più invischiato negli affari criminali di un cartello della droga messicano. Ma le analogie credo si fermino qui: diverse le atmosfere, diverso il tono complessivo della serie, diverso il rapporto del protagonista con la sua famiglia.

L’eccellenza di Breaking Bad resta abbastanza lontana, ma quello ideato da Bill Dubuque e Mark Williams è un ottimo prodotto di intrattenimento che si presta benissimo al binge watching casalingo (lo sport più praticato in queste settimane) grazie a un equilibrato dosaggio di elementi: il thriller, il dramma a tinte forti, lo spaccato socio-economico di un’area degli Stati Uniti poco conosciuta e le dinamiche famigliari, forse l’aspetto più interessante dell’intera operazione, tutto supportato da un cast di altissimo livello, specialmente nei ruoli femminili, nella terza stagione ancora più a fuoco.

Realismo e tensione sono ingredienti presenti sin dalle prime puntate di Ozark, quando Marty (Jason Bateman) scopre che il suo socio ha rubato otto milioni di dollari a un cliente molto pericoloso. Per salvare la sua vita e quella della sua famiglia scommette sulle proprie capacità, proponendo di riciclare una enorme somma di denaro dei narcos in poco tempo. Un’impresa ai limiti dell’impossibile che porta i Byrde a trasferirsi in Missouri, nella zona del lago Ozark, piena di  ricchi turisti e lontano dagli occhi dell’Fbi, nonostante le proteste dei figli Charlotte e Jonah (Sofia Hublitz e Skylar Gaertner) e le rimostranze della moglie Wendy (Laura Linney). La coppia è in crisi, ma non c’è nulla di meglio di una pistola puntata alla testa per ricompattare un nucleo famigliare. Sotto le placide acque del lago, si muove di tutto. Il piano di espansione economica di Marty impatta su un  territorio tranquillo solo in superficie, in cui corruzione, criminalità, faccendieri e balordi locali rendono la vita di Marty e Wendy un vero inferno. Ma quello che scoprono di se stessi è parte del fascino della serie. Ritorniamo all’etica e ai suoi labili confini. Essere con le spalle al muro li porta a sfidarsi continuamente, a mettere alla prova la propria fibra morale.

Fin dove ci si può spingere? Wendy e Marty, dopo anni di freddezza e il turbamento iniziale, imparano a fare il necessario, come si dice in questi casi. Fanno quello che c’è da fare, sotto gli occhi, inizialmente ignari, dei propri figli. Ad essere profondamente diverso rispetto a storie analoghe viste sul piccolo e grande schermo, è la scelta dei due coniugi di condividere tutto con Charlotte e Jonah. C’è in gioco la sopravvivenza e i due adolescenti devono essere consci dei rischi e dei sacrifici richiesti. Opzione moralmente discutibile, ma che narrativamente si rivela efficace, mettendo sulle spalle di due ragazzi qualunque un carico insostenibile anche per adulti navigati. Li rende complici e vittime al tempo stesso. Non potranno avere una vita normale, ogni scelta andrà ponderata nei minimi dettagli, amici da frequentare, relazioni da costruire. Ma soprattutto in gioco c’è la loro identità, inesorabilmente segnata dalla violenza del mondo criminale con cui hanno a che fare. Si può crescere in modo sano in un contesto del genere? I due seguiranno le orme paterne?

Marty e Wendy si sono spinti troppo in là per poter tornare indietro. Sulle orme di Walter White, la loro graduale perdita di umanità si accompagna alla presa di coscienza, inizialmente inquietante, di poter sedere al tavolo dei cattivi, guardandoli dritto negli occhi. La paura resta, ma l’adrenalina del rischio è un carburante sufficiente per acquisire attività e stringere sempre più i legami con il cartello.

Il lago di Ozark con le sue strutture turistiche, i pontili, le barche su cui si assiste persino a celebrazioni religiose, sono un tratto non solo scenografico dello show. I toni sono scuri, la fotografia bluastra, la fitta vegetazione getta una vasta ombra su tutto, compresi gli abitanti della zona, dai bifolchi contrabbandieri per diritto di nascita Langmore (più avanti parleremo di Ruth) agli Snell, Jacob – Peter Mullan in un ruolo in cui lo abbiamo visto tante volte – e Darnell, personaggio inquietante interpretato da Lisa Emery, una delle molte figure femminili che rappresentano il vero motore della storia: in apparenza una coppia di anziani coltivatori, in realtà trafficanti di droga maniaci del controllo del territorio, il principale ostacolo ai tentativi di espansione dei Byrde. 

Se vi piacciono gli eroi senza macchia e gli happy end Ozark non fa per voi. Non c’è speranza, né redenzione per i suoi abitanti, piuttosto il ritratto di una provincia americana marcia fino al midollo, affarista, famelica, amorale in cui persino i narcos messicani non sembrano più i peggiori. Il tono dark non risparmia nemmeno il pastore del luogo Mason Young o la polizia locale. Originale? Non proprio, ce lo hanno già raccontato, a volte meglio, decine di serial americani, da Fargo a Bloodline, da Justified a Brotherhood. Ozark ci aggiunge un tassello godibile e carico di suspence puntando molto sulle dinamiche intrafamiliari e sull’effetto che meccanismi spietati come quelli criminali possono avere su di essi. Nella seconda stagione più balbettante li abbiamo visti alle prese con i tentativi, osteggiati da più parti, di aprire un casinò sulle rive del lago per conto del cartello, ma a rubare la scena è stata la cazzutissima Ruth Langmore, una ragazza sboccata e determinata con una famiglia tremenda alle spalle e che diventa preziosa per Marty nella gestione prima di uno strip club, poi del casinò. Un ruolo tarantiniano che ha mostrato il talento della bionda Julia Garner, autentica rivelazione dello show, premiata con un Emmy nel 2019, poi apprezzata nel cast di Maniac.

Non si può parlare di rivelazione per Jason Bateman, attore molto noto per i tanti good guy impersonati nelle commedie Usa, da Juno  a Come ammazzare il capo e, in tv, per il personaggio di Michael Bluth di Arrested Development, che gli ha dato la popolarità e un Golden Globe nel 2005. Però Ozark, di cui è protagonista, produttore esecutivo e regista di alcuni  episodi in ogni stagione, gli ha dato la chance di mostrare le sue doti drammatiche, premiate con un Sag Award e con la nomination ai Golden Globe 2019 (e un Emmy alla regia).

Il suo Marty è una forza tranquilla, quasi imperturbabile, sottoposto a una pressione disumana, in grado sgusciar via indenne da situazioni pericolose e di propagarsi negli Ozark come una malapianta. Oltre che bravo si mostra intelligente Bateman, nel lasciare spesso la scena al resto del cast, come nella recente The Outsider di cui Bonculture vi ha già parlato. In particolare, a sua moglie Wendy il cui arco narrativo da mogliettina infedele a spietato braccio armato del cartello regala a una grande attrice come Laura Linney (per gustarne il talento è consigliata la visione della serie The Big C) un personaggio complesso, amorevole, crudele, ambizioso, che nella terza stagione, quando entra in gioco il fratello Ben affetto da gravi disturbi psichici, deve affrontare svolte drammatiche durissime.

Accanto a lei, non si può non citare la prova di Janet McTeer, interprete dell’algida Helen Pierce, l’avvocato che rappresenta gli affari dell’organizzazione criminale per il quale Martin ricicla denaro sporco. Un altro personaggio femminile all’altezza, disegnato con dovizia di particolari, dal fisico imponente all’aspetto upper class, una vita privata con tanti problemi e uno sguardo che non ammette repliche. Helen prende sempre più spazio nel corso della serie, diventando una presenza fissa nella vita dei Byrde. C’è qualche crepa qua e là nella struttura di Ozark. Situazioni o personaggi al limite della verosimiglianza, come le continue telefonate tra il boss Navarro e Wendy Byrde nell’ultimo capitolo o la sottotrama legata agli agenti Fbi che indagano sugli affari dei Byrde nella seconda, che però non intaccano l’impressione generale di una compattezza di fondo confermata da una terza stagione, da poco  disponibile su Netflix, che rende di nuovo palpabile la tensione tra Marty e Wendy.

L’uno alla ricerca di una exit strategy, l’altra, all’opposto,  sempre più convinta che la chiave sia rendersi indispensabile agli occhi del nuovo boss Navarro. Una collaborazione tutta al femminile tra Wendy e Helen sembra mettere in disparte il protagonista, mentre tra le due donne nasce quasi un’amicizia in circostanze che non lascerebbero spazio ai sentimenti. La tensione è crescente, fino a un finale di grande effetto che apre la strada a una molto probabile quarta stagione.

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