San Severo, città della fratellanza. Miglio: “Ora il nostro modello, richiesto anche a Forlì, deve diventare culturale”

by Antonella Soccio

San Severo è diventata, col protocollo tra la Diocesi e l’Amministrazione comunale, sulla residenza per gli immigrati, in particolare i richiedenti asilo, e i senza fissa dimora, la città dove la misericordia si è fatta verbo e azione.

Il sindaco Francesco Miglio in poco tempo è divenuto uno degli amministratori più a sinistra del Paese, con un modello di accoglienza ed integrazione sperimentale ed inclusivo.

Noi di bonculture siamo andati a trovarlo in Comune a Palazzo Celestini. Quella che doveva essere una intervista sulle prassi culturali e sul centro storico ha cambiato pelle, tramutandosi in chiacchierata politica.

Eccola.

Sindaco Miglio, che ne pensa delle Sardine? Le piacciono?

Penso che ogni forma associativa sia sempre da sostenere. Dobbiamo interrogarci sul perché nascono questi movimenti. Perché nascono le Sardine? Perché le forme tradizionali della politica non riescono più ad essere inclusive.

Lei ha già vissuto questi percorsi ed ora è tornato nel Pd.

Non sono tornato nel Pd, attenzione. Sono stato messo alla porta. Nel corso di una intervista dell’allora assessore alle Politiche agricole Leo Di Gioia, inaudita altera parte, senza mai aver avuto nessuna frizione, si dissociò dalla mia candidatura. Sembrò in quella fase che io fossi stato espulso dal movimento civico di cui ero stato un esponente. Non so dire se autorevole, di secondo piano, di terzo piano, di quart’ordine, ma senza dubbio ero annoverato tra gli esponenti di quel movimento. A San Severo poi è nato un percorso inclusivo del Pd, quel modulo civico si è arricchito di ulteriori compagini. La mia derivazione di sinistra è nota, da sempre, nasco nei movimenti giovanili studenteschi di sinistra. Le mie posizioni sono a sinistra sul tema dell’immigrazione, delle politiche sociali, sul modo di concepire la politica. Credo sia chiara la mia appartenenza e la mia matrice culturale. Sono di sinistra e lo dimostro.  

L’amministrazione di San Severo col protocollo avviato col Vaticano, dopo essere stata menzionata e ringraziata da Papa Francesco all’Angelus, viene individuata insieme a lei come un’avanguardia sui temi progressisti. Per molti Papa Francesco è l’unica vera anima della sinistra popolare, capace di fronteggiare i sentimenti di odio e rancore sociale e le “nuove melanconie”, come le chiama Massimo Recalcati, che possono essere sintetizzate nel sovranismo. Che effetto le fa essere stato uno dei primi a capire queste dinamiche?

Sono convinto che l’odio sociale che stanno seminando alcune formazioni politiche e segnatamente la Lega, i Fratelli d’Italia e altri nuclei di centrodestra vada contrastato con un pensiero positivo, che è quello di Papa Francesco, che ha posizioni molto avanzate, che oserei definire di sinistra, progressiste.  Quando il Cardinal Konrad Krajewski viene qui a San Severo e dice va bene il protocollo, ora diteci cosa possiamo fare, ti sta aprendo una posizione, che sull’immigrazione è molto distante dall’idea salviniana, è in un altro alveo e in quell’alveo ci sono io. Auspico che sull’immigrazione ci possa essere una collaborazione sovraterritoriale. La ricetta di Salvini oggi serve ad alimentare un malcontento, che nell’idea di chi se ne fa promotore può essere foriera di consenso. È finalizzata solo a generare consenso, non a produrre soluzioni. È evidente che seminare odio e divisioni serve solo a drenare voti alla propria parte politica. Questa idea salviniana è distante da me: se ragionassi con quella logica non avrei dovuto fare il 31 agosto del 2018 il consiglio comunale più difficile della mia sindacatura, con la Lega al 35% e un tema come l’immigrazione molto avversato. Se avessi ragionato per il mio tornaconto elettorale, non sarei dovuto andare in aula ad approvare la variante per le foresterie, invece l’ho fatto e i risultati a posteriori mi hanno dato ragione, perché ritengo che la politica non sia un calcolo, ma l’esposizione delle proprie idee in maniera libera. Bisogna saper dire le cose giuste anche quando sono impopolari: in quel momento era impopolare parlare di foresterie a San Severo, ma era giusto. E sono stato felice di aver avuto il riconoscimento di Papa Francesco, che sicuramente non è una personalità politica, ma prescinde delle appartenenze.

Cosa risponde lei, che si è fatto promotore di battaglie a favore di ogni diversità e per i diritti civili, a chi (come ultimamente anche Romano Prodi) dice che a sinistra si pensa troppo ai diritti civili e poco ai ceti popolari e alle povertà? E che si perde per questo?

Io credo che la sinistra debba anzitutto aprirsi all’ascolto della propria gente. Dall’esterno invece continua ad esserci la sensazione di un caminetto che si riunisce per favorire questa o quella correntina. Questo schema ha fatto il suo tempo.

Vede ancora questo schema nel Pd e nel centrosinistra?

Da quello che emerge sì, perché nella composizione del Governo si capisce plasticamente che la composizione della squadra è stata il frutto di una divisione a tavolino delle varie componenti del partito, sulle risultanze congressuali. Queste logiche la gente non le comprende, è infastidita, non si sente rappresentata. Oggi dobbiamo invece, secondo me- e dico dobbiamo per la mia derivazione e la mia cultura- fare due cose. La prima è riconnetterci alla gente parlando di temi, come l’immigrazione, le povertà. La fetta di popolazione che non ce la fa cresce sempre di più e non ha più riferimenti politici, precedentemente ce li aveva ed erano le formazioni popolari, cattoliche, del volontariato, delle associazioni, della sinistra. Bisogna recuperare il titolo di essere rappresentanti di questi ceti, che un tempo erano più piccoli e che oggi purtroppo sono sempre più corposi.

La seconda riguarda i territori. La sinistra ha nei territori una rappresentanza istituzionale molto apprezzata. Antonio Decaro all’ultima assemblea dell’Anci ad Arezzo è stato acclamato perché è un bravo sindaco, un bravo amministratore. Dario Nardella a Firenze ha stravinto al primo turno quando il centrodestra aveva il vento in poppa. Potrei parlare di Matteo Ricci.

Anche di lei?

Non voglio parlare di Miglio, ma di sindaci di città importanti che sul campo, sul marciapiede, si sono conquistati la stima dei propri elettori. Bene, oggi una formazione politica di centrosinistra, che vuole recuperare terreno e credibilità, deve riuscire a dare una dimensione a questo personale politico, che non può essere solo amministrativa. Di Antonio Decaro non si può parlare solo come il sindaco di Bari o il sindaco dei sindaci.

È un po’ quello che stanno facendo i pizzarottiani di Italia in Comune? Li vede troppo schiacciati sui temi amministrativi?

Esatto. Bisogna invece dare a questo personale politico una dimensione politica. I sindaci devono diventare nel Pd o in come lo vogliamo chiamare degli esponenti politici. Se si capisce questo, ossia che bisogna partire dai territori e da quello che di buono i territori esprimono, io credo che, di rimando, verrà una riconnessione con l’elettorato sui temi che sono nostri e che appartengono al nostro patrimonio culturale, ideale e politico. Se questo non si fa, chiaramente, resta uno spazio vuoto, che viene occupato dalle Sardine. La mobilitazione è un fatto positivo. Il tema è: perché le sardine vanno in piazza e non vanno più nelle sedi di un partito ad esporre le proprie idee? Probabilmente perché quei contenitori non sono più inclusivi. Affinché ritornino ad essere inclusivi servono quelle due cose che ho elencato. E occorre farle in fretta. Si sta perdendo già troppo tempo.

Lei crede ancora nei partiti? Non sono un retaggio novecentesco?

Io credo in luoghi di aggregazione di persone su programmi, progetti, idee e con uomini e donne credibili. Nel passato queste aggregazioni si chiamavano partiti, nel futuro li potremo chiamare in un altro modo. Il nomen non mi interessa. C’è bisogno di riferimenti per le persone che di riferimenti non ne hanno più.

Lei ha scelto di non intervenire sulla inchiesta dei Cera relativamente a quella parte che la riguarda insieme al Governatore Michele Emiliano.

Non ho rilasciato nessuna dichiarazione.

Emiliano si è speso, nel senso positivo del termine, per lei, si è letto nelle carte dell’indagine.

Emiliano è il leader del centrosinistra in Puglia e continua ad esserlo, non ci sono alternative.

Queste Primarie allora sono una farsa?

No, non sono una farsa, ma credo che il risultato sia ampiamente prevedibile e sarà favorevole a Michele Emiliano. Il Governatore è il leader della Puglia, non intravedo leadership alternative. È normale che il leader si adoperi alla elezione a sindaci degli esponenti del suo gruppo politico. Lo ha fatto per Miglio, ma lo avrà fatto per tanti altri candidati sindaci del centrosinistra in Puglia. Non credo di aver avuto l’esclusiva del sostegno di Michele Emiliano. E non mi sembra neanche anormale che questo sia avvenuto. Sarebbe stato anormale che di fronte ad un candidato sindaco del centrosinistra che compete con uno della Lega avesse tenuto un atteggiamento di indifferenza, atteso che sui temi dell’immigrazione in questo territorio insieme alla Regione Puglia si è fatto tanto. Sarebbe stato anormale che chi è stato propugnatore di quelle politiche e ha avuto nella mia sindacatura un collaboratore fattivo- non a chiacchiere, perché mi sono assunto delle responsabilità- avesse scelto di disinteressarsi.

Lei è uno dei pochissimi sindaci in Puglia che ha detto sì alle foresterie, vero?

L’unico in provincia di Foggia, c’è Nardò e qualche altro centro. Adesso c’è Poggio Imperiale. Ma al tempo San Severo insieme a Nardò è stata la sola amministrazione a rispondere presente rispetto ad una chiamata di responsabilità sull’immigrazione e contro il caporalato.

Adesso proprio il modello sanseverese è uno dei cardini del pacchetto del Governo contro il caporalato, allo studio della Ministra Bellanova.

Assolutamente sì. Abbiamo interlocuzioni anche col Ministro per il Sud e per la Coesione sociale Provenzano che è stato in provincia di Foggia. Io ero all’estero, ma l’ho chiamato, ci siamo sentiti, c’è stato uno scambio di idee. Rispetto a quello che questo territorio ha messo in campo non è rimasto disinteressato né il Governo centrale né il Vaticano, se è vero come è vero che Papa Francesco ha citato San Severo all’Angelus.

Se Michele Emiliano di fronte alle nostre azioni si fosse fatto i fatti suoi, mi sarei meravigliato. Se invece ha fatto il tifo per Francesco Miglio e per altri candidati sindaci mi sembra normale. Emiliano ha esercitato una sua facoltà politica, che si esercita da sempre.

Un’ultima domanda, sindaco Miglio: San Severo, città dei campanili e del Barocco, può trasformare queste buone e avanzatissime prassi in un sistema culturale strutturato, in un clima di cambiamento, che sia un faro per il Sud e per il Paese? Avete pensato ad un festival, ad una manifestazione anche simbolica, di quelle che l’Assessorato alla Cultura regionale tanto ama? Come tramutare le azioni in idee e immaginari duraturi?

Dopo l’encomio e i riconoscimenti che ci vengono da più parti, adesso bisogna fare in modo che quell’azione politica e amministrativa diventi un modello culturale di cui parlare nei convegni, in iniziative culturali. A Teatro, in una sala. Per fare in modo che alla cultura dell’odio si contrapponga l’apertura, affinché davvero San Severo sia la città dell’integrazione, dell’accoglienza, della fratellanza. Questo è lo step successivo, che non è semplice. Un’azione amministrativa la si compie anche in tempi rapidi, se c’è un’unanimità, un’azione culturale è molto più complessa.

Perché?

Perché convincere le menti che quel rancore è sbagliato non è semplice.

Serpeggia ancora rancore a San Severo nonostante tutti i passi compiuti?

Sì, c’è ancora. È una città dell’accoglienza, questo tema è entrato, ma c’è ancora molto da fare. Bisogna sedimentare un modello culturale, di cui parlare e da far conoscere. La cosa che mi fa più piacere è che dopo il protocollo d’intesa con la Curia sia io sia altri amministratori veniamo contattati da altri amministratori e non soltanto dai Comuni vicini, ma anche da quelli lontani.

Da chi per esempio?

Siamo stati contattati da Forlì. La eco che ha avuto la nostra azione, con l’intervento di Papa Francesco, è nazionale. Quello che sta succedendo a San Severo lo sanno dal Trentino alla Sicilia e su questi temi ci sono amministratori che hanno la nostra sensibilità e che vogliono conoscere il nostro protocollo e replicarlo.

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