Carola Rackete, l’Antigone del mare, sfonda il machismo di Matteo Salvini

by redazione

Tutte le donne, come in una immensa “incarnazione generica”, hanno paragonato quest’oggi Carola Rackete, la comandante della SeaWatch3, ad Antigone, la ragazza del mito greco, che sfida la legge ingiusta e il potere costituito. “Ho deciso di entrare in porto a Lampedusa. So cosa rischio ma i 42 naufraghi a bordo sono allo stremo. Li porto in salvo”, ha dichiarato la 31enne della Bassa Sassonia, che parla cinque lingue e ha studiato alla Jade University in Germania.

Una giovane esistenza quella di Carola, sulle navi da quando aveva 23 anni. Secondo ufficiale della Ocean Diamond a 25 anni, poi a bordo della Silver Explorer, e ancora sulla nave di Greenpeace.

Nel 2016 l’approdo alla Sea Watch. “Perderò la Sea Watch ma per ora forzo il blocco”, ha detto. 

Carola e Antigone dunque, il parallelo è facile, ovvio. Eppure vero.

Da un lato l’eroina greca che dà, contro l’editto di Creonte, sepoltura al fratello, ricoprendolo di terra. Dal’altro Carola, che entra in acque italiane, per dare seguito alla speranza di vita dei ragazzi che hanno la sola colpa di essersi messi in viaggio per cercare un futuro diverso. È un reato questo? Non è un diritto migrare?

Morte e vita. Una luce nell’aldilà cercata di Antigone per suo fratello, una speranza nell’aldiquà per i giovani migranti per Carola. Ma mentre la prima si strangola, la seconda parla, affronta le conseguenze. Né è una donna sola, assieme a lei hanno parlato anche i suoi coetanei sulla nave.

Entrambe hanno oltraggiato la legge maschile.

Ebbene, serviva una donna per contrastare il machismo del Ministro dell’Interno Matteo Salvini, che infatti in una delle sue prime dichiarazioni ne sminuisce sia l’atto politico sia il valore, col diminutivo/vezzeggiativo di “sbruffoncella”.

Carola viene subito deprezzata e minimizzata dal leader che i salviniani chiamano il Capitano come “una sbruffoncella che fa politica sulla pelle dei migranti“,

È sbruffone una “Persona che si dà delle arie, che parla e agisce ostentando capacità e qualità che in realtà non possiede, o esagera nel vantarsi di imprese che in realtà non ha compiuto e non sarebbe in grado di compiere”. Sbruffoncella ci dà l’idea insieme della tenera età, di una “che puzza ancora di latte” (quante volte noi donne abbiamo sentito questa locuzione nei retaggi patriarcali?) e della diminutio valoriale.  

Carola rappresenta perfettamente quello che qualche anno fa Luisa Muraro ha espresso nel suo meraviglioso pamphlet “Dio è violent”. Serve la libera disponibilità di tutta la propria forza per vivere e agire in vista di un domani. La violenza salvifica del Dio donna, che genera la vita, sta nel combattere senza odiare, nello smantellare le norme senza distruggerle, nel lottare senza farsi annientare.

Cos’è una norma del resto? È l’abito della consuetudine, è la regola, è ciò che è squadrato, è ciò che è stabilito d’autorità. #portichiusi, con tanto di hashtag cancelletto, è la quintessenza della norma, chiusa e rigida, che può essere sovvertita solo con l’apertura, lo sfondamento. Alla ottusità di un mantra si può rispondere solo con la creatività, con l’inedito, l’inatteso. Col flusso che rompe il divieto.

Per le donne, che, come disse Luce Irigaray, sono “il crocevia perduto del divenir donne nel confondersi e nell’annullarsi delle relazioni con la madre e nell’obbligo di sottomettersi alle leggi dell’universo degli uomini”, spezzare, anche con violenza, le norme dei maschi, quand’anche fossero Ministri chiacchieroni, è quanto di più naturale, se si sono date, come Carola appunto, un proprio ordine etico.

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