Doris Lessing, il Premio Nobel dall’ironia tagliente che ha saputo raccontare le donne in tutte le loro sfaccettature

by Michela Conoscitore

Quando vinse il Premio Nobel per la Letteratura, nel 2007, trovò una folla di giornalisti assiepati ad attenderla nel cortiletto della sua casa londinese di Hampstead. Aiutata dal figlio Peter a scaricare le buste della spesa dal taxi, è stata poi raggiunta da uno dei giornalisti che le chiese: “Ha saputo la notizia?”, domanda a cui subito dopo è seguito l’annuncio della sua vittoria al Nobel. Com’era nella sua natura, Doris Lessing nemmeno quella volta non le ha mandate a dire, rispondendo: “Cristo! Erano trent’anni che lo aspettavo.Ho vinto ogni premio che c’è in Europa, ogni dannato premio. E con questo sono deliziata di averli vinti davvero tutti, l’intera collezione. Ho fatto scala reale”. Sicuramente le caratteristiche peculiari della sua personalità erano proprio la spontaneità, l’esigenza innata di comunicare con gli altri, un’ironia spesso tagliente e, soprattutto, la capacità di anticipare riflessioni che, poi, si sarebbero rivelate fondative della società contemporanea, come quella sul ruolo della donna.

La Lessing nacque in Iran, nel 1919, i genitori erano britannici: scelsero la vita da coloni, al termine della Prima Guerra Mondiale, e si trasferirono in Africa, nell’attuale Zimbabwe, dove ebbero in concessione un appezzamento di terreno coltivato a mais. La piccola Doris crebbe in queste terre selvagge e incontaminate, e allo stesso tempo a contatto con i problemi economici dei genitori. Il rapporto con la madre fu sempre molto contrastato, che provò a farle rispettare delle norme rigorose a cui, intorno ai quindici anni, Doris si ribellò: lasciò la scuola, innanzitutto, e proseguì a studiare da autodidatta. In seguito accettò un incarico presso una famiglia come bambinaia, trasferendosi a Salisbury, e grazie al suo datore di lavoro, iniziò a leggere libri di sociologia e politica. Il suo spirito ribelle, quindi, fu imbrigliato in parole che diedero nuovo carburante alle sue idee, slegate da ogni sovrastruttura e preconcetto. Aspramente critica verso l’apartheid, e solidale con gli indigeni che da abitanti della loro terra si erano trasformati in ospiti mal sopportati dall’invasore bianco, la scrittrice si avvicinò gradualmente al comunismo nel quale non soltanto si rispecchiò ideologicamente, ma in cui si sentì accolta come in una grande famiglia sociale.

Una donna che non ha un uomo non può incontrarne uno, qualsiasi uomo, di qualsiasi età, senza pensare, sia pure per mezzo secondo, forse questo è il mio uomo.

Doris Lessing sfuggiva ad ogni etichetta, soprattutto quelle classiche appioppate alle donne come moglie, madre, ma anche quando veniva definita femminista lei disapprovava. Le sue esperienze col matrimonio furono fallimentari, perché si sentì sempre costretta in una parte precostituita per lei e per le altre donne dalla società. La sua prima unione fu con Frank Charles Wisdom da cui ebbe due figli, John e Jean. Vedendosi in trappola, e percependo che la sua libertà, anche di pensiero, stava venendo meno, decise di lasciare marito e figli per entrare nel partito comunista e in un club del libro fondato da altri compagni, il Left Book Club, il cui presidente era il suo futuro secondo marito, Gottfried Lessing. Anche il matrimonio con Gottfried naufragò poco dopo, e la Lessing decise di dare una svolta radicale alla sua vita trasferendosi a Londra, col terzo figlio Peter. In valigia aveva il manoscritto de L’erba canta, il suo primo successo.

La Lessing aveva sempre amato scrivere, ma soprattutto aveva sempre creduto in se stessa e nelle parole che imprimeva, appassionata, sulla carta. Anni dopo, alla domanda di un giornalista sulla sua opera letteraria rispose: “Ho svolto un buon lavoro di documentazione sulla nostra epoca credo. Penso che Il taccuino d’oro possa esser stato scritto anche oggi, no? Alcuni dei miei libri sono davvero buoni. E ho scritto anche dei buoni racconti”. A Londra, la scrittrice conobbe effettivamente il successo artistico, fu qui che precorse tempi e mode, problematiche e necessità della nuova popolazione mondiale. Se le sue prime opere furono dedicate principalmente alle tematiche sociali e alla segregazione razziale nello Zimbabwe, in seguito la Lessing virò su temi intimamente umani, indagando uno degli aspetti più stranianti della società post bellica: la donna.

Non ho ancora conosciuto una donna che non sia aspramente ribelle, che voglia figli, ma che poi ne sia infastidita, a causa della maniera in cui veniamo plagiate, rinchiuse e confinate.

Con il romanzo Il taccuino d’oro raccontò la storia di Anna Wulf, la protagonista, con una vita da ricostruire, madre single e lavoratrice, racconta nei suoi taccuini le vicende quotidiane che ritiene la segnino come donna del XX secolo: mestruazioni, orgasmi, sesso, lavoro, relazioni, figli. La Lessing delinea il ritratto di una creatura che, in quegli anni, sembrava venisse scorta per la prima volta e di cui molto era stato messo a tacere. La scrittrice eliminò l’embargo sulla vita ‘segreta’ del suo genere d’appartenenza perché, come diceva “C’è un limite a quello che gli uomini vogliono sapere delle donne”, ma nei suoi libri, invece, svelò tutto diventando un baluardo del femminismo, suo malgrado.

Quello che le femministe vogliono da me è qualcosa che loro non hanno preso in considerazione perché proviene dalla religione. Vogliono che sia loro testimone. Quello che veramente vorrebbero dirmi è ‘Sorella, starò al tuo fianco nella lotta per il giorno in cui quegli uomini bestiali non ci saranno più’. Veramente vogliono che si facciano affermazioni tanto semplificate sugli uomini e sulle donne? In effetti, lo vogliono davvero. Sono arrivata con grande rammarico a questa conclusione.

Raccontava le donne in ogni loro sfaccettatura, e alcuni suoi libri sul tema sono spiazzanti e innovativi ancora oggi. Per esempio, Il quinto figlio sconfessa l’immagine buonista della mamma amorevole e accorata per mettere in evidenza anche un altro aspetto della maternità, quella ripudiata impersonata dalla figura mitologica di Medea. La Lessing, quindi, ammette a nome di tutte le donne che la maternità non è unicamente un’esperienza felice, può essere scioccante e misteriosa allo stesso tempo; inoltre, avere figli è un grande dono, ma il dare la vita non può racchiudere tutta l’esistenza di una donna. Mentre nel racconto Le nonne, arrivato anche al cinema, come altri suoi libri, col titolo Two Mothers, racconta l’indicibile, il moralmente inaccettabile, di cui la Lessing era una grande estimatrice: due donne, amiche fin dall’infanzia, si innamorano una del figlio dell’altra, portando avanti queste relazioni clandestine dapprima segretamente, in seguito più liberamente, diventando per questi giovani uomini dei miti inarrivabili, donne che non riusciranno a dimenticare.

Dopo la morte, avvenuta nel 2013, la sua libreria fu catalogata e ciò permise di sondare maggiormente gli interessi multiformi di questa letterata dissidente, che fecero da base ai romanzi che scrisse, poiché la Lessing si avventurò anche nel genere fantascientifico con la saga Canopus in Argos, per la quale attinse a grandi mani dalla filosofia del sufismo, a cui si era avvicinata già agli inizi degli anni Cinquanta. Il censimento dei suoi libri contò nella sua libreria ben 4 mila volumi, alcuni molto vecchi, arrivati con lei dallo Zimbabwe e che sono stati le sue prime letture, tra questi Sofocle, Platone, Omero, Ibsen e Stendhal. Poi regali e tomi di saggistica sugli argomenti più disparati, incluse le mummie dell’antico Egitto.

Irriducibile nelle sue convinzioni, rinunciò al titolo di Gran Dama dell’Impero Britannico affermando che quell’impero non esisteva più. Doris Lessing è stata non solo una precorritrice dei tempi moderni, ma anche un esempio di donna libera nel vero senso del termine, e che con il suo sense of humor inglese è riuscita a sdrammatizzare anche un evento che l’ha collocata tra i grandi della letteratura mondiale contemporanea: “Visto che non possono assegnare il Nobel a un morto, penso semplicemente che abbiano scelto me perché temevano morissi prima di avere un’altra occasione”.

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