Estella alias Teresa Noce, la partigiana madre costituente che visse i lager, scalò il partito e lottò per i diritti delle donne lavoratrici

by Michela Conoscitore

C’è un prima e un dopo che orbitano attorno alla data del 25 aprile. Un prima costituito dai movimenti di liberazione partigiani all’indomani dell’invasione tedesca in Italia, e un dopo che fondò la nazione repubblicana e gli diede una carta costituzionale per autoregolamentarsi ma, soprattutto, in cui credere. Il soggetto collettivo che si utilizza per unificare le forze che hanno portato al risultato significativo della liberazione dal nazifascismo, per quanto politically correct, travolge la componente femminile che alle lotte partigiane prima e all’Assemblea Costituente poi, ha contribuito a ricostruire l’Italia.

Dopo il referendum del giugno 1946 quando per la prima volta furono ammesse al voto anche le donne, si costituì la cosiddetta Commissione dei 75, i membri votati dal popolo, facenti parte dell’Assemblea Costituente, che momentaneamente rivestirono incarichi di governo per amministrare il Paese e, allo stesso tempo, elaborare la sua legge fondamentale. In questa commissione eletta dagli italiani, su 75 componenti solo cinque erano donne: le quote rosa, allora, non erano nemmeno lontanamente prese in considerazione, vigeva nonostante l’odio per la mentalità fascio-maschilista, ancora una forma mentis patriarcale ad ogni livello del vivere sociale e personale. Chi erano queste donne? Nilde Iotti, Lina Merlin, Teresa Noce, Maria Federici e Angela Gotelli, subentrata alla fine dei lavori. Cinque donne fondarono l’Italia contemporanea, non dobbiamo vederla come una sconfitta ma l’inizio di un percorso:

Dopo la loro partecipazione alle lotte contro il fascismo e alla guerra partigiana, sarebbe stato difficile continuare a negare loro il diritto di voto. Anche il grande numero di condannate dal Tribunale Speciale durante il ventennio nero, quasi tutte comuniste, aveva contribuito a dimostrare la maturità politica delle donne.”

La maturità politica delle donne, così esprime la titolarità della popolazione femminile ad esercitare la propria volontà politica una delle madri costituenti della Repubblica Italiana, Teresa Noce: forse la meno ricordata, la meno celebrata ma è stata lei a dotare le donne di oggi di molti diritti e tutele soprattutto in ambito lavorativo, conscia di aver condiviso con quelle donne lavoratrici uguale destino, stanca di soprusi e imparità.

Teresa Noce nacque a Torino nel 1900, in una famiglia molto modesta. La madre e il fratello costituirono i suoi unici orizzonti famigliari dopo l’abbandono del padre. Costretti a vivere sempre in ristrettezze economiche, la giovane Teresa non portò a termine gli studi, fermandosi alle elementari, dovendo lavorare per aiutare la famiglia. Lavorava e leggeva, Teresa, instancabilmente, istruendosi da autodidatta e impegnandosi già nelle prime lotte operaie, animata da quel fuoco di ribellione che, in futuro, la portò ai vertici del Partito Comunista in Italia.

Durante la Prima Guerra Mondiale, Teresa si ritrovò sola, la madre, dalla salute cagionevole, e il fratello, morto in battaglia, la lasciarono quasi contemporaneamente. Non si scoraggiò, non si fermò, continuò a lottare e ad andare avanti. A Torino si avvicinò ai gruppi comunisti, nel 1921 si iscrisse al partito e qui conobbe Luigi Longo, un giovane laureando in ingegneria. I due si innamorano, erano giovanissimi e Teresa aspettava già il primo figlio ma, all’epoca, al di sotto dei venticinque anni non ci si poteva sposare senza il consenso dei genitori. Quelli di Luigi furono irremovibili, Teresa fu definita da loro “brutta, povera e comunista”. Così la coppia attese, nel frattempo nacque anche il secondo figlio che morì presto di meningite, e nel 1926 poterono sposarsi. Rimasero poco in Italia perché la persecuzione fascista cominciò a colpire pesantemente gli appartenenti al PCI. Teresa e Luigi furono, dapprima, costretti alla clandestinità e poi a riparare all’estero. Russia, Francia e Svizzera, anni in cui la coppia continuò a combattere e proseguì con la propaganda antifascista. Teresa era una madre impegnata, spesso doveva lasciare i figli Luigi e Giuseppe nato in quegli anni convulsi, e combattere per le proprie idee. Così successe quando si recò con Longo in Spagna nel 1936, per supportare i rivoluzionari dopo lo scoppio della Guerra Civile. Teresa divenne Estella e cominciò a coordinare i giornali comunisti dei combattenti. Durante la Seconda Guerra Mondiale la sua lotta divenne sempre più tenace e infuocata, partecipò alla Resistenza francese, nazione dove viveva, per lungo tempo fu imprigionata nei lager tedeschi fino all’arrivo delle truppe sovietiche che la raggiunsero nel campo di Holleischen, in Cecoslovacchia.

Dopo la fine della guerra tornò in Italia e il 2 giugno 1946 fu eletta nell’Assemblea Costituente insieme ad altre ventuno donne, e partecipò attivamente ai lavori della Commissione per la Costituzione. Fu eletta segretaria nazionale della FIOT, il sindacato delle operaie tessili e dal 1948, per due legislature, fu parlamentare. Questi furono anni significativi di lotta politica e sociale per le donne che Noce portò avanti insieme a Maria Federici.

Questa legge dovevamo elaborarla noi, donne comuniste elette per la prima volta in parlamento nel 1948. Anche se non avevamo nessuna esperienza legislativa avremmo imparato, studiato, chiesto aiuto. Avremmo certo incontrato molte difficoltà, e saremmo state costrette a superare molti ostacoli, ma la lotta delle masse nel paese ci avrebbe dato l’aiuto necessario. L’elaborazione del nostro progetto di legge non risultò facile. Ma tutti collaborarono, offrendoci un valido aiuto, anche se dovemmo affrontare discussioni accanite che qualche volta degenerarono in veri e propri litigi. Organizzammo piccole riunioni e grandi comizi, assemblee di operaie nelle fabbriche, commissioni di esperti cioè sindacalisti, medici, giuristi e ci incontrammo ripetutamente soprattutto con i compagni della FIOT.

Teresa Noce, Rivoluzionaria professionale

La legge 860 del 1950, Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri, la prima che in Italia proteggeva le donne durante la gravidanza, è stato un caposaldo della normativa italiana fino agli anni Settanta quando fu sostituita da altre norme adeguate ai tempi. No ai licenziamenti durante il periodo di gestazione, divieto di assegnare lavori faticosi alla lavoratrice gestante, assistenza ostetrica completamente gratuita, istituzione delle camere di allattamento e di asili nido nelle fabbriche, queste sono solo alcune delle conquiste che Teresa Noce ottenne per le donne italiane vittime, fino ad allora, di politiche del lavoro sconsiderate e discriminatorie che le colpivano principalmente durante il periodo della gravidanza.

Tutte noi dobbiamo molto a Teresa Noce e non lo sappiamo. Una precorritrice delle lotte per la parità di genere nell’Italia repubblicana, che hanno supportato e supportano ancora oggi gran parte della popolazione femminile. Tuttavia, Teresa era figlia dei suoi tempi, malgrado l’avveniristica presa di coscienza che instillò in moltissime, fu vittima del cieco sistema patriarcale proprio in seno al Partito Comunista, uno dei suoi ‘figli’ prediletti che la tradì per difendere un uomo. Il marito, Luigi Longo, diventato nel frattempo uno dei dirigenti del PC, la trascinò in uno scandalo sulle colonne del Corriere della Sera con la notizia che aveva fatto annullare il matrimonio a San Marino. Non era ancora stata approvata la legge sul divorzio, e se non ci si rivolgeva alla Sacra Rota l’unica soluzione per annullare un’unione religiosa era quella di farla trascrivere all’estero. Teresa venne a saperlo leggendo il giornale. Conosceva la natura incostante e volubile del marito ma questo tiro mancino la colse improvvisamente, spiazzandola. Nel 1953 Longo falsificò la firma di Teresa e ottenne l’annullamento per sposare l’ultima delle sue amanti. E il Partito Comunista cosa fece? Protesse lui e allontanò Teresa, rea di aver denunciato il comportamento scorretto dell’ex coniuge pubblicamente. Da allora e fino al 1980, anno della sua morte, Noce si ritirò a vita privata, scrivendo e viaggiando. Subì una grande ingiustizia, e per quella dobbiamo continuare a lottare oggi anche per lei, come ringraziamento per aver dato corpo e voce alle donne italiane fin dagli albori della Repubblica.

Solo è soltanto chi vuol esserlo, chi non comunica con gli altri, chi vive esclusivamente per sé. Ma chi si interessa di tutto e di tutti, chi si sente partecipe degli avvenimenti e delle lotte non si sente solo e non lo è. Non è mai in pensione perché nel mondo c’è sempre molto da fare.

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