Il 5 agosto del 1962 si spegneva una delle icone più controverse del XX secolo, Marilyn Monroe, al secolo Norma Jane Baker. Sono trascorsi quasi 60 anni da allora, eppure il suo mito non è mai tramontato e oggi ci chiediamo: e se non fosse mai morta?
Con FaceApp, l’applicazione che impazza in questa estate 2019, ho provato ad invecchiare il volto di Marilyn ed il risultato è stupefacente: il suo viso sembra rimanere pressoché identico a quello impresso nelle nostre menti e pare quasi che FaceApp l’abbia solo pudicamente sfiorata. La sensazione è che anche la tecnologia abbia avuto timore di intaccare una bellezza destinata ad essere meravigliosamente eterna.
Ma è in quello sguardo color del cielo ed in quegli occhi lasciati sempre un po’ socchiusi, quasi come se avessero paura di aprirsi troppo perché già tante volte feriti dalla vita, che si concentra l’attenzione di chi la osserva. Lei, la donna più amata del dopoguerra, così apparentemente forte ed invece così incredibilmente fragile; lei, con le zampe di gallina ai lati degli occhi ed i piccoli solchi intorno alle labbra, magari nonna, dopo aver realizzato il desiderio mai sopito di diventare madre; lei, che anche da anziana sorride guardando un obiettivo, perché è riuscita a sconfiggere i mostri che aveva dentro. Invece i segni sul suo volto sono stati impressi da un tempo che Marilyn Monroe non ha mai vissuto ed appaiono nella loro triste realtà: pura finzione, come in fondo lo è stata tutta la sua vita.
Nonostante milioni di fans, era, di fatto, una donna sola e triste: ammirata per il suo fascino, ma, al tempo stesso, irrisa da molti per la sua fragilità nervosa ed emotiva e per il suo essere una donna-oggetto, utile da esibire per far soldi e considerata alla stregua di un passatempo.
Ecco, non c’è icona che possa incarnare meglio le nostre esistenze, vissute sempre con l’incredibile voglia di apparire e di mostrare, magari anche ciò che non siamo e che semplicemente vorremmo essere, mentre il nostro mondo interiore, fatto di paure, di frasi non dette e di sentimenti contrastanti, vive in continuo silenzioso conflitto, finché poi improvvisamente implode.
Il lato amaro della vita di Marilyn Monroe emerge e rivive nella raccolta di poesie scritte dall’attrice tra il 1943, quando era ancora una ragazzina, fino al 1962. Marilyn annotava pensieri e attimi di vita su qualsiasi cosa avesse a tiro, fogli sparsi, quaderni, retro di fatture e bollette, in quel modo caotico, ma assolutamente artistico, che la rispecchiava.
Il fatto di essere vista da tutti solo come un sex symbol la faceva sentire chiusa in una gabbia e nei suoi Frammenti, titolo dell’opera, non il personaggio Marilyn, ma la donna Norma, scriveva così:
Quel che ho dentro
nessuno lo vede.
Ho pensieri bellissimi
che pesano
come una lapide.
Vi prego:
fatemi parlare!
FaceApp è un gioco ed oggi ho voluto un po’ giocare con una delle donne più belle del secolo scorso, che ha attraversato il mondo come una meteora e proprio come una meteora si è bruciata lasciando dietro di sé una luminosa scia.
Marilyn Monroe oggi riposa a Westwood, al 1218 del Wilshire Boulevard, in un piccolo cimitero in cui, quel 5 agosto di cinquantasette anni fa, la diva più acclamata e desiderata al mondo riuscì a ricongiungersi con la dimensione più umana della vita: la morte.
Chissà, forse se non fosse morta così giovane e in maniera così tragica, ovvero a soli trentasei anni per un’overdose di barbiturici, non sarebbe diventata il mito che tutti ricordiamo e non sarebbe altri che una stupenda signora avanti con gli anni, proprio come l’immagine creata da FaceApp, con quegli occhi sempre un po’ socchiusi ed un sorriso che nella sua infinita tristezza ha illuminato di bellezza questo pazzo, pazzo mondo.