Isabel Allende, la scrittrice dal dono magico che sa cogliere l’essenza della vita

by Michela Conoscitore

Sono nata tra le nuvole di fumo e la carneficina della Seconda guerra mondiale e ho trascorso la maggior parte della mia giovinezza in attesa che qualcuno, premendo distrattamente un bottone, facesse esplodere le bombe atomiche e saltare in aria il pianeta. Nessuno sperava di vivere a lungo; andavamo di fretta, divorando ogni istante prima che ci sorprendesse l’apocalisse, perciò non c’era tempo di stare a guardarsi l’ombelico e prendere appunti, come si usa adesso. E per di più sono cresciuta a Santiago del Cile, dove qualunque naturale inclinazione autocontemplativa viene stroncata sul nascere.

Il mio paese inventato

La prima volta che si inizia a sfogliare La casa degli spiriti non si sa bene, come per tutti i libri d’altronde, a cosa si sta andando incontro. Ogni libro è un viaggio, e ogni viaggio possiede una propria distintiva caratteristica. Però ci sono romanzi che non mirano solo a quello, perché dal nulla spazzano il reale e creano, così di punto in bianco, nuovi mondi con sembianze e significati totalmente estranei eppure più convincenti di quelli che conosciamo già. La capacità di un autore risiede lì, nel saper sbalzare il reale dalla mente del lettore, e rinnovarlo totalmente nella fantasia, raccontandogli da capo il mondo ma attraverso i propri occhi.

Una capacità che la scrittrice cilena Isabel Allende possiede come dono innato e istintivo, allenata fin da piccola a coltivare il lato magico dell’esistenza e a cogliere, nei più impercettibili particolari, quel che sfugge agli altri che è poi l’essenza della vita.

Isabel Allende nacque a Santiago del Cile, nel 1942; il matrimonio dei genitori terminò presto, il padre uscì totalmente dalla vita della figlia con cui avrà pochi contatti. La madre con Isabel e gli altri due figli ritornò a casa del padre Augustin, rimasto vedovo molto presto della moglie Isabel. La grande casa e i nonni sono stati, poi, trasfigurati proprio nel romanzo più famoso della scrittrice sudamericana perché come la protagonista Clara anche nonna Isabel possedeva, almeno così ritenevano i membri della famiglia, poteri paranormali. E come Esteban e Clara, anche i nonni, nonostante le difficoltà, erano legati da un sentimento molto forte che trascese la morte prematura di Isabel.

Il Cile è sicuramente uno dei grandi protagonisti nella vita di Isabel, è il paese che l’ha cullata con le sue leggende: tra le strade di Santiago e durante i viaggi nell’entroterra compiuti con l’adorato nonno Augustin, la scrittrice ha visto slegarsi davanti ai suoi occhi, come un’ombra, il passato di quella terra straordinaria quando gli indigeni mapuche, meno nobili di inca e aztechi ma molto protervi, difesero i loro possedimenti dall’invasione spagnola. Quel che Isabel percepì e ricevette come dono dalla terra cilena andò a far parte di lei, la formò come persona, su di lei il Cile impresse un marchio indelebile che porterà la scrittrice, in futuro, a raccontarlo nelle sue infinite declinazioni di paese al confine tra reale e immaginario.

Oltre al nonno, fu grazie a Salvador Allende, cugino del padre Tomàs, futuro presidente del Cile, se ad Isabel e ai fratelli non mancò nulla e la madre non ebbe mai problemi economici. L’assassinio del presidente Allende e il relativo colpo di stato, nel 1973, sovvertirono la vita della scrittrice che dopo un periodo trascorso all’estero, tra Bolivia, Libano ed Europa, al seguito del nuovo compagno della madre, Ramon, un diplomatico, che fu un vero padre per lei, era tornata nel suo paese e si era sposata con Michael Frias, il suo primo marito da cui ha avuto i due figli, tra cui Paula. Prima del golpe, nel periodo relativamente calmo e pacifico con Salvador Allende al comando del Cile, Isabel aveva intrapreso la carriera di giornalista:

Devo ammettere che non ho scelto il giornalismo, ma ero distratta e lui mi ha catturata, è stato amore a prima vista, una passione che ha determinato buona parte della mia esistenza. (…) A quei tempi era ancora un lavoro che si imparava sul campo (…) e faccio presente che in Cile la maggior parte dei giornalisti sono donne, più preparate, conosciute e coraggiose dei colleghi maschi. (…) il nonno accolse la notizia con indignazione; secondo lui quello del giornalista era un mestiere da buffone”.

Il mio paese inventato

Dopo il golpe del generale Pinochet, tutti gli appartenenti alla famiglia Allende, per la propria incolumità, abbandonarono il paese. Isabel si rifugiò col marito e i figli in Venezuela, a Caracas, dove la scrittrice soffrì molto la lontananza, soprattutto in un momento così critico per il suo Cile. Subì dolorosamente anche la mancanza del nonno, e quando la raggiunse la notizia che era in fin di vita, decise di scrivergli una lettera, dove gli raccontò, rielaborandola, la storia della loro famiglia. Quella lettera si trasformò ne La casa degli spiriti:

Barrabás arrivò in famiglia per via mare, annotò la piccola Clara con la sua delicata calligrafia. Già allora aveva l’abitudine di scrivere le cose importanti e piú tardi, quando rimase muta, scriveva anche le banalità, senza sospettare che, cinquant’anni dopo, i suoi quaderni mi sarebbero serviti per riscattare la memoria del passato, e per sopravvivere al mio stesso terrore. Il giorno in cui arrivò Barrabás era Giovedí Santo. Stava in una gabbia lercia, coperto dei suoi stessi escrementi e della sua stessa orina, con uno sguardo smarrito di prigioniero miserabile e indifeso, ma già si intuiva – dal portamento regale della sua testa e dalla dimensione del suo scheletro – il gigante leggendario che sarebbe diventato. Era quello un giorno noioso e autunnale, che in nulla faceva presagire gli eventi che la bimba scrisse perché fossero ricordati e che accaddero durante la messa delle dodici, nella parrocchia di San Sebastián, alla quale assistette con tutta la famiglia.

La casa degli spiriti

Uno degli incipit più famosi della letteratura contemporanea: con 67 milioni di copie vendute nel mondo e tradotto in quaranta lingue, il romanzo la consacrò come una delle scrittrici sudamericane più lette. Il realismo magico è il fil rouge che riconduce, almeno in parte, il romanzo al suo principale ispiratore per quanto riguarda lo stile, Gabriel Garcia Marquez e il suo Cent’anni di solitudine. Da quel momento, Isabel iniziò a scrivere sempre l’8 gennaio, come accadde per La case degli spiriti, e la scrittura le servì non solo per raccontare sé stessa e il suo paese, nel romanzo D’amore e ombra per esempio denuncia il clima disperato e violento della dittatura, come aveva già fatto nel suo primo successo, ma anche per metabolizzare il dolore più grande della sua vita, la perdita della figlia Paula, nel 1992. A lei ha dedicato due opere, per poi ritornare alla vita nel 1998 con un’altra saga famigliare, quella che vede protagonista Eliza Sommers nei due libri La figlia della fortuna e Ritratto in seppia. Da sempre appassionata di storia, nel 2006 pubblica Ines dell’anima mia, il romanzo storico sulla vita dell’eroina Ines Suarez e la conquista del Cile da parte degli spagnoli, capeggiati da Pedro de Valdivia:

Questa Conquista ha causato immense sofferenze… Nessuno può perdonare tanta crudeltà, e men che meno i mapuche, che non dimenticano mai le offese, come neppure i favori ricevuti. Mi tormentavano i ricordi, ero come posseduta dal demonio. Sai già, Isabel, che fatta eccezione per qualche sussulto del cuore, sono sempre stata sana, con il favore di Dio, e quindi non ho altre spiegazioni per la malattia che mi afflisse in quei giorni. Mentre Pedro sopportava la sua orrenda fine, da lontano la mia anima lo accompagnava e piangeva per lui e per tutte le vittime di questi anni. Rimasi prostrata da un vomito così intenso e da febbri talmente alte che temettero per la mia vita. Nel mio delirio sentivo con chiarezza le grida di Pedro de Valdivia e la sua voce che prendeva commiato da me per l’ultima volta: Addio, Ines dell’anima mia…

Ines dell’anima mia

Tra gli episodi meno conosciuti sull’invasione dei conquistadores in America Latina, Isabel Allende ha saputo raccontare con la sua formidabile capacità narrativa non soltanto la tragedia di un popolo, quello indigeno dei mapuche che videro sottrarsi il loro mondo da dei sconosciuti, ma anche intrecciare alla Storia le storie altrettanto significative e determinanti che influirono sulla nascita del Cile come nazione.

Profondamente femminista, fieramente un passo indietro rispetto agli individui cosiddetti ‘normali’ preferendo a ciò sempre le distorsioni magiche della sua mente, oggi Isabel Allende alla soglia degli ottant’anni prosegue la sua carriera di scrittrice, non è per nulla intenzionata ad abbandonare questa sua abitudine di scrivere del mondo da altri, inesauribili, punti di vista, continua ad esplorare altri generi letterari, ad affascinare sempre più pubblico e attirarlo alla lettura, particolare attenzione l’ha dedicata ai ragazzi negli ultimi anni, e si è innamorata ancora, con l’inesauribile energia e ironia che la contraddistinguono da sempre.

Adesso, che ho superato già tanti dolori e posso leggere il mio destino come una mappa piena di errori, quando non sento nessuna compassione di me stessa e posso passare in rassegna la mia esistenza senza sentimentalismi, perché ho trovato una relativa pace, lamento soltanto la perdita dell’innocenza. Mi manca l’idealismo della gioventù, del tempo in cui esisteva ancora per me una chiara linea divisoria tra il bene e il male e credevo che fosse possibile agire sempre in accordo con princìpi inamovibili.

Il piano infinito

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.