Juana la loca, in eterno amore e lotta di potere con Filippo il Bello

by Marilea Poppa

Ribelle, coraggiosa, fragile. Giovanna I di Castiglia, passata alla storia con l’epiteto di “Giovanna la Pazza” per la presunta malattia mentale che l’accompagnò lungo il corso di un’esistenza complicata, rappresenta il prototipo stravolto di regina. Ritenuta lucida e saggia da alcuni, priva di polso e di senno da altri, ha sollevato interrogativi rimasti tuttavia irrisolti che hanno contributo a rendere gli enigmi legati alla sua figura sempre più misteriosi. Uno di questi è la tormentata storia d’amore con il principe Filippo I d’Asburgo.

Figlia dei “Re Cattolici”, Isabella di Castiglia e Fernando D’Aragona, Giovanna crebbe tra i rintocchi delle campane che scandivano l’inizio degli atroci rituali del Tribunale dell’Inquisizione e l’ambiente apparentemente protetto della corte in cui era stata finemente istruita.

Da manuale, come presunta futura sposa di un “potente”, era necessario che coltivasse sin da bambina i valori fondamentali per esercitare il ruolo di consorte o regina, proprio come sua madre Isabella, donna autorevole e battagliera, di cui Giovanna non tollerava l’austerità e ne temeva la straripante forza interiore.

Era il 1492, annus mirabilis, e il sogno della “Reconquista” era a un passo dal suo pieno compimento, unito a quel processo di “pulizia etnica” condotto sulla scorta di una cristianità esasperata. Nell’intricato quadro delle potenze europee la Spagna voleva assicurarsi il dominio isolando la Francia, acerrima nemica. In che modo? Consegnando le figlie della coppia reale in spose ai sovrani d’Europa per fare terra bruciata attorno al monarca francese; una scelta che avrebbe segnato per sempre la vita di Giovanna.

Era a lei che spettava, secondo le strategie politiche, Filippo di Borgogna, figlio di Massimiliano d’Asburgo, detto “il Bello” per l’affascinante e raffinato aspetto. La notizia era stata accolta con gioia e le premesse facevano ben sperare: si vociferava addirittura che sul volto della futura regina infelice fosse spuntato un sorriso.

Filippo le aveva giurato di attenderla con ansia e le aveva regalato, in vista delle nozze, le perle preziose appartenute alla madre deceduta, la duchessa Maria di Borgogna. La coppia era entrata con leggiadria ed eleganza nella chiesa di Saint-Gommaire, poco prima che la loro unione venisse consacrata sotto gli sguardi di una folla in estasi.

Philippe et Jeanne sarebbero rimasti uniti, nel bene e nel male, fin oltre la morte.  Nella nuova corte il lusso e i festeggiamenti smodati avevano stravolto la routine della sposa del giovane principe dai lunghi capelli biondi, abituata ad uno stile di vita decisamente più ortodosso.

Sembrava radiosa e forse, per la prima volta, si sentiva amata. Ma quella felicità sarebbe durata poco: amante delle donne e della vita mondana, Filippo si concedeva lunghe assenze, preferendo dilettarsi in battute di caccia e lasciando la sua “amatissima sposa” in compagnia del personale da lei scelto. Personale spagnolo e moresco che il sovrano avrebbe prontamente scelto di sostituire per sottrarre la regina all’influenza del paese d’origine.

Lontana dalla Spagna, disillusa e vessata dall’uomo che amava, era accecata da un sentimento di gelosia ossessivo nei confronti del “Bello”. Il suo umore era diventato oscillante e Filippo dichiarava di ritrovarla spesso distesa sul pavimento, denudata dai ricchi abiti borgognoni e in preda a crisi isteriche inquietanti.

I primi segni di quella pazzia che sarebbe stata utilizzata come tattica politica in mano agli uomini che la circondavano per accaparrarsi il potere.  Le cronache riportavano episodi di violenza psicologica e fisica, dal momento che il principe era solito mortificare la moglie in pubblico riempendola di insulti, picchiandola, privandola della presenza dei figli e segregandola di forza.

Alla reclusione Giovanna rispondeva battendo i pugni, lanciando grida disperate e implorando il marito di liberarla. Paradossalmente, nel momento in cui per Filippo la morte era vicina, Giovanna dimenticò il rancore e l’odio, dedicandogli premurose cure. Non bastarono, però, le disperate preghiere recitate in silenzio a compiere un miracolo: Filippo di Borgogna e d’Asburgo, primo re di Spagna di stirpe straniera, spirò a Burgos accanto alla donna che, nonostante la sua instabilità e fragilità, era stata capace di dimenticare e di perdonare i soprusi subiti.

“Si era sdraiata accanto al Bello, soffiando nelle sue labbra gelide ancora convinta di potergli dare vita”. Il feretro non sarebbe mai stato seppellito, anzi avrebbe viaggiato e accompagnato Giovanna di luogo in luogo, fino alla sua morte. 

Fonti: Edgarda Ferri-“Giovanna la Pazza”

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