La doppia vita di Isadora Duncan fra le luci della ribalta della danza e il buio delle tragedie personali

by Germana Zappatore

“Je vais à l’amour”, “vado a innamorarmi” aveva detto appena salita a bordo della Bugatti guidata dal pilota Benoît Falchetto a Nizza. Ma Isadora Duncan non ebbe il tempo di collezionare un nuovo amore: la sua lunga sciarpa si impigliò in una ruota posteriore dell’auto e la danzatrice morì strangolata davanti agli occhi degli amici.

Aveva solo 50 anni e alle spalle un glorioso passato artistico. Ma di quest’ultimo, quel fatidico 14 settembre del 1927, non era rimasto più nulla: da tempo la Duncan veniva rimproverata di essere troppo troppo grassa per danzare, e poi era sommersa da debiti e aveva anche iniziato a bere.

Il bel mondo, dunque, cominciava a dimenticarla e lei aveva bisogno di tornare a far parlare di sé con qualcosa di plateale come un nuovo amore più giovane. Ma il destino scelse per lei un’uscita di scena poco romantica e gloriosa, quasi a volersi beffare un’ultima volta di questa donna che a dispetto della carriera, aveva vissuto una vita privata segnata da grandi dolori.

Il primo fu l’abbandono da parte del padre nel 1880 quando aveva solo tre anni. Poi nel 1913, la perdita peggiore per una madre: i due figli Deirdre (7 anni) e Patrick (3 anni) annegarono nella Senna insieme alla bambinaia.

Nonostante ciò, divenne Isadora Duncan la fondatrice della danza moderna. Per lei i ballerini del suo tempo erano “burattini articolati” che riproducevano “un movimento meccanico artificiale non degno dell’anima”.

Per lei la danza classica era quella degli antichi Greci, quella basata sul ritmo della natura e sul contatto con essa, quella in cui il corpo era libero di seguire il flusso e i moti dell’animo. Per questo decise di abolire tutte quelle che reputava “costrizioni” che rendevano la danza innaturale, ovvero le scarpette da punta, i tutù e gli chignon.

La Duncan, a cavallo dell’Ottocento e Novecento, nei teatri si esibisce scalza, coperta di tuniche leggere che sembrano veli adagiati sul suo sinuoso corpo e con i capelli sciolti. Nell’immaginario collettivo diventa Dea, Baccante e Ninfa i cui movimenti del corpo sono “danze libere”, “interpretazioni emotive”, “espressione divina dello Spirito umano”. Ecco cosa scrisse nelle “Lettere alla danza”:

Per me la danza non è soltanto arte che esprime l’anima umana attraverso il movimento, ma è anche il fondamento di una concezione totale della vita, di una vita più libera, più armoniosa, più naturale. Quelle posizioni sgraziate e innaturali non esprimono assolutamente lo stato di abbandono dionisiaco, che ogni danzatore dovrebbe conoscere… inoltre i movimenti genuini non sono inventati, ma riscoperti… il principio unico e fondamentale sul quale ho buona ragione di basarmi è l’ unità ritmica presente in tutte le manifestazioni della Natura… e sempre inserisco nei miei movimenti un po’ della continuità divina che dà a tutta la Natura la sua bellezza e la sua vita… per me la danza ha come meta l’espressione dei sentimenti più alti, profondi dell’anima umana, quei sentimenti che nascono dagli dei che vivono in noi, da Apollo, Pan, Bacco, Afrodite… la danza deve infondere in noi un’ armonia ardente e palpitante”.

E’ rottura con la danza accademica e ciò piace sia al pubblico che la acclama in tutta Europa che agli addetti ai lavori: Sergei Diaghilev (il fondatore della compagnia dei Balletti Russi) la vide danzare a San Pietroburgo nel 1905 e ne rimase talmente impressionato da subirne l’influenza, mentre Lenin la invitò ad aprire una scuola a Mosca (ne aveva già aperte due in Germania e una a Parigi che era stata costretta a chiudere per lo scoppio della Prima Guerra Mondiale).

Ma se la carriera andava a gonfie vele, la vita privata andava avanti non senza scossoni.

Educata fin da piccola ad essere libera ed indipendente, Isadora ebbe diversi amanti. I più in vista furono l’attore e regista Edward Gordon Craig (dal quale ebbe la figlia Deirdre Beatrice Craig), l’industriale Paris Eugene Singer figlio del fondatore dell’omonima fabbrica di macchine da cucire (e da cui ebbe Patrick Augustus Singer) e il poeta Sergej Esenin di diciotto anni più giovane di lei.

Con quest’ultimo si sposò nel 1922, ma il burrascoso matrimonio durò solo un anno perché lui era una testa calda e la luce di Isadora si stava spegnendo: la morte per annegamento dei due figli l’aveva profondamente scossa portandola a bere e a condurre una vita sregolata, e la critica la stava punendo prendendosi gioco di lei, dei suoi capelli tinti e di quei chili in più.

Quasi sempre ubriaca e con seri problemi economici, trascorse gli ultimi due anni della sua vita tra Parigi e Nizza dove morì a 50 anni per colpa della sciarpa. Una fine che non si addice alla fondatrice della danza moderna.

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